Maxi sequestro di droga a Gioia Tauro: ordinanza anche per il super narcos Raffaele Imperiale

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C’è anche il super narcos Raffaele Imperiale tra le 36 persone raggiunte da ordinanza cautelare nell’ambito del maxi blitz anti droga e del sequestro di 4 tonnellate di cocaina nel porto di Gioia Tauro.

Imperiale è considerato uno dei piu’ importanti trafficanti di cocaina a livello mondiale e il suo nome figura tra le 36 persone arrestate dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’operazione coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che ha consentito di smantellare un’organizzazione criminale che avrebbe avuto la sua base logistica nel porto container di Gioia Tauro.

Imperiale e’ noto alle cronache giudiziarie con il soprannome di “boss dei Van Gogh” perche’ nel 2016 fu trovato in possesso di due quadri del pittore olandese rubati nel 2022 ad Amsterdam ed il cui valore fu stimato in 130 milioni di euro. Al trafficante di droga campano l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip distrettuale di Reggio Calabria e’ stata notificata in carcere.

    Imperiale, infatti, e’ gia’ detenuto perche’ sta scontando una condanna definitiva ad otto anni e quattro mesi di reclusione per traffico di droga. Raffaele Imperiale, al quale vengono contestati contatti diretti con i narcos colombiani, negli anni scorsi si era rifugiato a Dubai per sottrarsi all’esecuzione di tre provvedimenti restrittivi emessi a suo carico dal Gip di Napoli sempre per traffico di droga.

    Negli Emirati Arabi il trafficante aveva trascorso cinque anni prima di essere estradato in Italia e finire in carcere. Secondo quanto e’ emerso dall’inchiesta, Imperiale avrebbe organizzato, assieme ai trafficanti di droga calabresi coinvolti nell’operazione diretta dalla Dda di Reggio Calabria, l’importazione di oltre due delle quattro tonnellate di droga, per un valore di ottocento milioni di euro, sequestrate nel corso delle indagini dalla Guardia di finanza.

    Tra gli arrestati, coinvolti 14 operatori porto Gioia Tauro

    Ma tra le 36 persone arrestate nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Reggio Calabria su un presunto traffico internazionale di droga che avrebbe avuto la base logistica nel porto container di Gioia Tauro ci sono 14 operatori che svolgevano la loro attivita’ nello scalo marittimo reggino.

    Si tratta di dipendenti delle imprese che operano all’interno del porto e della Mct, la societa’ che gestisce il terminal. Dalla ricostruzione degli inquirenti e’ emerso che, dopo l’indicazione ai referenti locali da parte dei fornitori sudamericani del nominativo della nave in arrivo e dei container in cui era custodita la droga, l’importazione dello stupefacente passava attraverso la supervisione degli operatori portuali coinvolti.

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    Questi ultimi, infatti, si attivavano affinche’ il container “contaminato” venisse sbarcato al momento opportuno e collocato in un’area “sicura”, appositamente individuata, per consentirne poi l’apertura e, quindi, il trasferimento della cocaina in un secondo container, che veniva poi fatto uscire dal porto grazie a un vettore compiacente portato nel luogo indicato dai responsabili dell’organizzazione criminale.

    Il dipendente delle agenzie delle Dogane arrestato ha alterato controllo

    Avrebbe alterato il risultato del controllo effettuato tramite scanner su un container in cui erano nascosti trecento chili di cocaina, attestandone falsamente la regolarita’, il dipendente dell’Agenzia delle dogane di Gioia Tauro, Pasquale Sergio, di 61 anni, arrestato e condotto in carcere nell’ambito dell’operazione della Guardia di finanza che ha portato all’arresto di 36 persone accusate di avere gestito un traffico internazionale di droga con base logistica nel porto container.

    Sergio, in particolare, che era proprio l’addetto allo scanner, avrebbe alterato, secondo quanto e’ detto nel capo d’imputazione, “gli esiti della scansione radiogena effettuata su un container trasportato dalla nave Msc Adelaide, proveniente da Santos, in Brasile, e sbarcato nel porto di Gioia Tauro il 18 dicembre del 2020”.

    Il dipendente dell’Agenzia delle Dogane, in cambio della sua complicita’, avrebbe percepito, secondo quanto e’ emerso dalle indagini, una somma pari al 3% del valore dello stupefacente che era custodito nel container, stimato in quasi nove milioni di euro. A carico di Bruno, in particolare, e’ stato disposto il sequestro di beni per un valore di 261 mila euro.



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