Il cardinale Ravasi domani alla Federico II dialogherà con gli accademici Guido Trombetti e Ivano Dionigi su sfide e prospettive per l’umanità

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DOMANI mercoledì 6 febbraio, alle ore 9.30, all’Università degli Studi di Napoli Federico II, si terrà l’incontro “Homo sum. Molteplicità dei saperi e unicità dei fini”, promosso e organizzato dall’Ateneo, in collaborazione con il “Cortile dei Gentili”, dipartimento del Pontificio Consiglio della Cultura per il dialogo tra credenti e non credenti.Nell’Aula Magna Storica dell’università, il Card. Gianfranco Ravasi, Presidente del Dicastero vaticano della Cultura, dialogherà con il Prof. Guido Trombetti, Rettore emerito dell’Università Federico II di Napoli e con il Prof. Ivano Dionigi, Rettore emerito dell’Alma Mater Studiorium di Bologna.Il dibattito, introdotto dal Prof. Gaetano Manfredi, Rettore della Federico II, sarà un’occasione per riflettere sui nuovi modelli antropologici e culturali che si stanno affermando nella nostra epoca, dopo l’avvento dell’intelligenza artificiale, delle neuroscienze e delle nuove frontiere della genetica. Fil rouge dell’incontro, il senso stesso dell’esistenza dell’essere umano, e il rapporto – necessario ma ancora irrisolto – tra scienza e humanities. A proposito del suo intervento, dal titolo “Adamo, dove sei?”, il Card. Ravasi, commenta appunto:

“Il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: dove sei?” (Genesi 3,9), è la prima domanda posta in quel grande codice della nostra cultura, la Bibbia. L’interpellato, qui, è “ha-’adam”, vocabolo ebraico con l’articolo: non un nome proprio, Adamo, ma la rappresentazione dell’Uomo e dell’umanità intera, nella sua complessità, nella sua grandezza, nella sua tragicità. L’interrogativo, affidato a una sola parola ebraica – ’ajjekkah, “dove sei?” – non racchiude certo una collocazione geografica, ma una condizione esistenziale, che è alla radice della vicenda umana di tutti i tempi e di tutte le ere.In quest’epoca di mutazioni antropologiche e profondi cambiamenti sociali e culturali il quesito biblico risuona forte nella sua intatta attualità. Di fronte alle nuove frontiere della genetica e delle neuroscienze, dell’intelligenza artificiale, del transumanesimo dei cyborg e dell’infosfera, è quanto mai necessario rinnovare l’atteggiamento della ricerca e dell’interrogazione sapiente; solo una condotta transdisciplinare – un connubio dialogico tra humanities e scienza, tra storia e tecnica, tra presente e passato – permetterà di ritornare a una risposta sull’essere e l’esistere dell’umanità.”

Su “Dove sono finiti gli umanisti?” rifletterà invece il Prof. Dionigi, perché «mentre il sapere scientifico-tecnologico corre speditamente e celebra quotidianamente i suoi trionfi, incurante di ogni télos e di ogni diàlogos, quello umanistico appare in affanno, tenue, se non residuale. Questo sonno della ragione rischia di costarci caro.»E «per rispondere alla domanda semiseria “Scienziato, come passi il tempo?” – anticipa il Prof. Trombetti a proposito del suo intervento – occorre cominciare con il rispondere alla domanda seria: “che cos’è la scienza?”. Molte, senz’altro, le risposte possibili, che saranno in parte svelate proprio durante l’incontro di domani 6 febbraio.


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