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Pensioni minime: quali novità in arrivo nel 2021?

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Per andare in pensione nei tempi e con le giuste modalità occorre rimanere sempre aggiornati sulle ultime novità in merito. 

In tal senso, possono verificarsi finestre temporali o possibilità che hanno durata limitata oppure che siano rivolte a una categoria specifica di persone, per cui è sempre utile prestare attenzione massima se non si vuole perdere la possibilità, ad esempio, di ottenere una pensione anticipata. Una delle news più recenti riguarda l’integrazione al trattamento minimo.

A questo proposito, tutto quello che devi sapere sulle pensioni minime puoi trovarlo su pensioniefisco.it, portale di informazione sempre aggiornato sulle novità che riguardano il sistema pensionistico e il settore finanziario. 

Le pensioni minime e le integrazioni per il 2021

Un trattamento minimo, a livello pensionistico, è una cifra mensile più bassa della media, ma che grazie a un’integrazione recente supera, seppur di poco, i 500 euro. Le mensilità previste sono 13 e riguardano tutti i pensionati che non arrivino a un lordo annuo di 7 mila euro da soli o superino di poco i 20 mila se in coppia. Tale integrazione è da considerarsi quindi variabile a seconda dei singoli parametri e della situazione personale, sempre con l’obiettivo di garantire un minimo di base per le esigenze fondamentali al sostentamento.

La maggiorazione dipende anche dalla fascia di età cui si appartiene e, grosso modo, si assesta intorno ai 25 euro fino ai 64 anni, 83 euro fino a 69 anni e oltre 135 euro per chi abbia superato i 70 anni. L’importante, in fase di dichiarazione dei redditi, sarà necessario inserire tutte le voci necessarie, incluse quelle cui non si applichi l’IRPEF (invalidità o simili), ma escludendo eventuali accompagnamenti.

Infine, farà testo anche il sistema pensionistico di riferimento, se retributivo, misto o meramente contributivo, condizione quest’ultima che porta all’esclusione automatica dall’integrazione.

Sistema retributivo, contributivo e quota 100: quello che devi sapere

Il sistema retributivo è stato in vigore fino all’anno 1995 e si basava sulla retribuzione media che si riceveva come dipendente, pubblico o privato in ogni settore: l’unico parametro da rispettare per potervi accedere era aver compiuto i 65 anni di età. 

Al contrario, ora ci si riferisce al sistema cosiddetto contributivo che basa i calcoli sui contributi versati negli anni all’INPS o agli organi preposti dopo la data citata. In tal senso, si è venuto a creare anche il sistema misto, che prevede l’applicazione di entrambe le modalità nel caso in cui ci si trovi ad aver prestato servizio a cavallo tra il ’95 e gli anni successivi.

Entro il 2021, inoltre, è ancora possibile rientrare nella cosiddetta “quota 100” ove la pensione è il risultato di una somma tra gli anni di servizio prestati e l’età anagrafica raggiunta: l’unico punto fermo viene rappresentato proprio da quest’ultima, che non dovrà mai essere al di sotto dei 62 anni: ne consegue che, con 38 di contributi versati, si avrà un numero pari a 100, mentre se sarà necessario attendere ancora, esso potrà anche diventare 101 o 102 e oltre.

Infine, anche per quest’anno sono validi gli scaglioni concernenti le fasce di reddito a livello pensionistico per quel che riguarda la corresponsione dell’IRPEF, la tassa obbligatoria sulle persone fisiche: resta al 23% entro i 15 mila euro annui (oltre la soglia prevista per richiedere l’integrazione sulla minima, dunque) e sale di livello per importi che arrivano o superano i 75 mila euro.

In linea generale, le variabili che portano al calcolo della pensione, sia essa minima con integrazione oppure anticipata, hanno la costante di almeno 42 anni di contributi versati. Non solo, ma si riferiscono anche alla tipologia di lavoro, se più o meno rischioso per la salute e alla Gestione Ordinaria o Separata che individuano, rispettivamente, i lavoratori dipendenti (pubblici e privati che siano) e quelli autonomi o con Partita IVA.


Articolo pubblicato il giorno 15 Luglio 2021 - 10:08

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