Non solo omicidio volontario con una lunga sfilza di aggravanti, ma anche minacce di morte: se le contestazioni saranno confermate in sede di giudizio, all’assassino di Mariarca potrebbe non bastare la scelta del rito abbreviato per evitare l’ergastolo. Sono state accolte con favore dal legale della famiglia della vittima, l’avvocato Alberto Berardi, del Foro di Padova, le conclusioni a cui è giunta la Procura di Venezia al culmine delle indagini preliminari del procedimento penale a carico di Antonio Ascione, il 44enne pizzaiolo di Torre del Greco che il 23 luglio 2017 accoltellò a morte l’ex moglie Maria Archetta Mennella, 38 anni, nell’abitazione di Musile di Piave, nel Veneziano, dove la donna risiedeva. Il 24 aprile il Pubblico Ministero della Procura di Venezia, dott. Raffaele Incardona, ha chiesto il rinvio a giudizio e il Gip, dott. Massimo Vicinanza, ha fissato l’udienza preliminare per il 4 giugno 2018, alle 11, presso la Cittadella della Giustizia di Piazzale Roma.
L’ennesimo femminicidio aveva destato profonda eco e stimolato iniziative e fiaccolate contro la violenza sulle donne, non solo nel Veneto ma anche in Campania: pure la vittima, infatti, era originaria di Torre del Greco. A colpire era stata tutta la vicenda a partire dalla generosità di “Mariarca” che, pur essendosi separata da quel marito violento e oppressivo ed essendosi rifatta una vita lontano, nel Veneto Orientale, trovando un’occupazione come commessa all’outlet di Noventa di Piave, aveva deciso di riaccoglierlo temporaneamente in casa per riavvicinarlo ai figli di (oggi) 16 e 10 anni, le altre due vittime della tragedia. Un atto di amore e un’attenzione per la figura paterna che ha pagato con la vita, perché Ascione, non accettando la fine del rapporto e spinto dalla gelosia, l’ha barbaramente, proditoriamente e “lucidamente” trucidata.
Quello che emerge dal quadro probatorio e dai capi d’imputazione, infatti, non è una improvvisa furia omicida, non è un raptus, ma un crimine frutto di un escalation di violenza e minacce covato nel tempo.Potrebbe interessarti
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“Le indagini, come sostenevamo fin dall’inizio, hanno confermato non solo l’aggravante della premeditazione, ma anche il reato delle minacce: un quadro pesantissimo che, se confermato in sede di giudizio, apre alla possibile applicazione della pena dell’ergastolo anche in caso di accesso dell’imputato al rito alternativo” spiega l’avvocato Berardi, che assiste la famiglia Mennella in collaborazione con Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, che a titolo gratuito ha messo a disposizione dei propri assistiti e del loro penalista i propri esperti per i vari accertamenti disposti dalla Procura (ad esempio il medico legale di parte che ha partecipato all’esame autoptico, la dott.ssa Elisa Vermiglio dello Studio Luigi Sergolini di Padova), e che li ha anche affiancati a sostenuti nei tanti risvolti di questa terribile vicenda, non ultimi quelli legati alla tutela dei figli minori della vittima.
Una soddisfazione doppia in ragione dell’apporto fornito in tal senso dallo stesso Berardi, dal consulente personale di Studio 3A, Riccardo Vizzi, e dai familiari della vittima. E’ stato infatti Vizzi ad acquisire dalle sorelle di Mariarca e a fornire all’avvocato Berardi alcuni messaggi whatsapp che si erano scambiati nei giorni precedenti la figlia della Mennella e il padre e in cui la ragazza accusava il genitore, che tentava di giustificarsi, di aver minacciato la mamma con un coltello e gli giurava che lei e il fratellino non l’avrebbero più guardato in faccia se le avesse fatto del male. “Messaggi che ci sono apparsi subito significativi ai fini delle indagini” aggiunge l’avvocato Berardi, che ha inviato una memoria ad hoc al Pm, il quale a sua volta ha disposto l’acquisizione dello smartphone della ragazza. Un “gioco di squadra” che ha fornito un contributo importante per costruire un quadro accusatorio solido e raggiungere l’obiettivo invocato dalla famiglia della 38enne: giustizia esemplare per il carnefice e carcere a vita.