Allarme terrorismo a Pompei dopo l’arresto dell’algerino di Terzigno

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Evoca “episodi di attentati terroristici” l’episodio avvenuto lunedì scorso a Pompei, dove un algerino ha percorso contromano, su un’auto rubata, una strada nei pressi del santuario. E’ quanto scrive il giudice monocratico di Torre Annunziata, nella sentenza di condanna nei confronti di Othman Jridi, 21 anni, giudicato martedì con rito direttissimo. Nella sentenza – riferiscono alcuni organi di stampa – il magistrato ha anche chiesto al pm di valutare se trasmettere gli atti al pool antiterrorismo della Procura di Napoli. Il giovane, sul quale pendono due provvedimenti di espulsione emessi in Italia e Francia, e’ stato condannato a due anni e otto mesi di carcere per furto di auto e false dichiarazioni. Lunedì i carabinieri, avvisati dai vigili urbani che lo avevano sorpreso in auto davanti alla basilica, lo hanno bloccato mentre tentava di nascondersi su un bus. Durante l’udienza ha recitato una litania in arabo e ammesso l’assunzione di sostanze psicotrope prima di mettersi alla guida “per sentirsi piu’ vicino ad Allah”.  L’algerino, alle forze dell’ordine, ha mentito sul suo indirizzo di residenza dove e’ stato condotto dai carabinieri nell’ambito delle indagini: alla persona trovata nell’abitazione l’algerino ha pero’ sussurrato, in arabo, di confermare la sua versione dei fatti, un tentativo scoperto grazie alla presenza di un interprete. Dagli accertamenti e’ emerso che l’auto, una Panda, era stata rubata a Terzigno, nel Vesuviano, alle 14 di lunedì. Alle 16 dello stesso giorno il giovane si e’ recato a Pompei dove, a bordo della vettura, ha percorso via Lepanto (strada che porta davanti alla basilica) fino ad arrivare in piazza Bartolo Longo, senza trovare ostacoli alla percorribilità delle automobili (fioriere e transenne) rimossi per agevolare l’allestimento di un palco per la via Crucis pasquale. Una volta giunto nell’area pedonale antistante il santuario il giovane e’ stato avvicinato dai vigili urbani che hanno cercato di bloccarlo. L’algerino e’ fuggito e gli agenti hanno avvertito i carabinieri che lo hanno scovato su un bus dove e’ stato arrestato per furto d’auto e false dichiarazioni. Durante il processo con rito abbreviato celebrato il giorno dopo i fatti, nel Tribunale di Torre Annunziata, l’algerino, che e’ anche apparso scarsamente lucido, ha ammesso di avere assunto sostanze psicotrope, prima di mettersi alla guida, per “sentirsi più vicino ad Allah” e recitato, durante l’udienza, una litania in arabo.

Il giudice monocratico di Torre Annunziata Fernanda Iannone — esperta di terrorismo internazionale ed autrice di una monografia sui foreign terrorist fighters — non solo ha convalidato il fermo, ma, accogliendo la richiesta del pm, ha anche disposto la custodia cautelare in carcere. Per i reati che gli venivano conte­stati (furto di un’auto e false dichiarazioni a pubblico ufficiale) l’algerino è stato pro­cessato con rito direttissimo: l’avvocato, nominato d’ufficio, ha chiesto l’abbreviato e dunque, a fronte di una richiesta di quat­tro anni e un mese da parte del pm, Jridi è stato condannato a due anni e mezzo; una pena comunque molto severa rispetto alla lieve contestazione dell’accusa. Gli atti so­no stati inviati al pool antiterrorismo della Procura di Napoli per i necessari appro­fondimenti.
L’imputato avrebbe potuto ottenere i domiciliari (la legge lo prevede per le con­danne inferiori ai tre anni), ma il giudice ha deciso diversamente: troppi elementi depongono a suo sfavore. Innanzitutto, ar­gomenta il magistrato, bisogna tener pre­sente «l’estrema pericolosità della condot­ta tenuta dall’arrestato, che per le modalità (invasione di zona pedonale, piazza nor­malmente frequentata da centinaia di per­sone nonché da migliaia di pellegrini in giornate festive), il luogo (piazza antistan­te al santuario della Madonna di Pompei), la personalità (soggetto di nazionalità al­gerina, irregolare sul territorio italiano, espulso dal territorio francese), le condi­zioni psico fisiche della persona (che ave­va assunto, per sua ammissione sostanze stupefacenti e psicotrope), che evocano episodi di attentati terroristici». Non solo: il giovane algerino, nel corso dell’udienza di convalida, ha asserito «di non essere in condizione di sapere perché avesse com­piuto quel gesto se non per sentirsi più vi­cino ad Allah, il che gli sarebbe stato reso più facile dall’assunzione di un farmaco». Inoltre «l’arrestato nel corso dell’udienza ha continuamente emesso suoni labiali e recitato una litania araba in nome di Al­lah»: «vi è il concreto ed attuale pericolo che l’imputato commetta altri delitti della specie di quello per cui si procede» e per­tanto «è necessario applicare, non poten­dosi allo stato presumere che egli si aster­rà dal delinquere in futuro, la misura della custodia cautelare in carcere, poiché, allo stato, unica misura idonea a fronteggiare le esigenze cautelari; tale misura appare anche proporzionata alla gravità dei fatti commessi ed alle sanzioni applicabili al caso di specie». Il giudice, dunque, sottoli­nea la presenza di elementi indicativi del profilo del lone wolf (drogato, in preghie­ra, esaltato, in zona religiosa, durante pe­riodo di feste religiose) che ha percorso vari chilometri per raggiungere un obietti­vo inequivocabile. Ma a farlo propendere per la detenzione in carcere è stato anche il fatto che, dopo avere mentito sulla sua identità ai carabinieri, subentrati nelle in­dagini ai vigili urbani, Jridi ha continuato a mentire sul suo indirizzo: ha fornito quel­lo di un connazionale e, quando è arrivato sul posto accompagnato dai militari, gli ha sussurrato in arabo: «Dici che vivo qui, se no mi arrestano». Di elementi da appro­fondire, dunque, il pool antiterrorismo della Procura di Napoli ne ha in abbon­danza.



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