La Cassazione: chi passeggia o nuota in convalescenza non va licenziato

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Cassazione: il nuoto e le passeggiate in convalescenza, non possono essere utilizzate dai datori di lavori per il licenziamento per giusta causa.Non va licenziato il dipendente che, durante la convalescenza, svolge una “moderata attivita’ fisica”, come “brevi passeggiate e bagni di mare”, tale da “non compromettere o ritardare la guarigione”. Lo ha sancito la Cassazione, confermando una sentenza della Corte d’appello di Napoli che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento di un uomo, che, dopo una distorsione al ginocchio, durante il periodo di assenza dal lavoro si era dedicato ad attivita’ fisiche, quali passeggiate e nuotate. “In tema di licenziamento per giusta causa – si legge nella sentenza depositata oggi dalla sezione lavoro – la condotta del lavoratore che, in ottemperanza delle prescrizioni del medico curante, si sia allontanato dalla propria abitazione e abbia ripreso a compiere attivita’ della vita privata, la cui gravosita’ non e’ comparabile a quella di un’attivita’ lavorativa piena, senza svolgere una ulteriore attivita’ lavorativa, non e’ idonea a configurare un inadempimento ai danni dell’interesse del datore di lavoro. Infatti, l’espletamento di altra attivita’, lavorativa ed extralavorativa, da parte del lavoratore durante lo stato di malattia, e’ idoneo a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell’adempimento dell’obbligazione e a giustificare il recesso del datore di lavoro laddove si riscontri che l’attivita’ espletata costituisca indice di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione, oltre ad essere dimostrativa dell’inidoneita’ dello stato di malattia ad impedire comunque l’espletamento di un’attivita’ ludica o lavorativa”. Nel caso in esame, si e’ accertato, osserva la Suprema Corte rigettando il ricorso della societa’ datrice di lavoro, che “la moderata attivita’ fisica” svolta dal lavoratore “non era incompatibile con il recupero degli esiti della distorsione al ginocchio” e “non si poneva in contrasto con la guarigione”. Nessuna prova, dunque, concludono i giudici di ‘Palazzaccio’, che l’uomo avesse “disatteso le prescrizioni impartitegli per la guarigione”.



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