Magistrati e separazione delle carriere: le proposte delle camere penali del diritto europeo

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A pochi giorni di distanza dalla proposta di stabilire il saldo da parte dello stato delle spese legali sostenute dagli imputati assolti in giudizio arriva una nuova provocazione dalle Camere Penali del Diritto Europeo ed Internazionale rappresentate dall’ avvocato Alexandro Maria Tirelli. Questa volta le Camere Penali affrontano l’annoso tema della separazione delle carriere nell’ambito della magistratura.

“Oggi infatti la magistratura rappresenta un “unicum” in cui un soggetto che per anni ha svolto il ruolo di Pubblico Ministero può, da un giorno all’altro, ricoprire la veste di organo giudicante senza alcun limite – si legge nel documento diffuso dalle Camere penali del diritto Europeo e internazionale -. Questo, oltre ad incidere inevitabilmente sull’imparzialità del giudicante, rappresenta un grave vulnus per il diritto di difesa dell’imputato, diritto costituzionalmente garantito. In un processo di parti come dovrebbe essere il nostro, soprattutto a seguito dell’introduzione nell’ordinamento a livello costituzionale dei principi del giusto processo (art. 111 cost.), accusa e difesa dovrebbero essere poste al medesimo livello rappresentando il Pubblico Ministero una sorta di “avvocato difensore dello Stato”. Invece, per come è strutturato oggi il sistema, un soggetto che ipoteticamente sino al giorno prima ha ricoperto il ruolo di Pubblico Ministero, potrebbe trovarsi a dover giudicare una vicenda nella quale l’accusa è rappresentata da un suo “collega”; chi pratica abitualmente le aule di giustizia assiste quotidianamente a fenomeni di imparzialità legati a questa struttura in cui l’avvocato viene spesso considerato “l’ultima ruota del carro””.

La proposta delle Camere Penali mira a risolvere proprio questo problema: “Sulla falsariga del sistema americano dove l’accusa è rappresentata da normali avvocati assunti come dipendenti nell’ufficio del procuratore, con stipendi di importi simili agli onorari percepiti dagli avvocati, si suggerisce non solo la improcrastinabile separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante ma si invita caldamente il legislatore ad una riforma a livello costituzionale atta a stabilire una serie di presupposti in base ai quali un soggetto può assumere un ruolo così delicato”.

    Nello specifico le Camere Penali ritengono che “un magistrato che svolge il ruolo di Pubblico Ministero, proprio in quanto parte contrapposta ma pari al difensore dell’imputato, debba avere ottenuto il titolo di avvocato ed effettuato un periodo di esperienza presso uno studio legale di almeno cinque anni. Si invita  altresì il legislatore ad esigere che tutti i magistrati debbano essere avulsi da qualsiasi contesto politico e sindacale escludendo dai soggetti ammessi all’esame quelli che hanno ricoperto ruoli all’interno di partiti politici o di organizzazioni sindacali anche a livello amministrativo locale”.

    Infine, l’aspetto della proposta che sicuramente susciterà maggiori reazioni da parte della magistratura: “Stante il ruolo istituzionale così delicato assunto dal magistrato (sia inquirente che giudicante) quale essere umano capace di incidere irrimediabilmente sulla vita di altre persone, si ritiene doverosa la sottoposizione dello stesso a dei test psico-attitudinali come già accade nell’ambito di altre professioni (come ad esempio in ambito militare). Si pensi, ad esempio, ad un soggetto con un passato di violenze e maltrattamenti che deve giudicare una violenza sessuale, questo magistrato in quanto essere umano sicuramente potrebbe essere soggetto a dei condizionamenti, anche inconsci, nell’affrontare questo tema con ovvie conseguenze in tema di imparzialità.

    Proprio per  questi motivi si richiede che il magistrato debba avere quid pluris rispetto agli altri professionisti che calcano le aule di giustizia stante l’enorme potere di influenzare la vita e la libertà di ogni essere umano, questo richiede pertanto che il soggetto chiamato a coprire questo delicato ruolo debba superare un vaglio di “serenità” ed “equilibrio” che gli permessa di portare avanti la propria mansione con assoluta imparzialità”.

    Solo assolvendo a tutti i presupposti sovra elencati potremmo finalmente godere di un giusto processo effettivo così come prescritto dalla Costituzione Italiana  in cui accusa e difesa sono davvero rappresentate da due soggetti speculari e contrapposti e dove l’organo giudicante è un soggetto imparziale capace di astrarsi dalla vicenda concreta in assenza di qualsiasi condizionamento, anche di natura inconscia, questa è la principale aspirazione delle Camere Penali del Diritto Europeo ed internazionale.



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