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Finti chirurghi trapiantavano capelli in clinica: smascherati dai Nas

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Falsi chirurghi ‘specializzati’ in trattamenti anti-calvizie. A smascherarli il Nas di Milano che, a conclusione di una complessa attività investigativa finalizzata al contrasto dell’esercizio abusivo della professione medica, ha deferito sette persone in stato di libertà. Tre degli indagati, si legge in una nota dei carabinieri, sono un medico chirurgo, il legale rappresentante e il direttore sanitario di una clinica di lombarda, accusati di aver consentito ad altre quattro persone, in forze presso la stessa struttura, di esercitare abusivamente la professione sanitaria di medico chirurgo benché non avessero mai conseguito il necessario titolo di studio. In particolare, i quattro sedicenti medici “si erano specializzati nell’estrazione e nell’innesto di bulbi piliferi per il trattamento delle calvizie”. Un episodio “gravissimo”, stigmatizza il Codacons, “che ancora una volta colpisce l’ambiente della sanità lombarda, che sembra non trovare pace in questo periodo. Presenteremo nomina di parte offesa nel procedimento penale e ci costituiremo parti civili, al fine di tutelare gli interessi e i diritti dei consumatori e dei cittadini della Lombardia danneggiati da questi comportamenti illeciti”.

Anche il Nas di Genova ha deferito una persona per esercizio abusivo di una professione legata al mondo della sanità. In questo caso il reato è stato accertato durante l’ispezione di uno studio di agopuntura. I carabinieri hanno scoperto che il titolare della struttura eseguiva attività di agopuntura dopo aver preso visione di esami diagnostici dei clienti, “calibrando quindi il proprio operato in una vera e propria azione curativa, per lo somministrazione della quale non aveva mai conseguito titoli di studio presso atenei italiani”. Il Nas di Salerno, invece, a conclusione di una serie di accertamenti sulle apparecchiature utilizzate presso il reparto di Radiologia di un ospedale della provincia di Benevento, ha deferito una persona in stato di libertà. Le verifiche hanno appurato che l’indagato, nella sua qualità di direttore generale della struttura, aveva omesso di approntare i programmi di garanzia di qualità e di valutazione della dose/attività somministrata ai pazienti mediante le apparecchiature radiografiche in uso nel reparto.

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