Napoli. Compirà 18 anni il prossimo settembre ma A. C. per il pm Nicola Ciccarelli della Procura presso il Tribunale dei Minori di Napoli é già una “pasionaria criminale in erba”. Nei suoi confronti è stato disposto un decreto di fermo perchè accusata di porto e detenzione illegale di arma da fuoco e concorso in una “scorribanda armata”. In pratica è lei l’ispiratrice della stesa avvenuta la notte tra il 18 e il 19 marzo scorso con la quale si seminò il panico in piazza Trieste e Trento, nel salotto di napoli a pochi passi dalla Prefettura. Con lei sono stati fermati il suo fidanzato Alessio Bossis da Volla, aspirante boss per conto del clan Minichini de Luca Bossa di Ponticelli nel comune di Volla dove appunta abita. E ancora Carmine Pecoraro, Angelucci Fabio e Ciro Postiglione, tutti legati al clan di Ponticelli e abitanti alla periferia Orientale di Napoli tranne Postiglione che è originario dei Quartieri Spagnoli. La stesa o meglio la sparatoria, che aveva suscitato l’indignazione popolare per come si era sviluppata e per i danni che aveva causato, era nata per un futile motivo. La solita lite tra baby criminali avvenuta la sera prima sempre in piazza Trieste e Trento e nella quale aveva avuto la peggio proprio Alessio Bossis. A fare fuoco con una pistola a salve contro di lui era stato V. D. A. cugino della ragazza e tra l’altro anche lui, secondo quanto lei stessa racconta nelle conversazioni intercettate, un altro baby boss “che comanda ai Quartieri Spagnoli”. Il gruppo organizza la vendetta immediata e pensano di andare a sparare sotto casa di colui che aveva fatto fuoco con una pistola a salve contro Alessio Bossis. La pianificazione dell’intimidazione è a carico della ragazza che essendo della zona va con Ciro Postiglione ai Quartieri e indica allo stesso il “balcone al secondo piano” dove devono sparare. La notte dell’attentato il gruppo parte da Volla e dal Conocal e si dirige al centro di Napoli. Il gruppo verso le 20,30 viene anche fermato dalla polizia proprio in piazza durante un controllo ma poi dopo le identificazioni vengono lasciati andare. L’aspirante boss Alessio Bossi nel frattempo ha deciso che all’una di notte si deve compiere l’attentato contro colui che gli aveva sparato contro e che il segnale in codice doveva essere “mamma sta a casa” oppure ” mamma non sta a casa”. E così quando passate le 1,30 di notte l’obiettivo indicato non è ancora tornato a casa il gruppo decidere di attuare il “piano b” e di andare in piazza Trieste e Trento dove presumibilmente si trova il loro obiettivo. Quello che accadde pochi minuti dopo è stato nei giorni scorsi all’attenzione di tutti a Napoli. Ma le indagini lampo dei carabinieri hanno consentito di individuare tutti i componenti del commando sebbene abbiano utilizzato comunque un linguaggio in codice nel corso delle telefonate e dei dialoghi intercettati anche nell’auto di Postiglione. Tanto che l’aspirante boss Alessio Bossis si è vantato durante delle telefonate intercettate di aver fatto “dieci volte peggio” rispetto a quello che gli era capitato, e che era andato fino a casa di quel soggetto che abitava al secondo piano ed era anche andato a bussarlo quella notte e non lo aveva trovato per “portargli i confetti”.
Rosaria Federico
Articolo pubblicato il giorno 28 Marzo 2019 - 22:43 / Cronache della Campania