Tangenti alla Sma: a processo ‘Camorra spa’, dipendenti corrotti e l’ex consigliere

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Tangenti alla Sma per lo smaltimento dei fanghi di depurazione: processo per la Camorra spa, dipendenti corrotti, boss e l’ex consigliere regionale.

C’è un fiume di danaro, tangenti alla Sma, e un fiume di fanghi da smaltire – poi finiti in mare – per i depuratori delle province di Napoli e Caserta. Soldi, ville extra-lusso, vacanze, danaro per la campagna elettorale del 2018.

Il fondo di prelievo per foraggiare camorra, politici, dipendenti pubblici e poliziotti infedeli era la Sma, la società in house della Regione Campania. La Sma era la cassaforte degli imprenditori legati alla camorra che hanno ‘campato’ e fatto ‘campare’ i sodali sullo smaltimento dei fanghi dei depuratori. Uno scellerato patto di ferro intorno alla depurazione e ai soldi, milioni di euro.

Tangenti alla Sma

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    Il 20 luglio prossimo 25 persone, una parte di quelli coinvolti nell’inchiesta coordinata dal procuratore Giovanni Melillo della Procura di Napoli e firmata dai pubblici misteri Ivana Fulco e Henry Woodcock, dovranno difendersi dalle accuse – a vario titolo – di corruzione, concussione, associazione per delinquere, inquinamento ambientale, riciclaggio, evasione fiscale, davanti al Gip Marcello De Chiara del Tribunale di Napoli. Una sfilza di accuse racchiuse in un unico meccanismo: affidare appalti a imprenditori legati alla camorra e ottenerne un ritorno economico, in percentuale.

    Lo smaltimento di fanghi di depurazione era in alcuni casi solo fittizio. I fanghi tossici finivano a mare, un cassone al giorno, per aggirare i costi di bonifica e arricchire ancora di più la camorra e i corrotti.

    Il patto scellerato vede al centro dell’inchiesta Salvatore Abbate, alias Salvatore ‘a cachera, con le sue imprese prestanome (immobiliari e a responsabilità limitata), legato ai clan dell’area a Nord di Napoli Cimmino-Caiazzo e a quelli egemoni nell’area Est in particolare il clan Mazzarella.

    A beneficiare del cosiddetto patto corruttivo con mazzette e benefit oltre a dipendenti pubblici infedeli (quelli della Sma) anche l’ex consigliere regionale Luciano Passariello ex Forza Italia e Fdi, presidente della commissione d’inchiesta sulle società partecipate della Regione Campania e all’epoca di uno degli appalti contestati dalla procura, il 2018, candidato alle elezioni politiche per la camera dei deputati.

    E’ uno dei capi di imputazione più pesanti quello che vede coinvolto Passariello insieme al dirigente della Regione Campania Lucio Varriale, all’impiegato e dipendente della Sma, Agostino Chiatto (distaccato presso la segreteria personale di Passariello in Regione).

    Secondo le accuse contestate, i tre avrebbero accettato promesse di danaro dagli imprenditori Giovanni Caruson, Antonio Cristofaro, Abramo Maione e Vincenzo Riccio in cambio avrebbero fornito indicazioni decisive per presentare un’offerta vincente alla Sma e sbaragliare la concorrenza.  Varriale, Chiatto e Passariello avrebbero fornito alla cordata di imprenditori indicazioni specifiche riguardo al prezzo da indicare nell’offerta e in cambio avrebbero ricevuto somme in percentuale all’appalto ottenuto. Una parte di queste somme sarebbe servita per finanziare la campagna elettorale di Passariello, un’altra – circa 30mila euro – sarebbe andata a Varriale e la restante – 20 mila euro – a Chiatto. Il residuo di 5mila euro sarebbe servito per pagare una tangente al clan Cimmino-Caiazzo della zona del Vomero di Napoli. Era il 2018.

    L’appalto per il trasporto dei fanghi. Ma c’è un’altro appalto milionario contestato dalla Procura di Napoli per il quale si è consolidato il ‘patto corruttivo’. Appalto per il quale l’ex consigliere regionale Passariello è estraneo.

