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No alla plastica sui monti. Ma il Cai difende le ‘marmottone’ colorate

È polemica per le 23 grandi marmotte - coloratissime e realizzate in plastica - che sono state sistemate vicino ad alcuni rifugi in Piemonte e Valle d'Aosta. Ma il Cai le difende
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La notizia in breve

  • Le marmotte colorate in montagna, opere di Cracking Art, intendono stimolare l'emozione e l'empatia, utilizzando plastica rigenerata.
  • Le opere simboleggiano una nuova alleanza tra uomo e natura, promuovendo sostenibilità e responsabilità, in un'epoca di cambiamenti climatici.

Bologna – In montagna, sui sentieri, capita spesso di avvistare le marmotte: si fanno notare con il fischio che lancia l’allarme per la presenza di ‘intrusi’ nei loro territori; poi, aguzzando la vista o magari con il binocolo, si possono da lontano vicino alle loro tane.

Ma da qualche giorno, tra Piemonte e Valle d’Aosta ci sono alcune marmotte molto, molto visibili: sono grandi, coloratissime e stanno ritte in piedi a due passi da alcuni rifugi. Le si possono ammirare da vicino: sono infatti opere d’arte.

Le ha realizzate (23 esemplari) Cracking Art in collaborazione con il Museo di Scienze Naturali della Valle d’Aosta Efisio Noussan: alte un metro e 25 e dai colori vividi, “perché l’intento non è quello di realizzare copie della natura ma di creare un bestiario fantastico che sia rappresentativo del nostro tempo, prediligendo forme e colori che diano emozione e stimolino l’empatia”, spiegano da Cracking art.

E c’è chi ha pensato di portarle sui rifugi: al Coda e Rivetti nel Biellese, al Quintino Sella e al Vittorio Sella in Valle d’Aosta. Ma non a tutti sono piaciute: è la plastica che invade i monti, è stato obiettato.

Le marmottone sono di plastica rigenerata

Polemiche che sorprendono il presidente del Cai di Biella, Andrea Formagnana: e non tanto per le opinioni diverse, “ben venga il confronto”, quanto per “la superficialità di certe critiche. C’è chi ha parlato di plastica abbandonata, chi ha tirato in ballo la ‘contaminazione’ della montagna…

Vorrei chiarire una volta per tutte: non stiamo lasciando rifiuti in vetta. Le opere della Cracking Art sono realizzate con plastica rigenerata, collocate solo nelle immediate vicinanze dei rifugi -aree già antropizzate- o al loro interno. E soprattutto fanno parte di un’economia circolare: quando si deteriorano, vengono (portate a valle, ndr) rifuse e danno vita a nuove opere. Nulla viene sprecato”.

Una vecchia leggenda

L’idea di portare le marmottone colorate in montagna “nasce da un ritrovamento straordinario: nel 2024, dal ghiacciaio del Lyskamm (Monte Rosa) è emersa una marmotta conservata da oltre 6.000 anni. Una creatura che viene da un altro tempo e che oggi sembra volerci dire qualcosa.

n quel momento ho pensato: e se fosse una viaggiatrice del tempo? Un’alleata venuta a ricordarci l’urgenza di affrontare i cambiamenti climatici?”, racconta Formagnana. “La suggestione della marmotta- continua- mi ha riportato alla mente la leggenda del Regno di Fanes, uno dei miti fondativi dei popoli ladini. Narra di un antico popolo alpino in alleanza con le marmotte, simbolo di umiltà e socialità.

Quando i Fanes tradirono quell’alleanza per seguire un re arrogante, conobbero la rovina. Ma le marmotte salvarono i superstiti, nascondendoli nelle loro tane. Ancora oggi si dice che la notte del solstizio d’estate, la regina di Fanes attenda su una barca il ritorno del tempo della pace.

È una storia di alleanza spezzata e da ricostruire, proprio come oggi dobbiamo ricostruire il nostro rapporto con la natura”. E allora Formagnana ha voluto provare un “linguaggio nuovo per parlare di questi temi. E la Cracking Art, con i suoi animali colorati, ironici ma profondissimi nel messaggio, è perfetta. Poi, coincidenza, anche loro erano stati ispirati dal ritrovamento del Lyskamm e avevano realizzato le marmotte”.

