Tam Tam Basket Castel Volturno, il documentario per la tv qatariota: “Un esempio di inclusione”

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E’ disponibile sul canale Al Jazira English (sottotitoli in inglese) e Youtube, il documentario di Mohamed Kenawi sulla squadra Tam Tam Basket Castel Volturno (Caserta). Un esempio di inclusione e riscatto sociale tramite lo sport, essendo formata soprattutto da adolescenti nati a Castel Volturno da immigrati perlopiù africani, e privi di cittadinanza, cui fino a qualche anno fa era preclusa anche la possibilità di fare basket a livello agonistico, che arriva ora sulla tv qatariota.

Tam Tam Basket Castel Volturno, il documentario

Si intitola “Tam Tam basket. The dream team”, non una casualità, visto che la squadra da sogno sarebbe rimasta tale senza il “tam tam” mediatico, unito alla determinazione del coach della squadra, l’ex cestista Max Antonelli e alla sensibilità di qualche politico come Michele Anzaldi, che hanno permesso di cambiare le cose – in particolare una norma della Federbasket – dando l’opportunità ai giovani della Tam Tam, e anche a tanti altri ragazzi nelle loro stesse condizioni, di poter disputare i campionati giovanili di basket a livello regionale e nazionale indipendentemente dalla loro nazionalità.

E per i “Tam Tam” è arrivata la notorietà. Nel doc, il regista egiziano Kenawi racconta la missione, gli allenamenti e la vita quotidiana del coach Massimo Antonelli e dei giovani cestisti di Castel Volturno, che sono attualmente un centinaio divisi in quattro squadre, tre maschili (under 13, under 15 e under17) ed una femminile under 17, nata di recente; e da lunedì 31 ottobre partirà anche il mini-basket.



    Tam Tam Basket Castel Volturno, parla coach Antonelli

    Un team cui anche tanti ragazzi italiani di Castel Volturno si stanno avvicinando, che vuole continuare ad essere un esempio di coesistenza. Coach Antonelli ribadisce però la necessità dello “ius soli”, e se questo “strumento – spiega – è di difficile approvazione, anche se non capisco perché trattandosi di ragazzi nati in Italia e che parlano e agiscono da italiani, allora va bene anche lo Ius Scholae, che mi sembra però più una soluzione di compromesso. L’importante è che si faccia qualcosa”.


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