Patto politica-camorra a Scafati, Luigi Ridosso jr: “Giovane fragile, sono stato raggirato da Alfonso Loreto”

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Scafati. “Ammetto le mie responsabilità così come riportate nell’ordinanza di rinvio a giudizio”: in un foglio, scritto in stampatello, Luigi Ridosso jr ammette le sue colpe. Tutte. Il figlio di Salvatore Ridosso fa il ‘mea culpa’ nel processo che si sta celebrando dinanzi al giudice per le udienze preliminari Emiliana Ascoli per scambio di voto politico-mafioso e estorsione. Nessun distinguo, il pregiudicato già condannato per estorsione e usura per aver parte del clan Ridosso-Loreto fa un’ammissione di colpa totale, senza scendere nei particolari di accuse che coinvolgono insieme a lui l’ex sindaco Angelo Pasqualino Aliberti e la moglie Monica Paolino per quanto riguarda un patto tra politica e criminalità organizzata. L’unico distinguo del giovane è per il fratello Andrea, imputato anch’egli nel processo che si sta celebrando dinanzi ai giudici di Nocera Inferiore: “Voglio precisare per amore della verità e per rispetto della giustizia che mio fratello Ridosso Andrea è totalmente estraneo sia alle vicende da me condotte che nei contesti malvitosi, il mio rapporto con mio fratello era basato solo da consigli di fratello maggiore e mai l’ho coinvolto nei miei affari illeciti”.
Luigi Ridosso, oggi 32enne, si concede l’attenuante di aver vissuto una vita difficile, e nella lettera manoscritta depositata agli atti del processo con rito abbreviato, nel quale il pm Vincenzo Montemurro ha chiesto per lui 5 anni di reclusione spiega – in poche righe – perchè è diventato un malavitoso, riversando sulle ‘cattive frequentazioni’ i suoi guai giudiziari e ogni parola assume un significato pesante. “Frequentavo l’allora amico Loreto Alfonso – scrive Luigi Ridosso jr – di cui mi lasciavo facilmente influenzare sia per il suo carisma e sia dal cognome che portava”.
Il pregiudicato, ritenuto uno dei capi della cosca scafatese, sostiene – in qualche modo – di essere stato ‘raggirato’ dal pentito, figlio di Pasquale Loreto seguendolo senza essere a conoscenza delle cose che faceva l’ex amico perchè ‘con astuzia e furbizia non mi faceva capire nulla’.
Il pregiudicato si descrive come un giovane psicologicamente ‘fragile’ in quanto ‘da piccolo ho perso mio padre’. Luigi Ridosso jr (omonimo del cugino figlio di Romolo) aveva 16 anni quando il padre Salvatore ‘piscitiello’ fu ucciso in un agguato in via Pasquale Vitiello, ma le cronache giudiziarie degli anni a venire che hanno ricostruito il contesto nel quale si era scatenata una faida tra i Ridosso e i Muollo lo descrivono già come un ragazzo pienamente inserito nel contesto criminale scafatese. Ed è egli stesso a scrivere al giudice: ‘Non cerco giustificazioni e ne scuse in tutto quello che ho fatto, ma quando meno – scrive in un italiano approssimativo – può servire a comprende come un ragazzo molto giovane, senza padre e con una mamma e altri fratelli in seri disagi per sopravvivere. Inoltre sono sposato e padre di un figlio di tenera età”.
Quale sia il senso delle sue ammissioni e quali vantaggi ne riceverà è presto dirlo, nel frattempo, Ridosso sostiene di aver compreso che ‘la cosa più giusta è il rispetto delle leggi e la correttezza della vita sociale e lavorativa’. Detto in questo modo sembra che il periodo passato in carcere da Ridosso abbia assolto alla funzione ‘rieducativa’ alla quale le strutture carcerarie sono deputate, ma per la seconda volta nelle poche righe lasciate al giudice l’unico imputato al quale il pregiudicato rivolge delle colpe è il pentito che lo accusa: Alfonso Loreto. “In questo procedimento Loreto Alfonso mi ha rivolto delle accuse, non posso escludere che sia responsabile visto che il Loreto si lasciava accompagnare ovunque andava e quindi abbia potuto coinvolgermi anche in questo”. Ridosso, dunque, si descrive come un soggetto passivo rispetto alle accuse che gli vengono rivolte, una ricostruzione che mal contrasta con quanto emerso nel corso delle indagini e in particolare con i suoi assidue e frequenti rapporti con imputati nel processo per scambio di voto come Ciro Petrucci, ex vicepresidente dell’Acse, ritenuto l’uomo voluto dal gruppo criminale come referente e punto di riferimento nella società pubblica del Comune di Scafati per ottenere appalti e benefici. Nessun cenno nel manoscritto all’ex sindaco, alle campagne elettorali del 2013 e del 2015, alla riunione elettorale organizzata per Monica Paolino, candidata alla Regionali, presso la zia Anna Ridosso, alla quale – emerge dalle indagini – Luigi Ridosso jr ha partecipato attivamente.
Infine, il pregiudicato – recluso nel carcere di Salerno – rivolgendosi al giudice Emiliana Ascoli che dovrà emettere la sentenza nei suoi confronti chiede scusa e perdono ‘alla sua collega dottoressa Zambrano che in riferimento alla sentenza del 3 maggio non ho avuto il coraggio di ammettere le mie responsabilità dove in realtà ero colpevole”. E spiega: “Non volevo offendere la sua intelligenza, ho avuto un momento di disagio dovuto alla mia timidezza e vergogna di ciò che avevo fatto”. Si dilunga in lodi per il giudice che lo ha condannato e rinnova le sue scuse e perdono ‘alla giustizia e alle persone che ho danneggiato” e conclude rimettendosi alla ‘clemenza’ del giudice. Finisce con questa richiesta di clemenza la lettera ‘pentimento’ di Luigi Ridosso che verrà giudicato lunedì per i reati di voto di scambio politico-mafioso e estorsione. Ridosso è ritenuto uno dei promotori del gruppo criminale Ridosso-Loreto che ha fatto un patto con una parte della classe politica scafatese, quella legata ad Angelo Pasqualino Aliberti, ed in cambio di voti veicolati dai suoi accoliti ha ottenuto promesse, appalti e incarichi nella pubblica amministrazione. Luigi Ridosso è accusato di aver imposto, attraverso l’imposizione di lavori di pulizia in alcune industrie conserviere, tangenti agli industriali. Reati che ‘non esclude’ di aver commesso, ma di cui ammette ogni responsabilità in virtù della speranza della ‘clemenza’ del giudice e della scarcerazione dal carcere per la quale ha ottenuto il parere positivo del pubblico ministero nell’udienza in cui ha mostrato il suo ravvedimento ‘spirituale’.
Rosaria Federico


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