Infermiere suicida a Napoli: non ha retto ai ritmi di lavoro

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In una lettera al presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca si segnala il caso di un dipendente del policlinico che ‘ha pagato con la vita lo stress e la fatica’ .

“Alcuni giorni fa un infermiere si è suicidato. Non ha più retto a ritmi di lavoro insostenibili ed è crollato”, “ha pagato con la vita lo stress e la fatica accumulata negli anni, a testimonianza del fatto che quello che noi svolgiamo è un lavoro altamente usurante”.

Parte da “un recente e drammatico fatto di cronaca” la lettera-appello che Teresa Rea, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Napoli, indirizza al governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca. Il caso, chiariscono dall’Ordine risale a “una settimana fa” e riguarda “un dipendente del policlinico di Napoli”.

Un episodio che ha spinto Rea a scrivere a De Luca “per dare almeno un senso di umanità e un valore sociale alla tragica scomparsa di un collega” e “per lanciare un allarme, per rendere noto a tutti, istituzioni e cittadini, un grave malessere giunto ormai ai limiti della sopportazione”.

Rea piange “una perdita importante per tutta la nostra comunità professionale, oltre che per la famiglia e per i suoi cari. Un evento sentinella che mi sono decisa a rendere pubblico – precisa – perché mi tocca nel profondo, perché si conosca e per impedire che si ripeta”.

    Spiega la presidente che “si parla in questi casi di sindrome di burnout: un insieme di sintomi che deriva da una condizione di stress cronico e persistente, associato al contesto lavorativo” e sempre più frequente, considerando che “ogni giorno decine di colleghi mi segnalano difficoltà e problemi. E molti si dicono esasperati”, avverte Rea.

    “Come presidente di una folta comunità professionale sono seriamente turbata e preoccupata”, confessa. “Gli infermieri sono al limite delle loro forze”, denuncia l’Ordine napoletano.

    “Sono sfiniti per gli organici inadeguati che pesano sul lavoro di tutti i giorni, ma che sopportiamo in silenzio da più di 10 anni – si legge nella missiva – Un peso aggravato da una pandemia che non finisce, che in oltre 2 anni ha spezzato troppo vite tra i sanitari, soprattutto tra gli infermieri, e che richiede concentrazione e dedizione quotidiana oltre il normale. Siamo amareggiati”, incalza Rea.

    “Per le continue mortificazioni verbali, le aggressioni, le pistole puntate alla tempia, da parte di un’utenza a sua volta esasperata, frutto di diffidenza accumulata e di disservizi che non dipendono dagli infermieri. A quanto fin qui già detto, si aggiungono certi modelli organizzativi desueti che impongono turni massacranti e carichi di lavoro insostenibili, ma che ogni giorno sopportiamo per tenere fede a un giuramento etico e professionale che stiamo pagando a carissimo prezzo”.

    “La situazione si è fatta ormai insostenibile, governatore – continua Rea nella lettera a De Luca – Perché a fronte di tutto questo, degli allarmi inascoltati, non c’è traccia di valorizzazione professionale e di carriera.

    Tantomeno di gratifiche economiche. Anzi, di fatto si assiste a un sostanziale demansionamento della professione per mancanza di operatori di supporto. E allora devo dire che la misura è colma. I colleghi sono stufi delle pacche sulle spalle, degli ‘angeli’ e degli ‘eroi’.

    Gli infermieri di Napoli chiedono che sia riconosciuta una vera dignità a una professione che finora ha dato tutto senza ricevere niente, pur stando sempre al fianco dei cittadini, lavorando in costante emergenza, ammalandosi più e peggio di ogni altra categoria, rinunciando a ferie, permessi, progetti di carriera e di vita”.

    “E’ tempo di agire – esorta la presidente dell’Ordine – Bisogna finirla con i tagli degli ultimi 20 anni in cui la salute è stata considerata un costo anziché un investimento per la collettività. Ma quello che va rimarcato è il valore degli infermieri che curano nonostante la paura, il pericolo di aggressioni, le minacce.

    E continueremo a farlo – assicura Rea – con la disponibilità di sempre a trovare soluzioni e modelli organizzativi condivisi e sostenibili. La civiltà rispetto alla barbarie. Un’etica che però viene spesso fraintesa e mortificata dalle istituzioni e talvolta anche dagli stessi nostri assistiti. Parole e promesse non bastano più. Ora – chiedono gli infermieri – a queste devono seguire i fatti”.



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