Il boss Antonio Polverino, a capo del potente clan napoletano che porta il suo nome, latitante da sette anni, e’ stato individuato e catturato poco fa a Cassino dai carabinieri del reparto investigativo di Napoli. Il capoclan era latitante dal 2011 e deve scontare 24 anni di reclusione per associazione camorristica, traffico di droga e estorsione aggravata dal metodo mafioso. Polverino e’ stato rintracciato in un casolare. Non era armato e si e’ fatto ammanettare senza alcuna resistenza.
Papa Francesco incontra gruppo di bambini malati della Terra dei fuochi
Prima di entrare in piazza San Pietro, questa mattina per l’udienza generale, Francesco ha voluto stringere a sé e benedire venticinque bambini di Napoli malati di leucemia e di tumore, sostenuti dall’associazione “Angeli guerrieri della terra dei fuochi” e accompagnati dai loro familiari. Il Papa li ha accolti nell’aula Paolo VI, in modo che non prendessero freddo. “Un gesto delicatissimo e paterno – dice Concetta Zaccaria, responsabile dell’associazione, all’Osservatore romano – anche perché due bambini hanno appena subito il trapianto del midollo e altri sono fortemente indeboliti dalle cure contro la malattia”. Tutti hanno preparato un piccolo dono per Francesco. Ma “il regalo più grande – riconosce Concetta – ce lo ha fatto lui dandoci la forza per continuare a lottare”. La donna non nasconde che “nell’incontro con il Papa i ragazzi e le loro famiglie ripongono enormi speranze per trovare il coraggio di continuare ad affrontare la battaglia”. Da parte nostra, aggiunge, “cerchiamo di star loro vicino e con noi si danno da fare tanti genitori che purtroppo hanno visto morire i loro figli, in una terra tristemente nota dove lo scempio ambientale miete ogni giorno nuove vittime, soprattutto tra i più piccoli”
Napoli. Si uccide paziente della Sir di via Padula
“All’alba di quest’oggi si e’ suicidato un paziente ospite della Sir di via Padula, struttura pubblica dell’ASL Na 1 che ricade nell’Unita’ Operativa di Salute Mentale (Uosm) 24”. E’ quanto fa sapere, attraverso una nota, Francesco Maranta, portavoce Forum Diritti e Salute. Maranta, ricorda che, il nuovo direttore della struttura, appena insediato, “fu costretto a far intervenire i Vigili del Fuoco perche’ c’erano alcune stanze fatiscenti. Una struttura che – dice ancora il portavoce del Forum Diritti e Salute – l’Asl Napoli 1 ha in affitto da un privato da oltre 20 anni pagando oltre diecimila euro al mese. Una struttura decentrata dal territorio di competenza dell’Uosm 24, che costringe pazienti di San Ferdinando, Chiaia, Posillipo, Capri e Anacapri spostarsi a Chiaiano”. “In Campania – conclude Maranta – la salute mentale non ha mai raggiunto livelli cosi’ bassi. Inoltre il presidente De Luca ha avviato un processo di accorpamento, da 10 a 5 Uosm, che significa un cerchio piu’ ampio di sofferenti da curare con minore personale. La responsabilita’ di una sanita’ pubblica inefficace lo dobbiamo al presidente De Luca”.
Droga negli slip, arrestato a Chiaia un giovane di 25 anni
Napoli. Droga negli slip: gli agenti della Polizia di Stato del Commissariato San Ferdinando hanno arrestato Valentino De Matteo, napoletano di 25 anni, accusato di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.
I poliziotti hanno effettuato un’indagine antidroga che ha consentito di rintracciare il 25enne ieri pomeriggio in vico Vasto a Chiaia. In un monolocale adibito a B&B, presso cui il De Matteo era domiciliato, i poliziotti gli hanno rinvenuto indosso, nascoste negli slip, diverse dosi di droga: 17 bustine di marijuana per un peso di 12 grammi; 8 dosi di cocaina per un peso di 2 grammi; 28 grammi di hashish. Il giovane è stato arrestato e condotto presso la Casa Circondariale di Poggioreale.
Secondigliano, contrabbandiere di sigarette inseguito e arrestato dalla Polizia
Napoli. Gli agenti del Reparto Prevenzione Crimine Campania hanno arrestato Antonio De Stefano, napoletano di 47 anni, responsabile del reato di detenzione di Tle e resistenza a pubblico ufficiale.
Ieri pomeriggio, sul Corso Secondigliano gli agenti hanno incrociato un’auto appena uscita da via Vecchia Roma la quale ha immediatamente tentato di allontanarsi per evitare di essere controllata. Ne è nato un inseguimento sul corso Secondigliano in direzione piazza di Vittorio terminato su via Calata Capodichino. Qui l’autista ha cercato di fuggire a piedi ma gli agenti sono riusciti a bloccarlo. Nella macchina il De Stefano trasportava 3000 pacchetti di sigarette di provenienza moldava contenuti in sei casse per un peso totale di 60 kg. Stamani l’uomo è stato condannato a due anni ed otto mesi di reclusione presso la Casa Circondariale di Poggioreale e sanzionato con 50mila euro di multa.