    Ci sono invece nell’affaire per il servizio di movimentazione e trasporto dei fanghi dai depuratore di Acerra, Napoli Nord, Marcianise, Regi Lagni e dalla stazione di grigliatura di Succivo, i dirigenti della Sma, in primis Lorenzo Di Domenico – direttore generale della Sma Campania -, Enrico Foglia (direttore impianto di depurazione di Acerra) e Luigi Riccardi (direttore dell’impianto di Napoli Est). Un’appalto affidato con procedura negoziata e in proroga e partito prima che la procedura stessa fosse burocraticamente completata in favore della Furino Ecologia srl amministrata da Michele Furino (classe 75). I dirigenti della Sma avrebbero agito in concorso con Michele Furino (classe 85 per il quale si procede separatamente).

    I direttori avrebbero autorizzato la Furino ecologia ad avviare i lavori di movimentazione dei fanghi prima che si concludesse la procedura negoziata per l’affidamento del servizio, con la promessa di farsi dare da Salvatore Abbate alias ‘a cachera, l’imprenditore della camorra che coordinava la distribuzione degli appalti alle ditte amiche, una percentuale dei guadagni. Di Domenico avrebbe avuto il 7% dell’importo dei lavori, promesse di danaro anche per Riccardi e Foglia. I responsabili della Sma da parte loro garantivano alla Furino Ecologia lo smaltimento di almeno 10mila tonnellate di rifiuti per un ricavo stimato di 2 milioni di euro. A garantire per l’accordo tra imprenditori e responsabili della Sma c’era sempre Salvatore Abbate alias Salvatore ‘a cachera, che secondo gli inquirenti altri non è che un esponente del clan Cimmino dell’area di Napoli Est.

    L’appalto per autoespurgo e pulizia delle vasche. Proprio ad Abbate sarebbe riconducibile l’appalto per autoespurgo, noleggio mezzi e pulizia delle vasche di Napoli Est gestito dalla Sma e affidato, secondo la Procura di Napoli, attraverso un patto ‘corruttivo’ alle società S. Abba Immobiliare srl e S. Abba srl, amministrate ufficialmente da Rolando Abbate e Lucio Abate, ma riconducibili proprio al ras Salvatore Abbate. Di proroga in proroga dal 2016 fino alla fine del 2017 la S. Abba immobiliare e la S. Abba srl ha fatturato complessivamente oltre 3 milioni e 700mila euro nei confronti della Sma. A convalidare la corretta esecuzione dei lavori e l’impiego di manodopera e mezzi c’era l’ingegnere addetto al controllo Giacomo Perna, i suoi atti autorizzavano di fatto i pagamenti mensili. Tutto regolare se quei lavori fossero stati effettivamente svolti e invece gli inquirenti sostengono che Perna abbia avallato lavori inesistenti e prestazioni ‘gonfiate’ per guadagnare a sua volta 1,5% degli importi incassati dagli Abbate. A fare la parte del leone per le ‘mazzette’ c’era sempre, però, Riccardi (direttore della Sma) che – secondo quanto contestato dalla procura – aveva ricevuto dalle società S. Abba immobiliare e S. Abba srl, insieme al figlio Vincenzo Riccardi non solo denaro (30mila euro nel gennaio del 2018 per un lavoro di 330mila euro) ma anche due attici a Ponticelli e una villa di lusso con piscina coperta e bagno turco a Volla. E poi Luigi Riccardi si sarebbe assicurato l’assunzione del figlio Vincenzo ma anche di nipoti, cognati e parenti nelle società degli Abbate. E avrebbe, infine, utilizzato i dipendenti delle società vincitrici degli appalti pubblici per l’esecuzione di lavori edili gratuiti presso la sua abitazione durante le stesse ore di lavoro fatturate alla Sma presso i depuratori.

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    Ma che fine facevano i fanghi prelevati dai depuratori destinati allo smaltimento e alla bonifica? Finivano in mare come è accaduto sistematicamente, un cassone al giorno, per quelli provenienti dai depuratori di Acerra e Marcianise da febbraio a maggio del 2018. A Luigi Riccardi e Errico Foglia, infatti, viene contestato anche il reato di inquinamento ambientale.

    I soldi degli appalti per finanziare la latitanza del boss. Salvatore Abbate metteva in circolo il danaro degli appalti pubblici li utilizzava per pagare le tangenti a dipendenti pubblici infedeli e cercava di nascondere i profitti illeciti attraverso operazioni finanziarie Salvatore Abbate una serie di operazioni finanziarie per nascondere i proventi illeciti. Ma servivano fiumi di danaro, in contanti, per mantenere in piedi il sistema. Secondo l’accusa, insieme a Giuseppe Savino esponente del clan Formicola e vicino ai Mazzarella avrebbe messo su un giro di false fatturazioni con il danaro di ritorno depositato su conti postali e postepay.

