Agropoli, il clan rom Marotta-Cesarulo minacciavano sindaco e forze dell’ordine: contestata l’aggravante mafiosa

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Agropoli. Una città sotto scacco: istituzioni locali e forze dell’ordine minacciate dal clan rom dei Marotta-Cesarulo che già in passato era finito nel mirino della Procura di Salerno. Si sono arricchiti con rapine in gioielleria nel nord Italia dove facevano base in un campo rom di Biella. Un patrimonio milionario nel Cilento con case, auto di lusso, danaro contante e gioielli confiscati dal Tribunale negli anni scorsi e oggi i carabinieri hanno notificato a 25 indagati una misura cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Salerno per associazione a delinquere finalizzata a commettere reati contro il patrimonio e la persona, aggravati dall’articolo 7, di violenza privata ed estorsione agendo con modalità mafiose. “L’aggravante del metodo mafioso – ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Salerno Neosi – è stata contestata ad un gruppo rom per la prima volta. In carcere sono finite 11 persone, sette ai domiciliari e altri 7 con obbligo di dimora delle due famiglie che fino ad ieri avevano un potere incontrastato in città, tanto da permettersi di minacciare di morte carabinieri ed esponenti politici locali. Intercettazioni, appostamenti, testimonianze raccolte mostrano come le due famiglie Marotta e Cesarulo – di fatto controllassero molte delle attività della cittadina cilentana facendo leva anche su un potere di intimidazione tale da incidere sul tessuto sociale locale. I gruppi avevano fatto pressione sul coordinatore unico del cantiere di Agropoli della ditta incaricata del servizio di raccolta rifiuti, in modo da fare assumere persone da loro segnalate come stagionali, evitare loro mansioni ‘sgradevoli’ e sanzioni per inadempimenti nel loro lavoro. Inoltre, ‘delegazioni’ delle due famiglie arrivavano fin dentro le stanze del sindaco senza appuntamento per ‘trattare’ il caso di appartamenti confiscati ed evitare che fossero adibiti a funzioni sociali, oppure per chiedere posti di lavoro a tempo indeterminato. Le minacce erano utilizzate persino contro i carabinieri affinchè ‘alleggerissero’ i controlli su di loro. “La banda voleva fare una guerra ai carabinieri – ha sottolineato, in conferenza stampa a Salerno, il pm Antimafia Marco Colamonici -. L’obiettivo era, cercare di “omettere o alleggerire i controlli del Comando carabinieri eseguiti in direzione delle condotte delittuose riconducibili ai componenti del gruppo indagato”. Uno degli indagati, detto ‘O’ Capone’, si sarebbe rivolto ad un militare dell’Arma dicendo: “Finitela un poco di scrivere sempre. Vedete che la vita è breve. Qua si muore. Cercate di fare il bravo”. Poi, come ha spiegato il pm l’uomo “era riuscito a tenere calmi i giovani del gruppo che, infastiditi da questo attivismo dei carabinieri di Agropoli, avrebbero voluto fare la guerra ai militari”.
Nel corso delle indagini erano state registrate minacce anche al sindaco di Agropoli, Marco Voccia, per costringerlo a “evitare che alcuni appartamenti di recente confiscati fossero adibiti a finalità pubbliche” e che venissero “indebitamente assegnati ad appartenenti alla comunità posti di lavoro a tempo indeterminato”. L’episodio risale allo scorso luglio quando, come spiegato dal facente funzione di procuratore della Repubblica di Salerno Luca Masini “fu semi-divelta la porta dell’anticamera da un gruppo di persone che capeggiate da uno dei promotori pretendevano di essere immediatamente ricevuti per avere conto di una serie di condotte doverose che il sindaco di Agropoli stava attuando”. Il sindaco lanciò l’allarme perchè costretto a ricevere, nel proprio ufficio e senza appuntamento, una ‘delegazioni’ della comunità rom che avrebbero voluto evitare che alcuni immobili confiscati, tra cui una villa su cui pende l’ordine di sgombero ma occupata fino a stamattina, fossero destinati a finalità pubbliche. Il primo cittadino scrisse ai carabinieri sottolineando come “la notevole propensione di alcuni esponenti di tale comunità ad assumere comportamenti violenti e sopraffattivi è suscettibile di patenti ripercussioni sull’ordine pubblico e sulla sicurezza in generale”. “E’ la prima volta – evidenzia il comandante del Ros, Giancarlo Santagata – che viene contestata a una comunità rom italiana l’aggravante del metodo mafioso”.
Secondo la Procura gli uomini del gruppo avrebbe rivolto minacce anche al coordinatore unico del cantiere di Agropoli della società operante nel settore della raccolta dei rifiuti solidi urbani, per ottenere posti di lavoro come dipendenti stagionali e per essere adibiti a mansioni ‘gradite’. Inoltre chiedevano di non essere sanzionati per le continue assenze e i costanti inadempimenti commessi nell’esercizio dell’attività lavorativa”.
Il gruppo criminale costituito dalle due famiglie Marotta e Cesarulo si autofinanziava commettendo furti in vetture e gioiellerie, avvalendosi anche del supporto logistico di alcuni parenti a Biella e Vercelli che, dietro ricompensa, offrivano basi operative in quelle zone. I proventi venivano, poi, riciclati attraverso l’utilizzo di una società che faceva confluire, attraverso l’home banking, le somme di denaro.


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