Omicidio Cucchi, condanna in Appello e pene più severe per i due carabinieri

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Roma. Condanna bis per omicidio preterintenzionale per i due carabinieri che pestarono Stefano Cucchi.

La Corte d’assise d’appello di Roma ha condannato a 13 anni di reclusione i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro per omicidio preterintenzionale in relazione al pestaggio subito da Stefano Cucchi la sera del 15 ottobre del 2009 quando dopo l’arresto fu portato nella caserma della compagnia Casilina. I due militari dell’Arma, in primo grado, erano stati condannati a 12 anni di carcere. La Corte d’assise d’appello di Roma ha quindi accolto per gran parte le richieste del pg Roberto Cavallone, che aveva chiesto 13 anni per Di Bernardo e D’Alessandro, 4 anni e 6 mesi per Mandolini e l’assoluzione per Tedesco. Stefano Ccucchi mori’ il 22 ottobre 2009 all’ospedale Pertini di Roma, dove era in custodia cautelare, in seguito alle percosse subite da Di Bernardo e D’Alessandro nella camera di sicurezza della Compagnia Casilina nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2019, poche ore dopo il suo arresto.
Quattro anni di carcere la pena attribuita al maresciallo Roberto Mandolini (comandante della stazione Appia dove venne portato Cucchi dopo il pestaggio) per la compilazione del falso verbale di arresto del 31enne romano.

Confermata, sempre per falso, la condanna a due anni e mezzo del carabiniere Francesco Tedesco che in primo grado era stato scagionato dall’omicidio preterintenzionale.

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    “Il mio pensiero va ai miei genitori e a Stefano. Mio padre e mia madre non possono esser con noi per il caro prezzo che hanno pagato in questi anni”. Così Ilaria Cucchi dopo la sentenza di condanna in appello dei carabinieri responsabili del pestaggio di Stefano Cucchi, che ha riconosciuto il reato di omicidio preterintenzionale.
    L’avvocato Fabio Anselmo, legale di Ilaria, ha rivolto un pensiero di gratitudine all’ex procuratore Giuseppe Pignatone, all’attuale Michele Prestipino e al pm Giovanni Musarò: “Dopo tante umiliazioni è per merito loro che siamo qui, e anche per merito nostro. La giustizia funziona con magistrati seri, capaci e onesti. Non servono riforme”.
    “La mamma di Stefano, la signora Rita Calore, ha pianto non appena ha saputo della sentenza. L’ho sentita al telefono. E’ un momento di grande commozione. Dopo 12 anni la lotta non è ancora finita. Siamo comunque pienamente soddisfatti della decisione di oggi della corte d’appello”. Lo afferma l’avvocato Stefano Maccioni, parte civile nel processo, e legale dei genitori di Stefano Cucchi, dopo la sentenza di appello.

    “Pensavamo che non si potesse fare peggio della sentenza ingiusta come quella di primo grado. Oggi, con l’accoglimento di una impugnazione completamente inammissibile, abbiamo la conferma che la giustizia non guarda piu’ al dato processuale e gli imputati di questo processo hanno subito una condanna ancora piu’ grave. La nostra speranza e’ riposta nel giudice delle leggi, la Cassazione, ci rivedremo li'”. Lo ha detto l’avvocato Maria Lampitella, difensore del carabiniere Raffaele D’Alessandro, condannato a 13 anni per omicidio preterintenzionale assieme al collega Alessio Di Bernardo. Anche il difensore di quest’ultimo militare, l’avvocato Antonella De Benedictis, ha annunciato ricorso alla Suprema Corte: “Sono molto amareggiata – ha affermato la penalista -, c’e’ una perizia medica che accerta il fatto che Cucchi sia morto in conseguenza dell’ostruzione di un catetere, ritengo che l’omicidio preterintenzionale non sia giusto”. “Prima di commentare una sentenza bisogna leggere le motivazioni, vedremo su quali basi sono state escluse le attenuanti generiche nei confronti dei carabinieri imputati”, ha aggiunto l’avvocato Giosue’ Bruno Naso, difensore del maresciallo Roberto Mandolini, condannato per falso.



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