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Pompei Parco Archeologico e Marijuana

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Pompei Parco Archeologico e Marijuana

Quando abbiamo letto la notizia della grande piantagione, popolata da circa diciottomila piante di Cannabis pronte a farsi Marijuana, insomma Erba da fumo, scoperta dai Carabinieri nei terreni di pertinenza del grande Polverificio borbonico, trasferito dal Demanio dello Stato appena qualche anno al Parco Archeologico di Pompei, siamo stati presi da sbalordimento e avvilimento.

Due sentimenti contrastanti, accompagnati da un senso di vergogna profonda.
Ci siamo ripresi e rinfrancati soltanto quando ci è parso di levarsi nell’aria afosa del primo pomeriggio dalle rive umide del Sarno un coro vendicativo e assordante di altrettante diciottomila pernacchi, quelli detti anche pernacchie.

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Sì, proprio quelli del tipo che il grande maestro Eduardo De Filippo, nel film “L’oro di napoli”, propone ai propri amici e discepoli per distruggere la boria del Duca Alfonso Maria di S.Agata dei Fornàri, un immaginario e arrogante nobiluomo del quartiere popolare della Sanità. Secondo Eduardo bastava un pernacchio, rigorosamente maschile, come quello che propone agli astanti, per farlo così sentire “la schifezza della schifezza della schifezza della schifezz‘e ll’uommini”.
Una vendetta totale, ma di una leggerezza sublime, nel più pieno spirito napoletano.

Pompei Parco Archeologico e Marijuana

Noi quindi lasciamo con leggerezza al lettore decidere e individuare il soggetto destinatario del coro di pernacchi provenienti dalle rive umide del Sarno, lungo le quali è ubicato il Polverificio Borbonico, cui occorre dedicare qualche rigo.
Il fabbricato monumentale, di impronta formale vanvitelliana, più noto generalmente come “Istituto per i Tabacchi” dista dagli Scavi di Pompei circa un chilometro o poco più, pur essendo parte del Territorio di Scafati, cioè anche parte terminale estrema occidentale della ’Provincia di Salerno.

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L’Istituto per i Tabacchi, anzi l’ex Istituto Sperimentale per il Tabacco di Scafati, poi divenuto “Unità di ricerca per le Colture Alternative al Tabacco CRA-CAT”, penetra come un cuneo nel territorio di Pompei, portando il suo alto muro perimetrale a pochissima distanza dal Centro Commerciale della Cartiera di Pompei, quindi a poche centinaia di metri dal centro Città di Pompei.

Il grande Polverificio fu costruito per volere strategico di Ferdinando II di Borbone, alla metà dell’Ottocento, quando fu rettificato il percorso del Sarno da Scafati al Mare, attraverso le campagne di quella che era allora ancora chiamata Valle di Pompei.

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Infatti la Pompei nuova non esisteva ancora ed era rappresentata da un modesto numero di case e palazzi raggrumatisi lungo la Via Regia per le Calabrie intorno al crocevia formato dalla stessa via Consolare con un’altra strada che da Castellammare portava a Nola. Era in pratica e in nuce l’odierno centro urbano di Pompei.

La notizia della scoperta di una vera e propria piantagione di marijuana in un’area di proprietà demaniale concessa del Parco Archeologico di Pompei, e quindi nella gestione diretta di esso, ha infatti dell’incredibile e del grottesco. Diciottomila piante non si piantumano e coltivano così facilmente, senza una rete di connivenze e colpevoli incurie. E poi, nel cuore di una proprietà Statale.

Pompei Parco Archeologico e Marijuana

 

Per chi ha memoria vigile, non si sono ancora spenti gli echi del treno/tram su monorotaia che baldanzosamente annunciava il Direttore del parco Archeologico Osanna per risolvere il collegamento tra gli Scavi Pompeiani e il Polverificio borbonico da trasformare in un grande Museo all’aperto, lungo le rive del Sarno.

Ma, forse, l’oggi megadirettore dei Musei Italiani dimenticava, o non sapeva, che la strada ferrata ex FFSS, con la stessa Stazione di Pompei Scavi, ora coinvolta nella questione all’ordine del giorno dell’HUB desaparecido, risale all’epoca borbonica della Ferrovia Napoli-Portici e del suo prolungamento verso Nocera, della seconda metà dell’Ottocento. E non sapeva che la linea ex FFSS costeggia la grande tenuta agraria del Polverificio Borbonico. Quindi perché una monorotaia?

Forse perché un collegamento bello e pronto non interessava nessuno in tempi di vacche grasse di fondi europei? E perché non allocare nel Polverificio borbonico scafatese e nella sua vasta tenuta il Museo Pompeiano e quello dell’ager pompeianus, che proprio sulla riva destra del Sarno arrestava i propri confini, anche in antico?

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Forse perché la Reggia di Quisisana, radicata sui monti lattari e alle porte della Penisola sorrentina, a qualcuno è sembrata più idonea ad accogliere le vestigia archeologiche, profondamente, geograficamente e storicamente Vesuviane, di Pompei e del suo territorio antico?

Prima di chiudere, però, ancora una volta dobbiamo dare atto all’azione magistrale dell’Ufficio Stampa del Parco Archeologico, certamente il miglior prodotto degli anni di Osanna, il quale gia’ nella contr’ora dell’Otto di Luglio ha dato la notizia con il titolo: Polverificio borbonico – intervento Carabinieri di Pompei, addirittura prima dell’Ansa, che ha dato la notizia soltanto quattro ore dopo verso le ore diciotto.

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Senza stare a porci troppi altri perché, rileviamo che in un imbarazzato comunicato il nuovo Direttore del Parco pompeiano Zuchtriegel si limita a ringraziare i Carabinieri di Pompei e ad annunciare, tra il poco altro, che: “L’intervento dei Carabinieri è di fondamentale sostegno ai progetti di sviluppo che il parco sta portando avanti per la riqualificazione di tutta l’area. Proprio in questi giorni è stata avviata una procedura per affidare importanti lavori di riqualificazione del verde, finalizzati alla riapertura al pubblico di parte del complesso come parco.”

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E infatti, il Sindaco di Pompei Lo Sapio in un incontro Stampa del giorno successivo ha annunciato per Ottobre 2021 la apertura di un vasto varco nel perimetro murario del lotto del Polverificio borbonico, che concretamente aggancerà alla realtà pompeiana la sua presenza immanente, ma finora remota e inavvertita dai Pompeiani.
Notizia oggettivamente consolante che dovrebbe autorizzarci a sperare in un diverso futuro per il Polverificio di Scafati. Meno vergognoso.

Federico F. I. Federico

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