Napoli, "Il paese è nostro e il lavoro è nostro", le minacce all’imprenditore della bonifica Kuwait
Il decreto di fermo della Dda di Salvatore Abbate detto totore a' cachera , contiguo al clan De Micco , grazie alla denuncia di un coraggioso imprenditore
Napoli – "Come ti sei permesso di parlare male di me? Tu vieni da Sarno e vuoi lavorare nella Kuwait, ma noi siamo di Ponticelli. Il paese è nostro e il lavoro è nostro. Sono vent’anni che io sono nello stabilimento e a te qua non ti vogliamo, lascia tutto e vattene".
Con queste parole, pronunciate in tono minaccioso, il 57enne imprenditore Salvatore Abbate, detto Totore ’a Cachera, avrebbe cercato di intimidire il titolare di una ditta impegnata nella bonifica dell’ex area industriale Kuwait, alla periferia orientale di Napoli.
A pronunciarle non sarebbe stato un concorrente qualunque, ma – secondo gli inquirenti – un uomo contiguo al clan De Micco di Ponticelli, già coinvolto in una inchiesta del 2021 sulla Sma Campania che portò, tra gli altri, anche all’arresto di un ex funzionario di polizia del commissariato di zona.
Abbate tra l'altro è stato fermato alla vigilia di un viaggio all'estero con la famiglia, forse aveva "annusato" qualcosa e aveva deciso di cambiare aria. Ma non ha fatto in tempo.
L’imprenditore coraggioso e la denuncia che fa scattare le indagini
Il destinatario delle minacce, Aniello Buonaiuto, amministratore della società Vera Ecologia Srl, non si è piegato. Ha denunciato tutto alla polizia, dando impulso a un’indagine che, dopo mesi di accertamenti, ha portato ieri al fermo di Abbate, convalidato dal gip Carla Bianco.
Le indagini della Procura di Napoli, coordinate dal procuratore Nicola Gratteri, hanno ricostruito un quadro complesso di pressioni e tentativi di condizionamento camorristico su un appalto milionario: la bonifica dell’area ex Kuwait, un affare da circa 150 milioni di euro.
L’origine della segnalazione e i sospetti sulla rete di interessi
Tutto ha inizio il 4 aprile 2024, quando l’allora direttore generale dell’Asl Napoli 1 Centro, Ciro Verdoliva, riceve una segnalazione formale.
Buonaiuto, infatti, aveva riferito "alcune criticità riscontrate da parte di ispettori e funzionari dell’Ufficio di Medicina del lavoro del distretto di Ponticelli".
La sua azienda era pronta a partecipare – nell’ambito di un’associazione temporanea d’imprese – alle operazioni di bonifica della Kuwait, per conto della Greenthesis Spa, capofila dell’appalto. A Vera Ecologia spettava la fase più delicata: la rimozione e messa in sicurezza dell’amianto dai suoli ancora contaminati.
Ma per l’imprenditore sarnese quel progetto si trasforma presto in un calvario fatto di intimidazioni, pressioni e blocchi burocratici.
Il racconto del terrore: "Ti devi levare di mezzo"
Secondo la denuncia presentata da Buonaiuto il 30 aprile 2025, la vicenda prende una piega drammatica nel marzo dell’anno precedente.
"Il 31 gennaio 2024 – ha dichiarato ai pm – avevamo formalizzato un contratto di subappalto per la raccolta e l’insaccamento di 16mila tonnellate di materiale contenente amianto, a 45 euro a tonnellata".
Mentre i cantieri restavano inspiegabilmente fermi, una seconda ditta, riconducibile ad Abbate tramite un presunto prestanome, otteneva in tempi record l’approvazione del piano di lavoro.
Il 28 marzo 2024, durante un incontro negli uffici dell’Asl di via Pietro Ammendola, l’imprenditore viene invitato da un ispettore a entrare in una stanza adiacente. Lì, ad attenderlo, c’è proprio Abbate.
Il tono è subito intimidatorio: "Tu non devi lavorare qui, vattene. Ho fatto dieci anni di carcere e non mi preoccupo di gente come te".
L’estorsione: l’“offerta” per ritirarsi dall’appalto
L’ultimo atto della tentata estorsione si consuma il 24 gennaio scorso.
Abbate contatta Buonaiuto via WhatsApp e lo incontra in un bar di via Vespucci, nel centro di Napoli. Questa volta i modi sembrano più concilianti, ma la sostanza non cambia.
"Mi ha invitato a non firmare il contratto definitivo con Greenthesis – ha raccontato Buonaiuto – aggiungendo che, se mi fossi ritirato, avrebbe potuto aumentare la sua offerta, portandola a 47 euro a tonnellata".
L’imprenditore rifiuta, decidendo di andare avanti nonostante le minacce. Poco dopo, però, arrivano controlli dell’Asl che rilevano presunte irregolarità in materia di sicurezza, provocando la sospensione del cantiere.
Abbate fermato prima di partire per l'estero
Quando gli investigatori lo rintracciano, Abbate sta per partire per un viaggio all’estero con la famiglia.Il 57enne viene fermato e condotto in carcere, accusato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Il gip Carla Bianco ha convalidato il provvedimento, ritenendo fondati gli elementi raccolti dalla Direzione Distrettuale Antimafia.
L’inchiesta, che continua a svilupparsi, punta ora a chiarire i legami tra le pressioni subite da Buonaiuto e l’ambiente criminale dei De Micco, storicamente radicati tra Ponticelli e l’area orientale di Napoli.
Un affare milionario sotto scacco
La bonifica dell’ex sito Kuwait rappresenta uno dei cantieri ambientali più grandi e delicati del Sud Italia. Un progetto da 150 milioni di euro che – secondo gli inquirenti – avrebbe attirato interessi economici e criminali disposti a tutto pur di accaparrarsi le commesse.
La denuncia di Buonaiuto segna un punto di svolta: per la prima volta, un imprenditore del settore decide di esporsi, contribuendo a rompere il silenzio su un sistema di pressioni e connivenze che da anni ostacola la riqualificazione dell’area industriale.
RIPRODUZIONE RISERVATAArticolo pubblicato il 25 Ottobre 2025 - 07:52 - Rosaria Federico
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