Napoli, picchia e rapina un giovane a Porta Nolana: arrestato un nigeriano
Napoli. Un 21enne nigeriano, Itadon Collins, è stato arrestato rapina aggravata in concorso ad altra persona in fase di identificazione nonché, denunciato per lesioni gravi. I poliziotti dell’Ufficio Prevenzione Generale, sono intervenuti poco dopo le 16 di ieri, in C.so Garibaldi angolo Porta Nolana, dove era stata segnalata una rissa tra extracomunitari. Gli agenti appena giunti hanno notato diversi uomini che si stavano azzuffando tra loro, uno di questi aveva tra le mani una banconota da euro 50 e contestualmente picchiava un altro uomo che si trovava in terra. Prontamente intervenuti, i poliziotti, riuscivano a bloccare il 21enne che poco prima aveva tra le mani i soldi e che alla vista della pattuglia li aveva dati ad un suo complice che riusciva a dileguarsi. La vittima, è stata soccorsa e condotta in ospedale dove è stata medicata e successivamente dimessa con una prognosi di 30 giorni. I poliziotti hanno accertato che il 21enne, unitamente al complice, che è riuscito a far perdere le sue tracce con i soldi, avevano aggredito la vittima per rapinarlo di quella banconota. Il nigeriano è stato arrestato e condotto a Poggioreale.
Castellammare. Nasce un’associazione di donne per la salvaguardia e la tutela delle micro, piccole e medie imprese
Un’associazione di sole donne per la salvaguardia e la tutela delle micro, piccole e medie imprese. Federaziende apre in provincia di Napoli, più precisamente a Castellammare di Stabia. Avrà infatti sede qui la sezione provinciale dell’organizzazione datoriale in rosa.
A farsene carico un direttivo esclusivamente al femminile, a segnare un’inversione di tendenza, come spiega la presidente di Federaziende Napoli Carla Del Prete: “L’obiettivo è di essere vicini a tutte le piccole e medie imprese, partendo ove possibile dal contesto ‘rosa’. Vicini dunque alle imprenditrici, come alla forza lavoro, ma anche alle compagne degli imprenditori, determinanti per il buon andamento dell’azienda grazie alla capacità di fare sintesi tra aspetto lavorativo e familiare”.
In poche settimane Federaziende Napoli ha raccolto quasi 500 adesioni, a dimostrazione della qualità dell’offerta proposta. Un numero destinato a crescere sotto la spinta del lavoro svolto dallo staff, che si compone fra le altre del vicepresidente Sofia De Luca e della segretaria Carmen Manuela Melisse.
La struttura conta poi su un comitato di presidenza composto da professioniste, imprenditrici e altre figure di rilievo del contesto sociale del territorio napoletano. Donne che hanno voluto dare un contributo concreto a questo importante ed innovativo progetto.
Il primo appuntamento è l’apertura della sede, in programma sabato 27 gennaio alle 18: al taglio del nastro in via Cosenza 53 a Castellammare di Stabia hanno dato la loro adesione personalità del mondo politico, culturale ed imprenditoriale dell’hinterland partenopeo e dell’area vesuviana. Sarà l’occasione per spiegare le tante iniziative in programma per dare slancio all’azione di Federaziende imprenditori Napoli.
Tra queste la costituzione dello sportello permanente di ascolto gestito da una psicologa: “Sarà il luogo – spiega Sofia De Luca – per aprirci alle problematiche legate alle piccole e medie imprese, ovviamente in un’ottica ampia e senza distinzione tra uomini e donne”. “Le prime segnalazioni di mobbing e molestie, oltre alla notoria difficoltà delle donne imprenditrici – le fa eco Carmen Manuela Melisse – ci spingono a tenere alta l’attenzione sulle problematiche più sommerse ma allo stesso tempo più inquietanti del mondo del lavoro”.
Il resto lo faranno i programmi, che Federaziende illustrerà sabato 27: “Mettere al centro il benessere all’interno dei luoghi di lavoro – conclude Carla Del Prete – è il primo obiettivo del nostro operato. Un lavoro che, nella nostra ottica, sarà portato avanti in sinergia con i suggerimenti che ci giungeranno dalle imprese di riferimento”.
Autostrade: A3, riduzione carreggiata tra Cava de’ Tirreni e Salerno
Autostrade Meridionali comunica che sulla A3 Napoli-Pompei-Salerno, nel tratto compreso tra Cava De’ Tirreni e Salerno, al km 51+550, e’ presente un cantiere di manutenzione straordinaria del viadotto “S.Eremita”, che interessa la carreggiata sud verso Salerno. Al fine di assicurare le migliori condizioni di sicurezza e per agevolare la circolazione, sono state adottate le opportune misure per contenere il piu’ possibile la durata del lavoro, il cui termine e’ previsto entro la fine del mese di marzo p.v. Per tutta la durata del cantiere, e’ prevista una riduzione di carreggiata, da due ad una corsia, con interdizione al traffico della corsia di marcia lenta. Saranno, pertanto possibili tempi di percorrenza superiori alla norma nei seguenti orari dei giorni settimanali: -dal lunedi’ al giovedi’: dalle ore 07:00 alle ore 10:30; -dal venerdi’ alla domenica: dalle ore 17:00 alle ore 22:00 In previsione di un possibile incremento dei tempi di attesa in corrispondenza dell’entrata della stazione autostradale di Cava De’ Tirreni, si consiglia, per chi e’ diretto verso Salerno, di entrare in A3 alla stazione di Salerno. Le eventuali turbative alla circolazione o le chiusure del tratto interessato dai lavori saranno tempestivamente segnalate attraverso i pannelli a messaggio variabile e tramite tutti i canali informativi disponibili.
