REPORT – Alleanza ‘ndrangheta-camorra: le mani dei nuovi narcos sui porti

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I retroscena dell’inchiesta che ha portato all’arresto di 100 persone in Italia. Tra il 2019 e il 2020 la ‘ndrangheta ha assunto il monopolio europeo del traffico di droga dal Sud America: nei porti di Gioia Tauro, Salerno, Livorno e La Spezia arrivano tonnellate di cocaina destinate all’Europa.

Le mani delle ndrine calabresi sui porti italiani per l’importazione di migliaia di chili di cocaina. L’operazione dei giorni scorsi denominata ‘Nuova narcos europea’ che ha portato a 100 arresti in tutta Italia è solo un piccolo tassello del mosaico malavitoso che vede al centro la ‘Ndrangheta, l’organizzazione mafiosa che negli ultimi anni gestisce in monopolio l’ingresso in Italia degli stupefacenti provenienti dal Sud America, attraverso l’unico canale più sicuro: i porti. Un traffico che le ‘ndrine calabresi attuano in stretta collaborazione con altre organizzazioni mafiose della Penisola e in particolare la camorra campana e la mala albanese.  

Con il porto Gioia Tauro stretto nella morsa dei controlli delle forze dell’ordine la ‘Ndrangheta ha dovuto per forza di cose spostare gli arrivi trovando terreno fertile a Livorno, Venezia, Salerno e La Spezia. Lo dimostrano le numerose operazioni di sequestro tra il 2019 e il 2020 e nei giorni scorsi gli arresti di oltre 100 persone – legate al giovane boss Rocco Molè ai vertici della cosca Piromalli-Molè di Gioia Tauro -, nell’operazione coordinata da tre procure (Reggio Calabria, Firenze e Milano) coordinata dalla Direzione anti-crimine diretta da Francesco Messina. 



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    Mentre al Centro-Sud i Piromalli-Molè giocano a risiko con le navi e i containers per importare migliaia di chili di cocaina, al Nord e in particolare in Lombardia reinvestono soldi in operazioni finanziarie ‘comprenetrando il metodo mafioso con il know how caratterizzante l’imprenditoria lombarda riguardante la costruzione di sistemi fraudolenti tesi a ottimizzare i profitti illeciti attraverso la commissione di plurimi reati di frode fiscale e bancarotta” come hanno scritto gli inquirenti nelle pagine dell’ordinanza che ha portato in carcere, politici e imprenditori collusi.

    Imprenditori in difficoltà economiche assoldati nell’organizzazione per riciclare i proventi della droga o di altri affari illeciti: questo l’obiettivo della potente cosca di Gioia Tauro.

    La cosca Piromalli-Molè: i ‘Nuovi narcos europei’

    Ma il core business dei Molé – è emerso dall’operazione Nuova Narcos Europea – è da sempre la cocaina. Nel marzo 2020, in pieno lockdown, la polizia ne ha trovato mezza tonnellata in una masseria a Gioia Tauro.
    A novembre del 2019 altri 430 panetti sono stati rinvenuti in un container nel porto di Livorno. A seguire e a cercare di recuperare il carico arrivato su una nave battente bandiera Liberiana dal Brasile era stato lo stesso Rocco Molè, più volte intercettato a Livorno, dove con la complicità di tre portuali e del suo referente Emanuele Fonti, alias Ragno, ritenuto dagli inquirenti il referente italiano della Ndrangheta sia in Sud America che in Olanda, aveva tentato di recuperare il ‘prezioso’ carico seguito e identificato – grazie alle intercettazioni ambientali – anche dalla polizia. L’inchiesta ha permesso di scoprire che la cosca dei Molè, data per spacciata dopo la faida con gli storici alleati Piromalli, opera ancora in tutta Italia. E al suo vertice c’è Rocco Molé che a 26 anni e già boss di Gioia Tauro.

    Da minorenne era riuscito ad allontanarsi dalla sua famiglia aderendo al progetto “Liberi di scegliere”, per poi ritornare in Calabria. Dove ha preso il posto del padre, il boss don Mimmo Molé, e soprattutto dello zio, il capobastone Rocco ucciso nel 2008. Il giovane Molé, per i pm, è l’astro nascente della cosca al centro dell’operazione dei giorni scorsi. Dalle estorsioni per prendersi il mercato ittico a Gioia Tauro alla droga. E’ emerso, dalle indagini, che Molè – trait d’union delle operazioni seguite dalle tre procure italiane – ha a disposizione ingenti capitali. Era disposto a pagare 500mila euro ai referenti livornesi e liguri assoldati per recuperare il carico di 430 chili nel porto di Livorno e per recuperare in mare la droga, giunta dal Sud America, nel golfo di Gioia Tauro si serviva di chimici e palombari appartenenti alla Marina militare peruviana. 

    L’immunità internazionale della Ndrangheta e dei Molè

    Ma c’è un dato che emerge nell’ambito dell’inchiesta scattata nei giorni scorsi: la ‘Ndrangheta e i Piromalli-Molè godono di un’importante immunità in ambito internazionale. I carichi di stupefacente sottoposti a sequestro non sono una perdita per loro, basta che gli spedizionieri Sud Americani e dei Paesi Bassi ricevano i verbali di sequestro della droga andata persa. Tant’è che nell’ambito dell’operazione Nuova Narcos gli inquirenti hanno rinvenuto anche alcuni verbali falsificati ed altri estratti da atti ufficiali che sarebbero serviti da giustificativo, come nel caso del carico perso a Livorno a novembre dello scorso anno. 

    Crocevia del traffico di droga: Gioia Tauro, Salerno, Livorno e La Spezia

    Sul ruolo della Ndrangheta nell’ambito del traffico internazionale di stupefacenti e sul ruolo dei porti italiani: Gioia Tauro, Salerno, Livorno e La Spezia aveva puntato l’attenzione anche il Dipartimento della Pubblica sicurezza – Direzione dei servizi centrali anti-droga nell’ultima relazione annuale relativa al 2020. Nell’anno della pandemia la ‘ndrangheta – secondo i dati emersi dai sequestri e dalle indagini – ha gestito oltre il 45% delle importazioni di stupefacenti nel porto di Gioia Tauro. “In questo contesto operativo, continua a giocare un ruolo decisivo il porto di Gioia Tauro, scalo strategico per posizione geografica e per volumi di merci in transito, che, anche nel 2020, ha consolidato la sua centralità nelle importazioni di cocaina – si legge nella relazione -; solo in quell’area, sono state effettuate 24 operazioni che hanno portato al sequestro di 6 tonnellate di cocaina, corrispondenti al 45% del volume complessivo dei sequestri effettuati in ambito nazionale”. Secondo gli inquirenti, il porto ‘gestito’ dai Piromalli-Molè è l’importante crocevia per far arrivare la droga in Sicilia e alle organizzazioni campane della camorra. 

    A sottolineare il legame delle ‘ndrine confederate con le organizzazioni criminali campane e in particolare con quelle costiere e salernitane ancora una volta è la Direzione dei servizi centrali antidroga. In quest’area le ‘compagini criminali sono in contatto con altre compagini riconducibili alla ‘Ndrangheta ed alle organizzazioni criminali pugliesi’ proprio per il traffico di stupefacenti. Rilevante il sequestro, effettuato nel porto di Salerno di il sequestro, il 29 giugno 2020, in pieno lockdown, di 14 tonnellate di anfetamine (84 milioni di pasticche con il logo ‘captagon’ destinate probabilmente ai mercati esteri e provenienti presumibilmente dal Messico o dal Sud Est asiatico (Cina, Filippine e Myanmar).

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