Camorra, le donne del clan Sibillo gestivano la vendita della droga e la contabilità delle estorsioni alle pizzerie

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Napoli. Che le donne abbiano preso il comando e il controllo dei clan della camorra con la detenzione di mariti e figli non è più una novità e il blitz contro i reduci del clan Sibillo della notte scorsa ne è una ulteriore conferma. Ci sono infatti sette donne tra i 22 destinatari della misura cautelare in carcere eseguita dai carabinieri di Napoli nell’ambito dell’inchiesta sulle estorsioni a ristoranti e pizzerie  dei Tribunali e dei Decumani da parte del clan Sibilio. Donne che hanno ricoperto ruoli di primo piano all’interno della cosca che controlla i Decumani di Napoli. Mogli, compagne e fidanzate di boss in carcere o liberi, e in grado di veicolare all’esterno del carcere i messaggi o di gestire personalmente lo spaccio, ma anche di convocare le vittime di estorsione. La prima fonte di guadagno, così come risulta dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Tommaso Perrella, è proprio il commercio al minuto di cocaina e hashish, principalmente in via dei Tribunali, a casa di Antonio Napoletano detto ‘nannone’. A gestire i traffici il fratello Marco e la sorella Alessia. Enza Grossi, madre di Napoletano, Rita Carrano, Raffaella Criscuolo e Azzurra Venza controllavano invece l’andirivieni degli acquirenti, oltre a nascondere le dosi quando era necessario.Altra fonte di guadagno erano le richieste di ‘pizzo’ ai commercianti dei Tribunali ma soprattutto alle pizzerie. Dalle intercettazioni telefoniche e ambientali nel marzo 2017 di conversazioni tra i maggiori affiliati alla cosca, tra cui Francesco Pio Corallo, Ciro Mariglioni, Giovanni Matteo e Luca Capuano, è emerso che pagavano tutti: la pizzeria Di Matteo “che ha dato prima 500 e poi altre 300”, la pizzeria Sofia, “che ha dato mille euro” e il quella del Presidente “che ha aperto anche a Capri e quindi paga di più”. ‘Pizzo’ anche a macellerie e tabaccai: gli incontri avvenivano nei vicoli del centro storico e chi non pagava riceveva minacce e ricatti. Dall’interno del carcere i messaggi arrivarono grazie alle parole pronunciate dai ras detenuti attraverso le donne: Raffaella Criscuolo, convivente di Daniele Napolitano, Carmela Matteo, moglie di Napolitano ‘nannone’, Anna Ingenito, madre di Pasquale detto Lino Sibillo e Vincenza Carrese, detta Nancy, moglie di Pasquale Sibillo.



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