‘Voci X Patrick – La musica e l’arte per Patrick Zaki’

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Dopo il grande successo della maratona musicale on line per Patrick Zaki, realizzata l’8 febbraio, ad un anno dalla sua carcerazione, ora, a ormai venti mesi, Amnesty International Italia, MEI Meeting delle Etichette Indipendenti e Voci per la Libertà tornano ad accendere i riflettori sullo studente egiziano con un nuovo evento, previsto per sabato 2 ottobre, in occasione del MEI di Faenza: “Voci X Patrick – La musica e l’arte per Patrick Zaki”.

Sarà l’occasione per tornare a chiedere l’immediato rilascio dello studente egiziano, che è detenuto come prigioniero di coscienza a causa del suo lavoro per i diritti umani e per le opinioni politiche espresse sui social media.

L’appuntamento, in programma dalle 15 alla Galleria del Voltone della Molinella, nel centro storico, sarà accompagnato da una mostra con i 10 poster vincitori di “Free Patrick Zaki: prisoner of conscience”, l’edizione speciale del concorso internazionale di comunicazione sociale “Poster For Tomorrow”.



    Ci saranno interventi di Giordano Sangiorgi , patron del MEI, Rita Monticelli, coordinatrice del Master Gemma all’Università di Bologna, Michela Montevecchi, senatrice della commissione diritti umani, Iustina Mocanu di Amnesty International Gruppo universitario Bologna e Roy Paci vincitore del Premio Amnesty 2019 nella sezione Big. A coordinare sarà Michele Lionello, direttore artistico di Voci per la Libertà.

    Durate l’incontro ci sarà spazio per i set acustici di Blindur, H.E.R. e Allafineguglielmo e verrà proiettato il video report del festival “Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty 2021”, dedicato a Zaki e realizzato da Andrea Artax Artosi.

    In serata, Blindur si esibirà in Piazza Nenni in qualità di vincitore del Premio Amnesty International Italia, sezione emergenti, a Voci per la Libertà 2021.

    Dicono i promotori: “È il momento di farci sentire compatti e più determinati che mai. Patrick Zaki deve tornare ai suoi studi a Bologna. Patrick Zaki è un prigioniero di coscienza, detenuto esclusivamente per il suo lavoro per i diritti umani e per le opinioni politiche espresse sui social media. Dedichiamo questa iniziativa a tutti i prigionieri di coscienza che sono stati rapiti, torturati, scomparsi e detenuti illegalmente. E a tutte quelle giovani donne e uomini che viaggiano per il mondo per studiare, ricercare, condividere e costruire una società migliore”.

    Patrick George Zaki, attivista e ricercatore egiziano, si trova dal 7 febbraio 2020 in detenzione preventiva fino a data da destinarsi. È un prigioniero di coscienza detenuto esclusivamente per il suo lavoro in favore dei diritti umani e per le opinioni politiche espresse sui social media.

    Il 7 febbraio 2020 Patrick Zaki, studente egiziano del Gemma (Master Erasmus Mundus che si occupa di “Women’s and Gender Studies”) dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, viene fermato all’Aeroporto del Cairo, appena atterrato con un volo proveniente dall’Italia.

    Nel suo paese avrebbe dovuto trascorrere solo una vacanza in compagnia dei suoi cari in una breve pausa accademica. E invece è iniziato l’incubo.

    Dopo diverse ore di sparizione forzata, ricompare il giorno dopo, 8 febbraio, di fronte alla procura della città di Mansura per la convalida dell’arresto. Il mandato di cattura contiene le accuse di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento a manifestazione illegale, sovversione, diffusione di notizie false e propaganda per il terrorismo.

    Dopo estenuanti rinvii, le prime due udienze del processo si tengono però solo a luglio. Nella seconda, quella di domenica 26, il giovane studente – visibilmente dimagrito – incontra i suoi avvocati per la prima volta dal 7 marzo. Il 25 agosto 2020, sempre per la prima volta da marzo, vede sua madre, per un breve colloquio.

    Il 7 dicembre il giudice della terza sezione del tribunale antiterrorismo del tribunale del Cairo annuncia il rinnovo per 45 giorni della custodia cautelare. Il 19 dicembre Patrick incontra nuovamente la madre nel carcere di Tora. “Sono fisicamente e mentalmente esausto, non ne posso più di stare qui e mi deprimo a ogni tappa dell’anno accademico mentre sono qui invece che con i miei amici a Bologna“, le racconta. In questi mesi la famiglia ha ricevuto solo due brevi lettere a fronte delle almeno 20 che il ragazzo aveva scritto e inviato.

    A causa della diffusione del Covid-19 anche in Egitto per Patrick, così come per altre decine di migliaia di detenuti egiziani, le preoccupazioni legate all’emergenza sanitaria sono fortissime.

    Dopo più di un anno e mezzo di detenzione Patrick Zaki sarà processato per aver denunciato le violazioni dei diritti umani in Egitto. Basterebbe questo a far temere per la sorte dello studente egiziano: dopo oltre 500 giorni di carcere, senza la possibilità di verificarne lo stato di salute, ora comincia un processo che potrebbe concludersi con una condanna a 5 anni.


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