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De Laurentiis chiude le porte alla Supercoppa: “Da deficienti andare in Arabia”

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Niente calcio ai confini della guerra, niente rischi inutili da far correre ai giocatori. Aurelio De Laurentiis, con tono polemico, chiude le porte alla italiana in programmata a fine gennaio. L'escalation di violenza scoppiata lungo la Striscia di Gaza, spinge il patron del Napoli ad entrare a gamba tesa sulla decisione appena presa dalla Lega di Serie A che lunedì scorso aveva posticipato la data.

“Avete visto quello che sta succedendo in Israele? Potreste immaginare che ci sia un blocco aereo su quei territori? Vi siete resi conto che con quattro aerei portiamo la bellezza di 120 giocatori che valgono quello che valgono? Ma siete deficienti. Tutto questo per guadagnare pochi milioni in più? Facciamola all'Olimpico, perché dobbiamo andarci a rompere le scatole là? Non è che voglio boicottare: ho solo detto ‘ragionate'”, è la stilettata alla Confidustria del calcio di ADL, ospite alla tavola rotonda organizzata da ‘Inpiù' all'università Luiss di Roma.

Un ‘no' dettato dunque dalle cronache di guerra sempre più drammatiche ma che sembrano legarsi anche al braccio di ferro costante che ADL ha con i vertici del calcio. Si gioca dal 21 al 25 gennaio con la nuova formula che prevede quattro partecipanti (, Lazio, Inter e Fiorentina, ovvero le prime due della Serie A dello scorso campionato e le finaliste della Coppa Italia) ma e lo stesso presidente dei Viola, Rocco Commisso hanno manifestato le loro perplessità soprattutto a causa del cambiamento di data, storicamente prevista durante l'Epifania.

La Lega sembra voler andare avanti sostenendo di avere i sostituti, ovvero Milan e Atalanta, ma la questione rischia di infittirsi visto che si potrebbe profilare anche un'azione di ostruzionismo da parte dei campioni d'Italia. Lo slittamento ha di fatto creato nuove crepe all'interno dei 20 club di Serie A, da sempre divisi, ma ora più che mai spaccati in due con il fronte guidato da De Laurentiis e Commisso E quella della Supercoppa rischia di essere anche il pretesto per far palesare pubblicamente il proprio malumore.


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