Napoli, laurea professionalizzante in meccatronica

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Un corso di laurea di tre anni, a numero chiuso, che dara’ a 50 studenti le competenze teoriche e pratiche per rispondere alle richieste dei nuovi mercati. Con questo obiettivo nasce il corso di laurea professionalizzante in Ingegneria meccatronica dell’universita’ Federico II di Napoli. Un percorso unico nel suo genere, che si avvarra’ delle collaborazioni con l’Unione industriali di Napoli e dell’Ordine degli Ingegneri della provincia partenopea, oltre al gemellaggio con l’ateneo di Bologna. La laurea professionalizzante, gia’ diffusa in altri Paesi europei, punta a creare da subito un contatto con il mondo del lavoro, a differenza della classica Triennale, propedeutica al biennio Magistrale. La trasformazione dei profili professionali richiesti e l’integrazione tra meccanica e tecnologie digitali orientano le materie del corso. Alle discipline di base, come matematica, fisica e programmazione, si aggiungono insegnamenti come Sistemi digitali per l’industria, Tecnologie wireless per la meccatronica, Tecnologie web per applicazioni industriali.
“E’ una sperimentazione che nasce per migliorare il nostro sistema formativo – spiega il presidente della Scuola politecnica della Federico II, Piero Salatino – Per rendere la laurea immediatamente spendibile si seguira’ il modello ‘un terzo, un terzo, un terzo’, ovvero formazione di base, esposizione a problemi concreti, come learning by doing e sviluppo delle capacita’ di ‘problem solving’, e tirocinio in azienda per quasi tutto l’anno”. Salatino assicura che la richiesta del mercato e’ forte e si dice ottimista su un rapido assorbimento nelle aziende dei neolaureati. “Teniamo tantissimo a questo progetto e a quest’area di attivita’ – sottolinea Michele Vignola, direttore generale degli Industriali napoletani – L’impossibilita’ dei giovani di cogliere gli output del mercato per la mancanza di capacita’ immediatamente spendibili nel mondo del lavoro e’ una diseconomia che non ci possiamo permettere”. Il modello Industria 4.0 non distrugge, ma “trasforma il lavoro – fa notare Giorgio Ventre, direttore del dipartimento di Ingegneria elettrica e delle tecnologie dell’informazione – Le aziende hanno bisogno di figure ibride, che sappiano rapportarsi a macchinari piu’ complessi, flessibili, connessi in rete o collegati a software avanzati di progettazione”.


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