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Il bidello assassino di Melito non collabora. La figlia: “Mi vergogno”

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Il bidello assassino di Melito per il momento non parla. Rinchiuso in un silenzio tombale come quello in cui ha spedito lo sfortunato professore di sostegno Marcello Toscano.

Chi ha parlato invece è la figlia di Giuseppe Porcelli, l’assassino. “Io e la mia famiglia ci dissociamo da quello che è accaduto. E’ un gesto assolutamente ingiustificabile. Non posso fare altro che vergognarmi e chiedere umilmente scusa a tutti i parenti.Le scuse le porta il vento, e ne sono consapevole. Ma ad oggi, non posso fare altro… sono veramente mortificata e umiliata. Al momento in casa regna il silenzio ed il dolore”, ha voluto far sapere la ragazza attraverso le agenzie di stampa.

La furia omicida di Giuseppe Porcelli che si è abbattuta sul professore Toscano, sarebbe scaturita da questione economiche. Forse un debito non pagato. Il fatto grave è che Porcelli è andato all’appuntamento con il prof armato di coltello. Questa ipotesi se confermata potrebbe far scattare l’aggravante della premeditazione.

Nel frattempo il legale di Porcelli spiega: “Non ho ancora avuto modo di incontrare il mio assistito,’siamo in attesa della udienza di convalida. In quella sede avremo maggiori informazioni anche in merito al perché”. Il fermo per omicidio è stato confermato e ora si attende l’udienza di convalida e l’interrogatorio davanti al gip che dovrebbe svolgersi al massimo entro sabato.

Quelle tracce di sangue trovate dai carabinieri su alcuni vestiti sono l’indizio piu’ importante raccolto dagli inquirenti nell’ambito delle indagini sull’omicidio di Marcello Toscano, l’insegnante di sostegno 64enne trovato senza vita, la sera di martedi’ 27 settembre, nel cortile della scuola media “Marino Guarano” di Melito dove insegnava.

Gli indumenti sono stati trovati e sequestrati dai militari della compagnia di Marano a casa del collaboratore scolastico dell’istituto Giuseppe Porcelli, 54 anni, che e’ stato sottoposto a un provvedimento di fermo emesso dal pubblico ministero della Procura di Napoli Nord, che ipotizza nei suoi confronti il reato di omicidio volontario.

Sul quell’uomo, ieri, si era contrata l’attenzione di militari dell’arma e del sostituto procuratore incaricato. Il collaboratore scolastico, l’unico in servizio in quell’istituto, e’ stato ascoltato per diverse ore nella caserma di Marano: non ha reso dichiarazioni confessorie ma ora si trova chiuso nel carcere napoletano di Poggioreale, in attesa dell’udienza di convalida che si dovra’ tenere entro le 48 ore successive all’emissione del provvedimento cautelare.

Se l’esame del Dna dovesse confermare che le tracce ematiche sono compatibili con il sangue della vittima, la posizione del collaboratore scolastico si complicherebbe in maniera praticamente irreversibile. Per quanto riguarda il movente del delitto, particolarmente efferato in quanto la vittima e’ stata accoltellata piu’ volte all’addome, non sarebbe riconducibile a dissidi sorti nell’ambito scolastico.

Si escludono questioni sentimentali come anche quelle legate al ruolo politico svolto dal docente, in passato piu’ volte consigliere comunale a Mugnano. Gli inquirenti, che andando avanti con le attivita’, si starebbero concentrando piuttosto sulle relazioni tra la vittima e il suo presunto assassino, dissidi, forse, di natura economica.

I carabinieri hanno acquisito anche i video, registrati dai sistemi di videosorveglianza installati nella zona, ritenuti, anche questi, di rilevante importanza. Quanto accaduto all’interno dell’istituto “Marino Guarano” martedi’ scorso, verosimilmente durante l’orario in cui docenti e alunni stavano facendo lezione, e’ sicuramente un episodio – tragico – piu’ unico che raro e per questo ha destato particolare allarme.

A sottolinerare proprio quest’aspetto e’ stato lo stesso procuratore di Napoli Nord Maria Antonietta Troncone: “Serve il ripristino della legalita’ in quei territori del Napoletano, – ha detto il magistrato – sia come presidio delle forze dell’ordine, sia come rinascita sociale; le istituzioni scolastiche, vilipese da questo episodio, devono avere un ruolo centrale”.

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Per il procuratore “le famiglie sono state profondamente oltraggiate dalla circostanza che i loro figli si siano trovati di fronte a in una situazione cosi’ penosa”. La Troncone ha chiesto “maggiore attenzione” per quel territorio, sul quale, il suo ufficio giudiziario opera “in una situazione di estrema criticita’, con un forte sottodimensionamento” e affrontando difficolta’ tali, ha concluso il procuratore, alle quali si riesce da dare risposta, solo attraverso enormi sforzi.


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