Castellammare, Giulio Baffi celebra Eduardo De Filippo con il libro “Al lavoro con Eduardo”

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Si è conclusa l’altra sera, con la presentazione del libro “Al lavoro con Eduardo”, pubblicato da Guida Editori e curato dal critico d’arte de La Repubblica Giulio Baffi, la rassegna letteraria “Platealmente dal libro alla scena”, che dall’11 gennaio scorso, con i previsti quattro appuntamenti ha intrattenuto un folto pubblico presso la sala del Teatro Karol di Castellammare di Stabia.

“A lavoro con Eduardo” racconta il grande Maestro De Filippo attraverso quarantacinque fedeli ed appassionate testimonianze di chi artisticamente è stato al suo fianco ed ha avuto il privilegio di ricevere i suoi insegnamenti.

Sul palco del Karol, il giornalista Pierluigi Fiorenza ha intervistato l’autore Giulio Baffi ed alcuni dei testimoni presenti: gli attori stabiesi Giuseppe De Rosa, Gianfelice Imparato ed Anna Spagnuolo. Quest’ultima nel ruolo di lettrice, ma che a metà serata ha anche deliziato la platea con la sua splendida voce – senza accompagnamento strumentale – intonando la canzone “Uocchie c’arraggiunate”, brano che De Filippo adorava.

    Proprio la Spagnuolo ha dato il via all’incontro con l’interpretazione, più che la lettura, dello stralcio di una lettera di Isa Danieli al Maestro. “Quasi una lettera d’amore”, questo il titolo assegnatole dall’autore nel libro, che si conclude con un “Grazie di cuore” stracolmo di affettuosa riconoscenza.

    Tanti i nomi famosi che arricchiscono le pagine di questo suggestivo volume, realizzato dal Baffi con l’intento di celebrare “ una festa di compleanno” di Eduardo a 120 anni dalla sua nascita. Marina Confalone, Marisa Laurito, Carla Fracci, Vincenzo Salemme, Antonio Casagrande – tra i tanti – introducono il lettore alla conoscenza di un Eduardo inedito. Alla nota fama d’inflessibile, rigoroso Maestro, si associa – grazie alla potenza del ricordo – la realtà di un uomo umile e rispettoso dei suoi attori, che non esitava a riconoscere agli stessi la dignità di colleghi piuttosto che di semplici allievi.

    Aspetto della personalità di De Filippo che i presenti al Karol hanno potuto rilevare dalla vivida immagine tracciata da Gianfelice Imparato “Il carattere di Eduardo era così: inflessibile, non ammetteva repliche. Però tutta l’aneddotica di Eduardo feroce, cattivo, sadico…almeno io, credo Peppe De Rosa e tutti gli altri giovani che eravamo nella sua compagnia, non l’abbiamo avvertita. Era un uomo molto generoso, attento. Manteneva le distanze, noi giovani lo chiamavamo Maestro.

    Ma alla terza volta che lo si chiamava Maestro, lui diceva: “io mi chiamo Eduardo”. Però su consiglio di Franco Folle – unico attore anziano che transitava nella compagnia in quel periodo – lo chiamavamo Direttore. Lui era molto duro con chi era mellifluo, con chi tentava di entrare nelle sue grazie con metodi poco chiari.”

    Nel corso della serata il Baffi, attraverso la sua esperienza di critico sul campo, ha delineato, con metodo e chiarezza, la figura di Edoardo, come colui che ha lasciato un segno forte nella letteratura teatrale. Il pubblico adorava il Maestro e, per i giovani che dovevano affermarsi, era il massimo comune denominatore nella storia del teatro. Anche la drammaturgia successiva, pur godendo di una certa autonomia, ha dovuto fare i conti con la sua scrittura.

    Il teatro napoletano, prima di Eduardo, vanta nomi illustri come quello dello stabiese Viviani, con cui si è voluto forzatamente creare un’alterità, del tutto infondata per delle ragioni ben precise. I due illustri artisti sono infatti molto diversi per il linguaggio, per i modi, i tempi assolutamente non coincidenti.

    Viviani precede di poco l’opera di De Filippo, ma – sottolinea il Baffi – prima di una rivoluzione che sul palcoscenico ha determinato un cambiamento profondo. Le intuizioni di De Filippo sono molteplici, continua l’autore, prima fra tutte Il linguaggio, che può definirsi inventato. Non una lingua, non il napoletano, ma quello che molti avrebbero parlato più avanti. Viviani e De Filippo non possono né porsi in antitesi, né essere paragonati, possono invece definirsi due illustri protagonisti della scena teatrale.

    Il secondo ha colto profeticamente la crisi della grande struttura rappresentata dalla famiglia, quello che stiamo vivendo oggi. Sembra quasi che alcune commedie di Eduardo siano state scritte ieri, proprio per la forza e l’impegno profusi dall’artista in questa visione futuristica della vita.

    Denso di ammirazione e rispetto è stato poi il racconto dell’attore Giuseppe De Rosa, che chiarisce come fin da piccolo sia stato attratto dalla potenza artistica del protagonista della serata. La sua famiglia coltivava costantemente la passione per lui e non perdeva nemmeno una sua commedia trasmessa in televisione.

    Per questa ragione, quando da grande scoprì il suo talento per il teatro e grazie alla conoscenza del figlio Luca di trovò al cospetto del Maestro – quasi quarant’anni fa – per un colloquio, pur avvertendo una rilevante soggezione, gli sembrò di parlare con una persona di famiglia.

    “…si fermò e disse: “andate a firmare”.. rimasi impietrito e io dissi.”devo andare dietro, da Luca?”..sì sì andate da Luca ( perché parlava col voi a chiunque ). Così mi fece firmare il primo contratto sulla “ Donna è mobile!” Questo è un ricordo che mi ha accompagnato sempre, soprattutto la sua ironia.”

    “A lavoro co Eduardo” è dunque un testo che si propone di affidare alle nuove generazioni la miriade di ricordi legati al grande Eduardo, che proprio a questi ha dato tanto in termini di esperienza nell’arte. Un pezzo di storia la cui conoscenza del suo lavoro teatrale resta un referente importante per chiunque voglia avvicinarsi a questa realtà.

    Annamaria Cafaro



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