Migranti: proteste ospiti centro a Benevento per trasferimento
Il centro di accoglienza non e’ idoneo e 27 migranti sovranno essere trasferiti in altre strutture. Ma gli ospiti del centro ‘Damasco 9′ di contrada Ponte delle Tavole a Benevento non accettano la decisione e protestano. E’ accaduto questa mattina e soltanto l’intervento della polizia ha placato gli animi. Il centro che ospitava fino a oggi richiedenti asilo venuti dal Ghana, dalla Nigeria, dal Mali e dalla Costa d’Avorio, e’ stato sottoposto a una verifica da parte degli ispettore del ministero dell’Interno. Sono state riscontrate carenze gravi sotto il profilo igienico sanitario e sono stati revocati i permessi am responsabile.
Arzano, 16enne morto sui binari, il padre: “E’ stato lanciato”
Arzano. Dolore e incredulita’ tra i familiari di Ciro Ascione, il 16enne di Arzano il cui corpo senza vita e’ stato rinvenuto a margine dei binari poco prima della stazione di Casoria. Un giallo in piena regola, con la Procura di Napoli Nord che pende per l’ipotesi dell’incidente o per quella piu’ grave dell’omicidio, mentre viene escluso che Ciro possa essersi suicidato. Un’ipotesi, quest’ultima, che lo zio dell’adolescente, Marco Capuano, fratello della madre, allontana categoricamente. “Ciro non si e’ suicidato – dice – lo escludo nella maniera piu’ assoluta. Non aveva alcun problema, e non gli mancava nulla. Aveva anche una fidanzatina, ed era molto felice per questo, spesso ci parlava al telefono sul divano, era sempre allegro”. Sabato pomeriggio, Ciro era uscito di casa proprio per incontrare la ragazza; i due avevano preso appuntamento in pieno centro a Napoli, in via Toledo, e si erano poi separati verso le 20.45. Da li’ Ciro ha raggiunto piazza Garibaldi, dove ha sentito telefonicamente i genitori che lo stavano aspettando alla stazione di Casoria; una telecamera lo ha ripreso proprio mentre entrava in stazione e passava davanti alla libreria Feltrinelli. Il giovane ha poi preso il treno delle 21.22 Napoli-Caserta, che fermava appunto a Casoria. “Non riusciamo a spiegarci cosa sia potuto accadere – prosegue lo zio – i genitori conoscevano bene anche tutti gli amichetti di Ciro, poi non sappiamo se abbia fatto altre amicizie; di certo, se ha conosciuto altri ragazzi, non ce lo ha detto. Ma comunque non ha mai detto di avere problemi con altri ragazzi”. Sul caso indaga la Squadra Mobile di Napoli. “Dalla magistratura e dalla Polizia ci aspettiamo che indaghino senza lasciare nulla al caso. Mi chiedo pero’ anche come mai nessuno, tra quelli sul vagone, abbia visto dei ragazzini che magari litigavano, o un gruppo di ragazzi che cercavano di rapinare Ciro. Ho sentito anche che qualcuno ipotizza un incidente, un malfunzionamento delle porte, ma e’ un’ipotesi cui credo poco. Determinanti saranno le dichiarazioni di testimoni, perche’ sono sicuro che qualcuno ha visto quello che e’ accaduto. Per cui il mio appello – conclude Capuano – e’ che chi ha visto collabori con le autorita’, anche in forma anonima, per aiutarci a comprendere il perche’ della morte cosi’ orribile di un ragazzo che non ha mai fatto del male a nessuno”. Sulla stessa lunghezza d’onda dello zio anche il padre del ragazzo, a “Chi l’ha visto News ha esclude categoricamente l’ipotesi di suicidio: “Dicono che mio figlio si e’ lanciato dal finestrino – spiega l’uomo -. Mio figlio non era un ragazzo che aveva dei problemi. Ciro non aveva nessun motivo per suicidarsi”.
Penisola Sorrentina. Ritrovati i due fidanzatini scomparsi ieri
Sono stati ritrovati i due fidanzatini scomparsi nella giornata di ieri. In tarda mattinata è arrivata la notizia che tutti attendevano con ansia. Federico Coppola e Michela Gambardella pare stiano bene e stiano per fare rientro nelle proprie case. I due, secondo le prime informazioni ricevute, sono stati rintracciati da alcuni compagni di scuola. Erano a Napoli e ora sono in treno per il rientro in Penisola. I due erano usciti ieri con gli amici e poi non hanno fatto più rientro a casa facendo perdere le proprie tracce. La loro foto è stata condivisa da centinaia di persone, circolando nel breve tempo possibile grazie ai social network. Si è temuto il peggio, fortunatamente si è trattato di una bravata che ha gettato nell’ansia le famiglie e tutta la comunità cittadina dove i ragazzi risiedevano.
