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“Quel luogo a me proibito”: il viaggio introspettivo della Donna Bonsai di Elisa Ruotolo

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Nel panorama letterario nazionale – di matrice campana – appare rilevante e significativa la figura di Elisa Ruotolo, scrittrice contemporanea ed eccellente narratrice, capace di entrare da subito in relazione mentale e spirituale con il lettore. Il cui stile di scrittura – la personale combinazione di parole eleganti – risulta indice di una spiccata nobiltà d’animo, di una singolare grazia, di una notevole attitudine poetica.

Già nota ai lettori per i suoi precedenti scritti : la raccolta Ho rubato la pioggia, vincitrice
del Premio Renato Fucini e finalista al Premio Carlo Cocito nel 2010, Ovunque,
proteggici – selezionato dalla Commissione del Premio Strega 2014 e presentato al
premio da Marcello Fois e Dacia Maraini – nel 2021, Elisa Ruotolo ha pubblicato un
romanzo dal contenuto unico, persuasivo ed intrigante sull’analisi del sé, sul viaggio
introspettivo di una donna, intitolato Quel luogo a me proibito ed edito da Feltrinelli.

Romanzo con il quale l’autrice si è aggiudicata la candidatura come finalista al Premio
Nazionale Narrativa Bergamo 2022.

Protagonista ed io narrante del testo in parola, una quarantaduenne che scava nel suo
passato, e nei ricordi legati alla fase di formazione, per cogliere la ragione della sua
incapacità di amare totalmente, di donarsi completamente ad un uomo, di far prevalere la
parte istintiva di sé, nonostante la maturità.

Questa donna appare calata nel tessuto sociale di un meridione degli anni ‘80/’90 in cui la
famiglia – profondamente legata alle tradizioni ed al giudizio della gente – diviene un luogo angusto, dove l’educazione è impartita con regole molto severe, alle quali lei non si ribella in quanto incline a dire sempre sì. Il no non le appartiene.

Crescere in un contesto del genere è davvero difficile tant’è che l’autrice, con smisurata
ed affascinante poesia, finisce per identificare la sua innominata protagonista come la
Donna Bonsai, che non sente il suo corpo, che è rimasta indietro ed imprigionata nelle
regole, grazie però alle quali nel frattempo si protegge, si difende e diventa per ciò stesso
invisibile agli occhi degli altri.

“…nel mio caso diveniva vocazione a non creare incomodo né sorpresa. Era il
godimento dell’obbedienza e della sottomissione all’ordine: un talento senza pari
nel farsi invisibili”.

L’educazione a cui viene sottoposta è condizionata dall’ossessione genitoriale per la
vergogna – già presente nelle prime pagine del libro e descritta come una sorta di tara
familiare – che impera come elemento cardine di una morale a cui doversi adeguare nel
vestire, nell’approcciarsi ai propri compagni di scuola, nel comportamento serio e
composto che l’emisfero femminile deve opportunamente adottare.

Per la quale desiderare è dunque proibito. La protagonista coltiva il desiderio solo intimamente attraverso i libri, le storie contenute in essi che vive in parallelo alla sua esistenza.

«Ma al mondo non si sta composti , si sta vivi: questo avevano sempre evitato di
dirmelo».

A sconvolgere la dura realtà di regole sopraggiunge Andrea, l’amore della sua vita, che
rappresenta il proibito ed in parte demolisce la rigida cortina d’inibizioni e rinunce di cui si
è nutrita fino a quel momento. Andrea è un uomo che vive solo nel presente ed in questa
dimensione temporale le chiede di esprimergli fiducia.

Che però – proprio come la famiglia – cerca di modificarla per ottenere la sua obbedienza, ma a dei meccanismi che definisce gioco. E a lei non era mai stato permesso giocare. Quest’uomo irrompe nella sua vita, esercita un forte potere attrattivo e stimolante al quale, fino ad un certo punto del racconto, la donna non riesce a sottrarsi dando luogo ad una storia d’amore tormentata.

Nell’ultima parte del libro si assiste ad un importante e suggestivo confronto tra la
protagonista e Nicla, l’inquieta ed intraprendente compagna di scuola che, ancora
adolescente, ha dato alla luce un figlio, che la vita la morde, che – al contrario della Donna
Bonsai – non si è mai protetta e difesa, ma che nelle cose della vita è sempre entrata a
gamba tesa.

Elisa Ruotolo ha dunque scritto un romanzo potente – esprimendo la realtà scomoda di
un’intera generazione al femminile – con il dono della sensibilità, l’esperienza del perdono,
la speranza di una rinascita sempre possibile.

Sull’onda dell’emotività generata dalla profonda osservazione in merito al complicato e
tardivo processo di formazione della donna protagonista del romanzo, abbiamo chiesto
all’autrice di riferirci quale sia, secondo una personale valutazione, il modo più sano che
ha la donna di evolvere e crescere, specialmente in territori ancora ostinatamente legati a
pregiudizi ed asfissianti tradizioni:

“ Il modo più sano per evolvere e crescere, in senso universale, credo sia quello di
ascoltarsi. Chi sono veramente? Cosa desidero? E dopo aver dato la risposta più
vera, non vergognarsene. Si diventa responsabili del proprio sé più intimo solo se
non lo si tradisce accettando docilmente l’infelicità”.

“ Quel luogo a me proibito” rappresenta dunque una sorta di riscatto per le donne, specie
per quelle vissute all’ombra di una realtà condizionata dal territorio, che si presta però ad
essere letto da tutti in quanto capace di stimolare un’attenta riflessione.

L’autrice, con la sua abile prosa, riesce a trasferire al lettore gli umori, le emozioni ed i sentimenti dei personaggi coinvolti nel racconto, che ha un finale per niente scontato in cui la protagonista raggiunge una nuova, appagante dimensione. Un finale originale, tanto
coinvolgente quanto commovente, che esorta la donna ad una sana consapevolezza ed in
virtù di questa, la premia.

Annamaria Cafaro

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