Mafia, l’ascesa del clan Casamonica, gli affari e i legami con le altre cosche

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Un mix di interessi legali e illegali, un rigido controllo del territorio ispirato a modelli mafiosi, un’irresistibile tendenza all’ostentazione della propria influenza. Il clan Casamonica, colpito oggi dall’operazione “Gramigna” dei carabinieri, conta un migliaio di ‘affiliati’ e un “tesoro” stimato dalla Dda in almeno 90 milioni di euro, con conti anche nel principato di Monaco: rappresentazione plastica di quanta strada abbia fatto questo gruppo di origine nomade, sinti stanziali originari dell’Abruzzo e del Molise, arrivati nella capitale per lo piu’ negli anni ’70 con alle spalle una solida tradizione di “cavallari”. L’ultima edizione del Rapporto “Le mafie nel Lazio”, curato dall’Osservatorio tecnico-scientifico per la sicurezza e la legalita’ della Regione Lazio, parla di “una galassia criminale complessa, composta dalle famiglie Casamonica, Di Silvio, Di Guglielmo, Di Rocco e Spada, Spinelli, tutte strettamente connesse fra loro sulla base di rapporti fra capostipiti, a loro volta sposati con appartenenti alle varie famiglie”. Una delle caratteristiche dei Casamonica – spiegano i magistrati della Dna – e’ infatti che “quasi tutti i matrimoni avvengono all’interno del clan, determinando vincoli di parentela che accomunano, in linea materna o paterna, la quasi totalita’ dei nuclei familiari rendendo anche complessa l’identificazione dei singoli soggetti a cui vengono attribuiti nominativi sempre ricorrenti”. I capisaldi tradizionali del clan sono i quartieri della periferia sud est della capitale (Romanina, Anagnina, Porta Furba e Tuscolano) con sconfinamenti sempre piu’ frequenti alla Borghesiana e in localita’ dei Castelli Romani, Ciampino, Albano, Marino e Bracciano. I Casamonica hanno solidi interessi in settori commerciali ed economici (edilizia, immobiliare, gestione di ristorazione e stabilimenti balneari, investimento di capitale in societa’) ma risultano anche coinvolti nel traffico di stupefacenti, nell’estorsione e nell’usura, con tassi di interesse fino al 300% e metodi di riscossione basati sull’intimidazione e la violenza. Ruoli di rilievo, ed e’ un inedito a certi livelli, lo ricoprono anche le donne, in particolare nella gestione delle piazze di spaccio.

Secondo il Rapporto, “il provvedimento che dispone le misure di prevenzione a carico di Enrico Nicoletti, meglio noto come il cassiere della Banda della Magliana, si rivela uno dei documenti fondamentali per comprendere la cifra criminale dei Casamonica e il loro potere di relazione con altri esponenti della criminalita’ romana”. Nel ’92 Nicoletti, infatti, fu condannato con Enrico Casamonica per il delitto di estorsione nell’ambito di quella che i giudici definirono “un’attivita’ da usurario e di estorsore svolta da Nicoletti assieme ad una banda di nomadi”. Fra processi, indagini e diverse sentenze i Casamonica sono sottoposti a un costante controllo degli investigatori, soprattutto nel loro feudo storico, la Romanina, ma il gruppo vanta contatti con sodalizi autoctoni – specie quelli del litorale romano, come i Fasciani, i Senese, gli Spada, i Di Silvio – e mafie tradizionali: si va dagli storici legami con cosche della ‘ndrangheta agli affari condivisi con uomini della camorra, passando per la “triangolazione di affari su ristoranti e attivita’ commerciali della capitale”, come documentato, tra l’altro, dall’indagine patrimoniale “All’ombra del Cupolone” e dall’operazione “Luna Nera”.

Ville concepite come fortezze, arredi in oro e marmo, Ferrari, Rolls Royce e Bentley. Per i Casamonica, quella per il lusso e’ una passione – esibita in tutte le occasioni possibili – ma anche una dannazione. Il 19 agosto 2015 ha un’eco mediatica clamorosa il funerale del capostipite Vittorio, celebrato nella chiesa di Don Bosco al Tuscolano: carrozza d’epoca trainata da sei cavalli, corteo funebre composto da circa 200 auto, le note del “Padrino” come colonna sonora e, dulcis in fundo, petali di rosa lanciati da un elicottero. Nella piazza campeggia la scritta “Re di Roma”. Inevitabile l’indignato corollario di accuse e polemiche, rinfocolate qualche settimana dopo da una discussa ‘ospitata’ a “Porta a Porta” della figlia e del nipote di Vittorio Casamonica. “Spegnere i riflettori su questa pagina nera della storia romana recente forse sarebbe stato meglio”, ammette – sempre nello studio di Vespa – l’assessore alla Legalita’ del Campidoglio, Alfonso Sabella. Ma intanto del potere dei Casamonica parla tutta Italia.



    I Casamonica tornano sulle prime pagine dei quotidiani e nei titoli di apertura dei tg nella primavera di quest’anno: un video del quotidiano “la Repubblica” documenta il pestaggio del titolare romeno di un locale della Romanina, il “Roxy Bar”, e di una cliente invalida civile. Oltre un mese dopo, finiscono arrestati – con le accuse di lesioni, minacce e danneggiamento con l’aggravante del metodo mafioso – Antonio Casamonica ed Alfredo, Vincenzo ed Enrico Di Silvio: il raid, originato da banali questioni di precedenza nell’essere serviti al bancone, era in realta’ solo un modo per ribadire il controllo territoriale del clan sulla zona. “Non ti scordare che questa e’ zona nostra”, gridavano tra uno schiaffo e l’altro, “qui comandiamo noi”. (


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