Napoli, duplice omicidio Abrunzo-Gaiola: i boss ammettono e ottengono sconti di pena al processo

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Nessun ergastolo per il mandante e gli esecutori materiali del duplice omicidio Abrunzo-Gaiola. È questo il clamoroso epilogo del processo di primo grado che si è concluso ieri mattina a Napoli.

Il Pubblico Ministero della DDA di Napoli, Maurizio De Marco, aveva chiesto la pena massima, il carcere a vita, per il ras del clan Amato-Pagano Mariano Riccio, difeso dall’avvocato omonimo, e i coimputati Francesco Paolo Russo e Franco Gaiola. Ma, inaspettatamente, i tre imputati hanno scelto di confessare i propri crimini prima della sentenza, ottenendo il riconoscimento delle attenuanti generiche.

Questa strategia – come riporta Il Roma – ha portato il giudice Nicola Matrone a condannare Riccio, Russo e Gaiola a 20 anni di reclusione ciascuno, una pena ben inferiore all’ergastolo richiesto dall’accusa.

    I fatti risalgono al 21 giugno 2012, al culmine della terza faida di Scampia e Secondigliano. Ciro Abrunzo, detto “‘o cinese”, esponente di spicco del cartello Abete-Abbinante-Notturno-Aprea, rivale degli Amato-Pagano, e Franco Gaiola, suo amico estraneo alla guerra di camorra, furono uccisi a colpi di arma da fuoco in Corso Sirena a Barra.

    I killer travestiti da operatori ecologici

    Per compiere l’agguato, il giovane ras Mario Riccio, genero del boss Cesare Pagano, ideò un piano diabolico: i killer si sarebbero travestiti da operatori dell’Asìa, passando inosservati. Francesco Paolo Russo, detto “Cicciariello”, e Franco Bottino, alias “Mustafà”, a bordo di un finto pulmino dell’Asìa, arrivarono da Secondigliano e concentrarono il fuoco su Abrunzo, colpendo mortalmente anche Gaiola, testimone involontario.

    A distanza di 10 anni, grazie al lavoro della Squadra Mobile di Napoli e alle dichiarazioni di 11 pentiti, nel 2022 quattro persone furono arrestate per il duplice omicidio: Mariano Riccio (mandante), Francesco Paolo Russo, Franco Bottino e Sabato Palumbo (unico libero). I riscontri investigativi, tra cui accertamenti balistici e nuove prove, supportarono le accuse.

    Il processo di primo grado ha visto la confessione di Riccio, Russo e Gaiola, che ha portato a una riduzione della pena rispetto all’ergastolo richiesto. Carmine Cerrato, altro pentito, avrebbe confermato il ruolo di Riccio e Cerrato come mandanti del raid.



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