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Mercantile dirottato dai migranti ora sotto il controllo della Marina maltese

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E’ arrivato nelle acque territoriali maltesi il mercantile El Hiblu 1, la nave dirottata dai migranti che aveva soccorso nel Mediterraneo e che stava riportando in Libia. Dai servizi di monitoraggio in tempo reale del traffico marino emerge che l’imbarcazione ha superato la fascia contigua delle 24 miglia nautiche dalla costa e si sta dirigendo verso Malta. La nave, di proprieta’ di una compagnia turca ma battente la bandiera dello Stato oceanico di Palau, era partita dalla Turchia con un equipaggio prevalentemente turco. Dei 108 migranti che ha salvato davanti alle acque territoriali turche, 77 sarebbero uomini e 31 donne e bambini, hanno riferito fonti del governo maltese. Una portavoce del governo delle forze armate della Valletta aveva fatto sapere che alla nave non sarebbe stato consentito di entrare nelle acque maltesi.

La questione migranti quindi torna prepotentemente in cima all’agenda italiana ed europea. Il Mercantile Elhiblu I, con a bordo 108 persone salvate da un naufragio nello specchio d’acqua della Libia, a sei miglia da Tripoli ha deviato inaspettatamente verso il Nord. Il dirottamento sarebbe stato ‘imposto’ dai migranti, che non volevano far ritorno nel Paese nordafricano. Non sono naufraghi, ma “pirati”, ha sostenuto ieri lapidario il ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Il vicepremier brandendo in diretta Facebook dal suo ufficio del Viminale una cartina. La usa per indicare il punto in cui si trova la nave, quando è ancora a metà strada tra Lampedusa e Malta. “L’Italia scordatevela”, avverte. Per lui, le operazioni di soccorso non c’entrano più: “Questa è la dimostrazione evidente che si tratta di traffico di esseri umani. Un atto di delinquenza, di criminalità organizzata. E le acque italiane sono precluse ai criminali”, dice, scrivendo un enorme ‘No’ sulla mappa con una Bic blu.Intanto, per lui, i guai giudiziari potrebbero non essere finiti. Perché la vicenda della Sea Watch rischia di trasformarsi in un nuovo caso Diciotti. A gennaio scorso la nave dell’ong tedesca, dopo aver soccorso in acque italiane 47 migranti, ha dovuto attendere per giorni prima di poter attraccare nel porto di Catania. Nel fascicolo della procura di Roma, le contestazioni si sono aggravate e nell’inchiesta contro ignoti – inizialmente aperta per omissione di atti di ufficio – si ipotizza, di nuovo, il reato di sequestro di persona. Saranno le procure siciliane a dover valutare se esistono gli estremi perché il dossier passi nelle mani del tribunale dei ministri. Sul fronte europeo, l’Unione decide di prolungare di sei mesi la missione Sophia, fino a settembre 2019, sospendendo però temporaneamente il dispiegamento dei mezzi di salvataggio al largo della Libia. E lascia irrisolto il nodo degli sbarchi. “L’operazione è navale. È chiaro che senza mezzi marittimi non potrà più eseguire efficacemente il suo mandato”, osserva un funzionario europeo.Ma il Mediterraneo, senza navi di soccorso, rischia di diventare un cimitero ancora più affollato. A gennaio, la capitaneria di porto di Barcellona aveva negato a tre navi dell’Ong Proactiva Open Arms il permesso di lasciare il porto catalano per raggiungere il Mediterraneo Centrale e proseguire nell’attività di ricerca e soccorso delle vite dei naufraghi, in arrivo dalla Libia. Intervistato dalla tv spagnola laSexta, Papa Francesco è durissimo. Tenere ferme le navi è un’ingiustizia, afferma: “Perché lo fanno? Per farli annegare?”.

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