Qualche mese fa c’è stata “una bellissima installazione al castello di Saint Pierre”. Da lì è nata la collaborazione per portare la ‘marmotta del tempo’ nei rifugi, nell’ambito del progetto “Soul of the Mountain”, iniziativa che coniuga cultura, ambiente, musica e spiritualità alpina”.

Eccole quindi nei rifugi Coda e Rivetti nel Biellese, al Vittorio Sella e al Quintino Sella in Valle d’Aosta. “E con i giovani talenti dell’Oropa Music Festival portiamo la grande musica classica”. Peraltro il rifugio Biella nelle Dolomiti sorge proprio nella conca dove, secondo la leggenda, nacque il Regno di Fanes. “È come se un filo invisibile unisse tutto: la storia, la montagna, le marmotte, il nostro presente”.

La marmotta come simbolo di speranza

Cosa risponde a chi dice che così si “snatura” la montagna?
“Che la montagna europea, come la conosciamo, è frutto di un’antichissima alleanza tra uomo e natura. I pascoli, i terrazzamenti, i boschi curati: tutto questo è opera dell’uomo. La vera wilderness esiste solo dalle quote glaciali.

Oggi più che mai la montagna ha bisogno dell’uomo: per prevenire gli incendi, gestire i versanti, mantenere la biodiversità. E l’uomo ha bisogno della montagna: per l’acqua, l’aria, il silenzio. Le marmotte della Cracking Art rappresentano questa nuova alleanza, questa nuova consapevolezza”, risponde Formagnana .

E poi “le opere parlano di rinascita, collaborazione e sostenibilità. La marmotta emerge dal letargo con la primavera: è un simbolo di speranza. Vive in colonia: ci insegna la forza della comunità. E la figura della ‘sentinella’-quella che veglia sul gruppo- è la nostra immagine di responsabilità.

Ecco, vorremmo che tutti ci sentissimo un po’ sentinelle della montagna”. E quanto alle critiche sull’uso della plastica, la Cracking Art “nasce proprio per riflettere sul paradosso della plastica” e “rigenerare la plastica per farne arte significa togliere inquinamento e trasformarlo in messaggio.

Le opere stesse entrano in un ciclo virtuoso: quando si deteriorano, vengono rifuse e ricreate, in un perfetto esempio di economia circolare. E poi, diciamolo: la plastica, se usata bene, ha rivoluzionato la medicina, l’igiene, la conservazione del cibo. Non si tratta di demonizzarla, ma di imparare a usarla con intelligenza. E noi lo abbiamo fatto”.

Più attenzione alla sostenibilità

Peraltro, fa notare il presidente del Cai di Biella la plastica è nei “capi tecnici che indossiamo in montagna: alcuni, durante il lavaggio, rilasciano micro o nanoplastiche che finiscono nei fiumi e nella catena alimentare. Occorre più attenzione e più cultura ambientale.

E le alternative esistono: nel Biellese, ad esempio, ci sono aziende pioniere che realizzano abbigliamento tecnico performante usando lana e fibre naturali, nel rispetto dell’ambiente. La consapevolezza si esercita anche nei piccoli gesti: quando facciamo la spesa, quando scegliamo cosa indossare, quando decidiamo come e dove acquistare. La sostenibilità comincia dalla nostra quotidianità”.

Infine, ma perché mettere una marmotta colorata accanto al busto di Quintino Sella? “Perché anche Quintino, fondatore del Cai, sapeva guardare lontano. In una lettera ai colleghi senatori scrisse dell’importanza di portare il telegrafo anche nei villaggi più remoti delle montagne.

Credeva nella capacità dell’uomo di usare l’intelligenza per trovare soluzioni, correggere gli errori e convivere con le sfide. Ecco perché ho voluto quella foto: la marmotta della Cracking Art e il busto di Sella, uno di fronte all’altra. Come a dire: il futuro si costruisce anche così, con l’immaginazione, la scienza, la cultura e il rispetto”. Postilla: le marmottone non sono costate nulla al Cai Biella, “grazie alla generosa disponibilità del collettivo Cracking Art”. “Non sarà una marmotta a salvare il mondo. Ma forse ci aiuterà a ricordare che è tempo di cambiare passo”, conclude Formagnana.

RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo pubblicato da Redazione il giorno 24 Luglio 2025 - 16:24


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