Camorra, il boss al 41bis comparava armi e minacciava il pm: ‘Anche dal carcere posso far fare una brutta fine alle persone’

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In vista di quella che si pensava fosse un’imminente uscita dal carcere del boss di Mondragone , Augusto La Torre, il clan si stava riorganizzando sul territorio comprando armi e avvisando gli imprenditori. Lo ha scoperto la Dda di Napoli, che ha chiesto e ottenuto dal Gip la carcerazione preventiva per Antonio La Torre, 62 anni, per il nipote 31enne Tiberio, figlio di Augusto, per il 29enne Luigi Meandro e il 41enne Salvatore De Crescenzo, con l’accusa per tutti di detenzione illegale di armi comuni da sparo e da guerra con l’aggravante del metodo mafioso. Per il boss, in carcere dal 1996, e’ arrivato invece un avviso di garanzia per estorsione aggravata. Nell’indagine, realizzata dai carabinieri della Compagnia di Mondragone e dal personale del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, sono stati intercettati numerosi colloqui in carcere tra Augusto e i parenti, tra cui quello in cui il boss minaccia esplicitamente il pm anticamorra Alessandro D’Alessio, titolare dell’inchiesta insieme alla sostituta Maria Laura Morra. Dai colloqui captati dalla Penitenziaria, si evince come Augusto fosse sicuro, gia’ nel 2015, di uscire di cella e di andare ai domiciliari, essendo stato colpito da due sentenze definitive a 22 anni e 9 anni per i reati di associazione mafiosa ed estorsione aggravata; in passato aveva collaborato con la giustizia senza pero’ ricevere sconti di pena, in quanto le sue dichiarazioni erano state ritenute riduttive dai giudici; in carcere aveva inoltre dato prova di voler cambiare, essendosi laureato in psicologia. Cosi’, con la collaborazione del figlio e del fratello, peraltro gia’ raggiunto da provvedimenti per reati associativi, ha iniziato a riorganizzare l’arsenale del clan, reperendo armi e custodendole; tra quelle sequestrate vi sono una pistola Glock, un mitra da guerra, una calibro 38 e un 7,65, un fucile M52. Armi che servivano a presentarsi dagli imprenditori cui chiedere il pizzo. Ma gli inquirenti hanno scoperto di piu’: lo stesso boss, tra marzo e aprile 2015, ha inviato dal carcere di Pescara una lettera minatoria all’amministratore di un condominio di Mondragone, con la quale pretendeva l’assunzione di suo figlio Tiberio, fatto che poi non si e’ verificato per il rifiuto della vittima; nello stesso periodo, Augusto La Torre ha inviato una seconda lettera di minacce al proprietario di numerose abitazioni all’interno del condominio, con la quale ha richiesto la somma di 25.000 euro. Anche in questa occasione la vittima pero’ non ha aderito alla pretesa.

 “D’Alessio deve sapere che se anche se sto al 41bis comando lo stesso e posso sempre far fare una brutta fine alle persone”. Parole choc quelle che il boss della camorra casertana Augusto La Torre pronuncia contro il pm della Dda di Napoli Alessandro D’Alessio nel corso di un colloquio in carcere avuto con il fratello Antonio. La minaccia emerge dall’indagine che oggi ha portato in carcere proprio Antonio La Torre e il figlio 31enne di Augusto, Tiberio. Per il boss, in carcere dal 1996 dopo essere stato arrestato in Olanda, e’ arrivato un avviso di garanzia per estorsione aggravata. Una vicenda particolare quella di La Torre, divenuto collaboratore di giustizia nel 2003, quando fu arrestata la moglie; in tale veste La Torre ha fatto arrestare numerosi affiliati al suo clan confessando decine di omicidi e facendo ritrovare anche resti umani nelle campagne di Mondragone. Ma per i giudici il suo contributo non e’ stato ampio ed esaustivo, ma riduttivo, in quanto avrebbe taciuto le circostanze che potevano danneggiarlo dal punto di vista economico, infatti non ha mai fornito indicazioni sul tesoro accumulato negli anni, forse depositato proprio in Olanda. Il contributo in ogni caso fornito gli ha permesso di avere una mitigazione del carcere duro nel 2011. Proprio nel giugno di quell’anno si e’ laureato in psicologia presso l’allora Seconda Universita’ degli studi di Napoli (oggi Universita’ della Campania Luigi Vanvitelli) con studi che hanno riguardato Jacques Lacan e la scuola della psicologia della Gestalt, e hanno comportato la lettura dell’opera omnia di Sigmund Freud e Carl Gustav Jung. Per un periodo e’ stato anche difeso dall’ex pm di Palermo, protagonista delle indagini sulla trattativa Stato-Mafia, Antonio Ingroia.


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