Castellammare. Avvistato Luca Abete per le vie del centro
Castellammare di Stabia. Luca Abete, celebre volto di Striscia la Notizia, questa mattina è giunto a Castellammare di Stabia per girare un servizio video che andrà in onda, molto probabilmente, tra stasera e domani. Abbiamo intercettato Luca e ci ha anticipato il tema del suo servizio che sarà il contrabbando dei datteri di mare. Una vera e propria “battaglia” quella intrapresa dall’inviato del telegiornale satirico contro la pesca dei datteri. “La mia battaglia contro il contrabbando di datteri di mare. Pescare datteri di mare vuol dire distruggere gli scogli in cui vivono, per questo ne è vietata sia la pesca che la vendita – ha dichiarato già in precedenza Abete. In alcune pescherie, con la tecnica della prenotazione e dello smercio sottobanco, però, vengono contrabbandati senza scrupoli. In una poi li abbiamo trovati addirittura esposti in bella vista”. Un tour per il centro città, molti abitanti si sono fermati, alcuni si sono fatti intervistare, altri sono riusciti a “strappare” un selfie con un volto della televisione italiana divenuto ormai famoso. Il fenomeno del commercio abusivo dei datteri di mare nel comprensorio è frequente, lo dimostrano i numerosi sequestri ad opera degli agenti della Guardia Costiera.
Camorra, il pentito Scafuto: ‘La signora Moccia mi chiese di uccidere Caputo e capii che dovevo pentirmi’
Ci sono ben 16 pentiti che hanno contribuito alla operazione Leviathan che ha permesso di smantellare il nuovo clan Moccia operante nei comuni a Nord di Napoli confinati con la provincia di Caserta. Quarantacinque persone finite tra il carcere, gli arresti domiciliari e con obblighi e altri 34 indagati a piede libero. C’è la storia degli ultimi anni della camorra che ha dominato in tutti i sensi in quella fetta della provincia di Napoli nelle 736 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Tommaso Parella. Tra i 16 pentiti figura anche l’ex “senatore” Salvatore Scafuto.
Nell’interrogatorio del 5.1.2016 Scafuto ha fornito agli investigatori una chiara e lucida spiegazione della ragione per la quale i Moccia. nonostante l’enorme ricchezza accumulata nel corso del tempo ed il sostanziale disinteresse ormai per i piccoli introiti derivanti delle tradizionali attività estorsive compiute sul territorio (alla cui distribuzione nemmeno partecipavano), non potessero rinunciare ai propri affìliati: il rapporto con “la base” consentiva infatti alla “famiglia” di mantenere il controllo del territorio e di quella struttura organizzativa che, da un lato, ne legittimava il potere economico (ossia la “forza contrattuale” necessaria per il compimento “affari” di maggiore rilievo quali, ad es, appalti pubblici di rilevanti importi, aste giudiziarie, realizzazione di centri commerciali etc.) e, dall’altro, garantiva l’incolumità personale dei relativi componenti (che, diversamente, sarebbe stata messa certamente a repentaglio dall’ aggressione di nuovi gruppi criminali emergenti ovvero dalla repressione giudiziaria agevolata dalla collaborazione con la giustizia degli ex affìliati).E per questo racconta: “Con r(ferimento alle dichiarazioni da me rese ieri sul ‘incontro avvenuto con Franzese Antonio, Piscitelli Ignazio, Piscitelli Gennaro e Rullo Carmine, voglio farle capire che quel mio tentativo di aiutarli a riorganizzare le fila dell’organizzazione sui territori di Casoria, Arzano e Afragola, era stato sostanzialmente richiesto dalla famiglia Moccia, in particolare da Antonio Moccia, Luigi Moccia e dalla stessa signora lv/azza. Loro volevano che con la mia esperienza ed autorevolezza li aiutassi a controllare le attività di questa fascia di soggetti minori (c.d. pesci piccoli) che, se male gestiti, potevano solo creare problemi agli interessi superiori della famiglia Moccia che si identificano con gli appalti di rilievo, le aste giudiziarie, la realizzazione di centri commerciali e il controllo degli stessi e non certo con le estorsioni di 500 euro che potevano fare i “pesci piccoli”. Anche la gestione della droga poteva creare problemi perché in teoria il clan Moccia è contrario. Questi soldi procacciati dai soggetti minori però creano una cassa necessaria per pagare gli avvocati, i carcerati e gli stipendi agli affiliati. I Moccia non prendono i soldi da questa cassa, anzi qualche volta sono loro che li mettono i soldi in questa cassa tant ‘è vero che anche io ho contribuito a mettere i soldi in questa cassa quando la stessa non era sufficientemente piena.