    Il coinvolgimento della Auletta group. Nella richiesta di rinvio a giudizio sono contestati reati fiscali per fatture false e operazioni inesistenti con la Auletta group di Giuseppe Auletta (quest’ultimo prestanome di Giuseppe Savino). La Auletta group (società leader nel settore dei prodotti petroliferi con sede a Milano ma di fatto campana) è al centro di una maxi inchiesta partita da Trieste per frode fiscale nell’ambito della quale a marzo scorso sono stati sequestrati beni per 53 milioni di euro.

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    La Auletta group sarebbe stata anche la società che attraverso un giro di false fatturazioni con gli Abbate avrebbe foraggiato il clan Mazzarella operante nel quartiere di San Giovanni a Teduccio e il reggente della cosca Salvatore Fido, alias ‘o chiò all’epoca (2018) latitante, e Maurizio Donadeo, altro uomo legato al clan. Lo spallone che si occupava di prelevare il danaro di ‘ritorno’ per le operazioni finanziarie fasulle era Salvatore Telesco che poi provvedeva alla redistribuzione.

    I rapporti con poliziotti infedeli. Nel mirino della Procura per aver favorito l’imprenditore pregiudicato Salvatore Abbate anche Vittorio Porcini, sostituto commissario della polizia di Stato in servizio all’epoca al commissariato di Ponticelli, accusato di numerose rivelazioni del segreto d’ufficio. Era la talpa fidata di Abbate per conoscere indagini in corso e per ‘pilotare’ accertamenti e inchieste sul suo conto. In cambio ‘a cachera distribuiva danaro e regalie per le festività, vacanze, ma metteva al servizio del poliziotto anche gli uomini delle sue ditte per lavori di ristrutturazione. Da agosto del 2017 fino a febbraio del 2021 Salvatore Abbate ha continuato ad offrire all’amico poliziotto la sua riconoscenza.

    Davanti al Gip il 20 luglio dovranno comparire:

    Rolando Abbate – Napoli (avv. Perone e  Imperato)
    Salvatore Abbate alias totore ‘a cachera – Volla (avv. Perone e Maiello)
    Giuseppe Auletta – Giugliano in Campania (avv. Maria Padovani)
    Andrea Basile – Montesarchio (Bn) (avv. Riccardo Moschetta)
    Domenico Boenzi – Acerra (avv. Giovanni Abet)
    Giovanni Caruson – Giugliano (avv. Riccardo Moschetta)
    Agostino Chiatto – Napoli (avv. Giorgio Pace e Francesco Paone)
    Antonio Cristoforo – Trentola Ducenta (Ce) (avv. Fabio Della Corte)
    Lorenzo Di Domenico – Napoli (avv. Malinconico e Nerone)
    Maurizio Donadeo alias ‘o puzzolente – Napoli (avv. Mauro Zollo)
    Salvatore Fido alias ‘ chiò – Napoli (avv. Giuseppe Milazzo)
    Errico Foglia – Napoli (avv. Carmine Bernardo)
    Michele Furino – Napoli (avv. Gino Fulgeri)
    Abramo Maione – Napoli (avv. Riccardo Moschetta)
    Luciano Passariello – Napoli (avv. Giuseppe Ricciulli)
    Vittorio Porcini – Napoli (avv. Giovanni Abet e Sara Piccini)
    Giacomo Perna – Napoli (avv. Nugnes e Capuano)
    Luigi Riccardi – Napoli (avv. Roberto Saccomanno)
    Vincenzo Riccardi – Napoli (avv. Roberto Saccomanno)
    Vincenzo Riccio – Napoli (avv. Morra e Chiummariello)
    Domenico Sabatino – Campobasso (avv. Giovanni Abet)
    Salvatore Telesco – Napoli (avv. Piccolo e Perone)
    Lucio Varriale – Napoli (avv. Von Arx e Varriale)
    Giacomo Coiro – Napoli (avv. Francesco Esposito)
    Giovanna Telesco – Napoli (avv. Piccolo e Meloro)

     


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