Ma senza questo sistema e cioè senza la presenza sul territorio anche dei soggetti c.d. piccoli, non ci sarebbe poi la possibilità per i Moccia di esercitare il loro potere sugli interessi di maggiore rilievo. Senza questo sistema rischierebbero anche di vedere invaso il loro territorio da parte di altri clan, come stava per succedere negli anni scorsi i Sarno e come rischia di succedere con la Vinella-Grassi di Secondigliano su Arzano. E’ per questo che i Moccia hanno comunque bisogno di gestire e controllare le persone che operano sul territorio. Tornando al mio intervento, mi resi conto che non era facile fare quello che mi era richiesto, perché vi erano frizioni molto forti tra gli affiliati di un certo rilievo dell ‘organizzazione dei Moccia; in particolare, Ciro Casone si voleva
prendere Casoria e per questo aveva tentato di uccidere questo Sabatino che lei mi dice di chiamarsi Felli. Dopo ciò Sabatino si allontanò brevemente mentre Casone si è installato ad Arzano, dove poi l’hanno ammazzato. Per altro verso io mi ero prestato anche. contro voglia a questo compito, e quando poi sono iniziate le pressioni dei Moccia per uccidere Salvatore Caputo di cui ho già riferito, mi sono reso conto che l’unica via di uscita per me, non era quella di scappare, ma di collaborare con la giustizia. Dopo aver ucciso Caputo avrei rischiato di morire anche io ovvero di imbrigliarmi ancora mani e piedi con i Moccia. Ricordo in particolare che nella conversazione che abbiamo avuto a casa di mia sorella Rafelina, la signora Mazza, accompagnata da sua fìglia Teresa Moccia, mi chiese con forza di uccidere Caputo Salvatore, ribadendo che con il figlio Luigi Moccia, che secondo me era contrario per questo omicidio, se la sarebbe vista lei. Scendendo le scale, ci dicemmo reciprocamente che ci volevamo bene, e lei aggiunse con enfasi la frase “pure io te ne voglio e tu non sai quanto … … Attribuii a questa frase il significato di un suo intervento pregresso a mio favore contro cose brutte nei miei confronti. Posso pensare che si tratti anche degli attentati che ho ricevuto e di cui ho già riferito. In ogni caso ciò mi ha ulteriormente maturato la convinzione di farla finita, di non uccidere Caputo e di iniziare la collaborazione…”.
Antonio Esposito
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Catturato in Germania il latitante De Maria: uccise una ragazza in un hotel
Nella tarda serata di lunedì 22 gennaio 2018, nella cittadina di Weener (nord della Germania, confine con i Paesi Bassi), è stata data esecuzione dalle autorità di pubblica sicurezza tedesche al Mandato d’Arresto Europeo emesso nei confronti del latitante Emanuele De Maria nato a Napoli il 28.04.1990,
responsabile dell’omicidio di RACHEB Oumaima, avvenuto il 31 Gennaio 2016, in Castel Volturno, SS Domitiana Km 32+500 nei pressi dell’ex Hotel Zagarella. L’arresto, scaturito dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della Procura, è stato eseguito all’esito di una complessa attività investigativa dei militari in servizio presso la Compagnia Carabinieri di
Mondragone, grazie alla quale venivano individuati Germania e Olanda come possibili Stati in cui si rifugiava il De Maria. Sulla scorta di tale preliminare indicazione iniziava una fattiva e sinergica collaborazione con lo SCIP – Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, che a sua volta si interfacciava con gli omologhi S.I.Re.N.E. di Germania ed Olanda al fine di dar seguito alle indagini esperite dalla PG procedente. L’attività di intercettazione, intensificata nel periodo delle festività natalizie, nonché il continuo e costante scambio di informazioni tra la P.G. ed la Divisione S.I.Re.N.E. consentivano di individuare la presenza del De Maria Emanuele nel territorio della bassa Sassonia. Nello specifico, la Polizia tedesca ed olandese, per arrivare all’esatta localizzazione del De Maria, si avvalevano dell’ausilio dei rispettivi Esperti per la Sicurezza del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, i quali coordinavano le ricerche e l’attività svolta dalla Divisione S.I.Re.N.E. (Supplementary Information Request at thè National Entry) della Criminalpol con i riscontri tecnici in tempo reale della SOI – Sala Operativa Internazionale. Come sopra anticipato, l’attività di indagine, esperita nelle immediatezze dell’omicidio, aveva inizio nella serata del 31 gennaio 2016, con il sopralluogo presso l’ex Hotel Zagarella di Castel Volturno, ove veniva trovato il corpo esanime di RACHED Oumaima, cittadina di origine tunisina di soli 23 anni. Il teatro dell’evento era un luogo noto da tempo alle Forze dell’Ordine per l’assidua frequentazione di soggetti dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti nonché da tossicodipendenti e prostitute. Dalle prime dichiarazioni assunte dalla Compagnia Carabinieri di Mondragone, si identificavano, sul luogo del delitto, alcuni soggetti potenziali testimoni dell’omicidio e, in particolare, un teste chiave, cittadino extracomunitario dimorante abitualmente presso l’ex Hotel Zagarella. Questi, escusso dagli inquirenti, riferiva di essere intervenuto in soccorso della vittima subito dopo l’aggressione e di aver inseguito l’autore del reato lungo la via Domitiana fino a raggiungerlo. Nella circostanza dichiarava di aver poi desistito in quanto, raggiunto il reo, era stato da questi minacciato con un coltello. Successivamente, si giungeva all’identificazione di vari soggetti presenti presso l’ex Hotel Zagarella nell’arco di tempo compatibile con l’omicidio e si dava inizio ad una attività di monitoraggio di natura tecnica, consistente nell’intercettazione delle utenze telefoniche nonché l’intercettazione ambientale dei veicoli dei predetti.
Preziose evidenze emergevano dall’acquisizione delle immagini dei sistemi di video sorveglianza di tutti gli esercizi pubblici e/o abitazioni private presenti lungo il tragitto indicato dai testimoni quale percorso di fuga dall’omicida. Dall’analisi meticolosa dei filmati si riusciva ad individuare un soggetto compatibile con la descrizione dei testimoni, che dopo una lunga fuga a piedi sulla Via Domitiana entrava all’interno del parco denominato “Prato Verde”.
I Carabinieri di Mondragone, decidevano allora di concentrare l’attività d’indagine sulle persone residenti nel parco “Prato Verde” di Castel Volturno, all’interno del quale, tramite la scrupolosa analisi di ulteriori filmati e di elaborazioni investigative, si riusciva ad identificare il presunto autore del delitto in De Maria Emanuele. A conclusione di questa ampia, complessa ed articolata attività info-investigativa posta in essere dai Carabinieri di Mondragone, questa A.G. emetteva un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di De Maria Emanuele che non veniva eseguita in quanto il soggetto era stato dichiarato latitante. La collaborazione europea di Polizia, consentiva quindi di porre fine alla fuga del reo. In data odierna, d’intesa con l’Autorità Giudiziaria tedesca sono state avviate le pratiche di estradizione per il rientro in Italia.
Scafati, alle 12,10 Aliberti trasferito nel carcere di Fuorni. I VIDEO
Pasquale Aliberti, l’ex sindaco di Scafati, è da stamane poco dopo le 12 rinchiuso nel carcere di Fuorni a Salerno. Il politico è uscito dagli uffici della Dia salernitana che si trova a poche centinaia di metri dal penitenziario scortato due due auto. I carabinieri lo avevano prelevato in mattina dalla sua abitazione di via Aquino a Scafato dopo che la Cassazione aveva rigettato il ricorso presentato dai suoi avvocati sulla secondo decisione del Risaame di Salerno che ne chiedeva l’arresto. Questo il comunicato ufficiale sul suo arresto.
Questa mattina, la Sezione Operativa della D.I.A. di Salerno ha eseguito un provvedimento di custodia cautelare in carcere, emesso dalla Sezione del Riesame del Tribunale di Salerno, su appello ex art. 310 c.p.p. proposto da questa DDA nei confronti di:
– Aliberti Angelo Pasqualino, di Castellammare di Stabia (cl. 1971), già Sindaco del Comune di Scafati (Sa);
– Ridosso Luigi, di Castellammare di Stabia (cl. 1986), e Ridosso Gennaro, di Gragnano (cl. 1983), entrambi pregiudicati per associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsione e reati in materia di armi, attualmente detenuti, ed elementi di vertice del1’omonimo clan di camorra operante a Scafati (Sa) e Comuni limitrofi;
ritenuti gravemente indiziati di scambio elettorale politico-mafioso, in relazione alle consultazioni elettorali per il rinnovo del Consiglio Comunale di Scafati (Sa), tenutesi nel 2013.
L’odierna ordinanza, avverso la quale i tre indagati avevano proposto ricorso in Cassazione ex art. 311 c.p.p., rigettato in data odierna, scaturisce da una complessa attività investigativa condotta dalla Sezione Operativa della D.I.A. di Salerno (operazione “SARASTRA”), diretta e coordinata dalla D.D.A. della Procura di Salerno, che è stato avviato a fronte di un attentato dinamitardo occorso, ne1l’ottobre del 2014, ai danni di un componente di minoranza del Consiglio comunale di Scafati (Sa). L’atto intimidatorio in questione, infatti, è stato ritenuto, sin da subito, collegato alla significativa opposizione che il predetto Consigliere comunale aveva più volte manifestato, avverso alcuni appalti e affidamenti di servizi, per la realizzazione di opere pubbliche, conferiti da quella Amministrazione comunale.
Le relative indagini hanno consentito di raccogliere elementi utili all’emissione, nel 2015, di un decreto di perquisizione (esteso anche agli uffici del Comune di Scafati) e contestuale sequestro di documentazione nei confronti di 5 indagati (tra i quali anche Aliberti Angelo Pasqualino – Sindaco pro tempore di quel Comune e la coniuge Paolino Monica, attuale Consigliere regionale per la Campania), ritenuti a vario titolo responsabili di associazione di tipo mafioso finalizzata allo scambio elettorale politico-mafioso, abuso d’ufficio, concussione e corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, tutto in relazione alla gestione di numerose gare di appalto per la realizzazione di opere pubbliche (tra le quali, quella per la realizzazione del polo scolastico di Scafati) ed a numerosi affidamenti diretti concessi dallo stesso Ente pubblico.
L’analisi della documentazione acquisita ( gare d’appalto, gestione delle società partecipate del Comune di Scafati, delibere di Consiglio e Giunta comunale, affidamento di servizi), le risultanze delle conseguenti attività tecniche e l’esito positivo di molteplici attività di perquisizione (locale, domiciliare e telematica) hanno consentito di:
– documentare significative cointeressenze tra alcuni amministratori del Comune di Scafati e i vertici del clan camorristico “LORETO-RIDOSSO”, operante in modo egemone a Scafati e Comuni limitrofi;
– riscontare le dichiarazioni fornite, al riguardo, da collaboratori e testimoni di giustizia;
– accertare l’attuale operatività della citata consorteria criminale, mediante riscontri che portavano, nel luglio 2016, all’emissione di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto nei confronti di 4 pregiudicati, affini al clan “LORETO-RIDOSSO”, ritenuti responsabili di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Al termine delle investigazioni e sulla scorta delle significative evidenze raccolte, nel settembre del 2017, la Sezione del Riesame del Tribunale di Salerno, accogliendo l’appello del P.M. emetteva ordinanza cautelare divenuta esecutiva a seguito del rigetto del ricorso ex art. 311 c.p.p. proposto degli ai difensori.
La misura cautelare è stata eseguita nella odierna mattinata.
Al termine delle operazioni di rito, Aliberti Angelo Pasqualino è stato associato presso la Casa Circondariale di Salerno-Fuorni, mentre Ridosso Luigi e Ridosso Gennaro sono stati confermati presso i rispettivi istituti penitenziari, poiché già detenuti per altra causa.
Mondragone, minacciò e sequestrò un dipendente del padre che voleva fare una causa di lavoro: arrestato
Mondragone. Minacciò e sequestrò un dipendente del padre che voleva fare una causa di lavoro per i mancati pagamenti degli stipendi arretrati e stamane in applicazione dell’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Santa Maria Capua Vetere, è stata data esecuzione alla misura degli arresti domiciliari nei confronti di Meandro Mario, di 25 anni, indagato dei reati di violenza privata, danneggiamenti, minaccia e sequestro di
persona, e della misura dell’obbligo di dimora e di presentazione alla p.g. nei confronti del padre Meandro Michele, di 54 anni, indiziato di riciclaggio. L’ordinanza è seguita all’esito di un’indagine esperita dai Carabinieri della Stazione di Mondragone, diretta dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, investigazione fondata sulle testimonianze delle persone a cognizione dei fatti.
L’indagine, iniziata nel marzo 2017, ha consentito di acclarare le condotte del Meandro Mario, operate ai danni di un dipendente del padre, costretto a desistere dal proposito di intraprendere una vertenza lavorativa, successiva al suo licenziamento ed alla mancata retribuzione, nonché l’azione del medesimo Meandro volta a far ritrattare quanto dallo stesso dipendente riferito ai Carabinieri, circa il possesso di un’autovettura Fiat Doblò provento furto.
La condotta violenta si attuava mediante il sequestro della vittima, trattenuta con forza all’interno di una automobile sulla quale era stato costretto a salire e così privata della libertà personale, nonché il danneggiamento, operato a scopo intimidatorio, della vettura in uso al dipendente stesso. Il Meandro Michele è invece gravemente indiziato del riciclaggio di una vettura, provento furto, così da ostacolare l’identificazione della relativa provenienza delittuosa.
Camorra: arrestata 34enne vicina al clan Ferone
Camorra: arrestata 34enne vicina al clan Ferone. I Carabinieri di Casoria, hanno eseguito un ordine di carcerazione domiciliare emesso dalla Procura di Napoli Nord a carico di Antonietta De Luce Colasurdo, una 34enne domiciliata a Casoria e già nota alle forze dell’ordinuna e ritenuta vicina al clan camorristico dei ”Ferone”, compagna di un 39enne detenuto per 416 bis. la donna deve scontare una condanna di 3 anni e 6 mesi di reclusione per detenzione a fini di spaccio di stupefacenti. La donna era era stata arrestata nel febbraio scorso. Nel corso di una perquisizione domiciliare i carabinieri ritrovarono più di un chilo di droghe varie pronte ad essere destinate al mercato: 210 stecche di hashish, 195 dosi di marijuana, una busta con 115 grammi di marijuana e 15 dosi di cocaina.
Napoli, migrante tenta rapina a un’enoteca con una mannaia: arrestato
Napoli, migrante tenta una rapina a un’enoteca con una mannaia: arrestato. I Carabinieri del Nucleo Radiomobile del Reparto Operativo di Napoli insieme a soldati del Reggimento ”Guide” di San Giorgio a Cremano impiegati in ”Strade Sicure” hanno arrestato in flagranza un 30enne dello Sri Lanka, che aveva appena tentato di compiere una rapina in un’enoteca di via Santa Maria di Costantinopoli nella zona dei Decumani minacciando il titolare con una mannaia. L’uomo è stato portato al carcere di Poggioreale mentre la mannaia è stata sequestrata. L’arresto è la dimostrazione di come il dispiegamento di un maggiore numero di forze dell’ordine sul territorio cominci a funzionare.
Arzano, 16enne trovato morto sui binari: per la Procura non è suicidio
Arzano. Cadavere del 16enne trovato sui binari nei pressi della stazione di Casoria: per la Procura di Napoli non e’ stato un suicidio. Incidente o omicidio le piste battute dagli inquirenti. Incidente, magari indotto da un’aggressione o da un cattivo funzionamento del sistema di sicurezza delle porte, o omicidio. Sono queste le ipotesi investigative su cui – apprende l’Ansa da fonti giudiziarie – sta lavorando la procura di NapoliNord per venire a capo della morte di Ciro Ascione, il sedicenne di Arzano il cui cadavere e’ stato ritrovato ieri pomeriggio, a quattro giorni dalla scomparsa, ai margini della linea ferroviaria Napoli-Roma, prima della stazione di Casoria Gli investigatori tendono percio’ ad escludere la tesi del suicidio. Tesi cui non crede neanche la famiglia che era in contatto con il ragazzo e che lo aspettava alla stazione di Casoria sabato sera proveniente da Napoli – dove aveva trascorso il pomeriggio con la fidanzata – quando ha fatto perdere le proprie tracce. Un primo esame sul corpo ha evidenziato ferite e contusioni compatibili con una caduta dal treno. Indagini in corso anche su una telefonata anonima che nei giorni scorsi avrebbe annunciato la morte del ragazzo.
A lui gli agenti di polizia sono arrivati seguendo la cella del telefonino che agganciava allo stesso posto da sabato scorso, senza alcuno spostamento. E quindi Ciro presumibilmente è morto allora. Spinto da qualcuno fuori dal finestrino del treno che aveva preso per tornare a casa o caduto accidentalmente. È un giallo perché il ragazzo è apparso tranquillo come al solito quando ha parlato in serata con la madre, dicendole la verità: le telecamere di piazza Garibaldi lo hanno infatti inquadrato mentre saliva sul convoglio in partenza alle 21 e 25, esattamente come annunciato nel- la telefonata. Il padre lo aspettava perché dovevano andare a mangiare una pizza insieme ad altri parenti, ma il minorenne non è mai sceso a Casoria. Il corpo di Ascione, identificato subito grazie alla carta d’identità, è stato trovato lungo la linea ferroviaria ma non sui binari, in un luogo isolato. Ciò spiegherebbe il fatto che nessuno da sabato sera se ne sia accorto. E mentre al polizia continua a ritmo serrata le indagini la famiglia chiede di sapere la verità su questa ennesima assurda morte di un minore.
Bellona, il giorno dopo la strage e il racconto di quelle tre ore di trattative
Bellona, the day after. C’è ancora silenzio ed incredulità in via Aldo Moro, la strada di Bellona che è diventata teatro di una tragedia. L’abitazione chiusa e posta sotto sequestro. E’ quello che resta di un nucleo familiare ormai distrutto dal gesto folle di un padre che, in preda ad un raptus di follia, ha ucciso la moglie Annamaria Carusone. Fortunatamente la figlia 15enne è riuscita a scappare via.
I carabinieri hanno trovato nell’abitazione di Davie Mango centinaia di cartucce per fucili da caccia e proiettili da pistola. Sono state tre ore infinite quelle nelle quali i carabinieri prima, i familiari dopo hanno cercato di bloccare l’uomo. Tutto è finito con il suicidio di Mango. Un paese intero si è fermato. L’uomo ha sparato sui passanti, ha sparato sua moglie e anche contro la figlia in fuga. Dopo aver sparato dal balcone si è chiuso in casa, minacciando di far saltare tutto con il gas. L’ultimo tentativo è stato quello di far parlare il padre. “Davide, esci di là, smettila”. Lo hanno rassicurato anche quando ha iniziato a urlare di voler “parlare con Mussolini”, quando ha detto «la mia vita è finita, ho ucciso mia moglie». I negoziatori hanno cercato di fargli credere che la donna fosse ancora viva, anche dopo che, ormai cadavere e dopo due ore di estenuanti trattative, il colonnello Mirante l’ha tirata fuori dall’androne che era, purtroppo, già cadavere. “Davide, parlami dei tuoi hobby. Arrenditi, ti aiutiamo noi a venirne fuori”. Mango ascoltava. Poi riprendeva a urlare frasi senza senso, in un susseguirsi di raptus. “Mi voleva lasciare”, L’ha ripetuto più di una volta ma non c’è stato nulla da fare. I carabinieri hanno tentato un’ultima carta lasciando che fosse anche suo padre a parlargli. Prima al telefono. «Davide, esci di là, smettila». L’anziano inizialmente ha seguito le indicazioni dei militari prima di rivolgersi al figlio. Poi anche lui ha perso la testa. E ha iniziato a strillare mentre intorno era silenzio e attesa. «Davide, Davide! Ora basta». Lo ha ripetuto per minuti che sono sembrati interminabili. Davide ha ripreso a parlare con i carabinieri.
“Possiamo aiutarti”. Niente. Lo sparo. E dall’altro capo si è sentito un rantolo. A quel punto sono saltate tutte le cautele. Nell’ultimo tentativo di salvargli la vita. Mango però si è sparato in bocca. Per lui non c’era più nulla da fare. E mentre il paese di Bellona è sotto choc si cerca un movente preciso, probabilmente ce ne sono diversi. La gelosia, secondo parenti e amici, immotivata, aveva avvelenato l’esistenza di Davide e Anna con continue liti. Ed è anche questo il motivo che ha costretto la coppia a cambiare casa più volte.