No all’ergastolo ostativo, in lizza per i ‘premi’ i capiclan Cesarano, Gallo, Schiavone e Di Lauro

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Gli ergastolani non collaboranti potranno accedere ai benefici penitenziari: permessi premio e domiciliari.

Lo stop all’ergastolo ostativo, dichiarato dalla consulta della Corte Costituzionale – su orientamento della Corte Europea – ha già aperto lo scontro istituzionale sull’attenuazione delle misure carcerarie, in particolare il 41bis, per boss e brigatisti mai pentiti. Il Parlamento italiano dovrà dirimere il conflitto costituzionale senza abbassare la guardia contro la criminalità organizzata.

Stragisti, camorristi, ‘ndranghetisti, mafiosi, brigatisti detenuti da anni e con all’attivo ergastoli plurimi potranno beneficiare di permessi e magari degli arresti domiciliari se riusciranno a dimostrare che dopo anni non sono più pericolosi. Sarebbero circa 1000 in Italia gli ergastolani ostativi.

Era in cima all’elenco di coloro che, in previsione, avrebbero potuto beneficiare della anti-costituzionalità dell’ergastolo ostativo, anche Raffaele Cutolo, il boss Nco morto in carcere a Parma a febbraio scorso, dopo aver trascorso 59 anni in carcere, con lui Leoluca Bagarella, 79enne boss mafioso dei corleonesi.



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    Il 15 aprile scorso si è riaperta la discussione sulle scarcerazioni degli irriducibili. Tanti anche i boss della camorra, da anni in carcere, che non hanno mai deciso di collaborare con la giustizia. Tra questi il boss di Pompei-Castellammare di Stabia, già affiliato al clan Alfieri, Ferdinando Cesarano. Boss scaltro, detenuto da anni in regime di carcere duro, passato agli annali della storia criminale campana anche per la clamorosa fuga dall’aula bunker del carcere di Fuorni a Salerno, il 21 giugno del 1998. Insieme al boss Giuseppe Autorino si calò in un cunicolo davanti agli occhi di giudici, guardie carcerarie e avvocati. In carcere Cesarano si è anche diplomato e laureato.
    Per rimanere nell’ambito di quello che fu il clan Alfieri tra coloro che potrebbero lasciare temporaneamente il carcere ci sono i fratelli Salvatore e Pasquale Russo, capiclan dell’area vesuviana.

    Ma la lista dei boss sottoposti al 41bis che potrebbero lasciare anche temporaneamente la cella è lunga. Molti hanno già trascorso il limite dei 27 anni di reclusione dopo il quale si potrebbero allentare le misure. 

    E’ il caso del capo dell’omonimo clan di Torre Annunziata e dei paesi vesuviani, Pasquale Gallo, 64 anni, un tempo in guerra con la cosca rivale dei Gionta. Ha trascorso 30 anni in carcere dove si è anche laureato, da tempo chiede di avere dei permessi premio nonostante il regime del carcere duro.

    In tutto, secondo recenti stime sono 266 gli affiliati alla camorra condannati all’ergastolo e sottoposti al 41bis, su un totale di 759 condannati per associazione mafiosa.

    GLI IRRIDUCIBILI DEI CASALESI
    Lo squadrone degli irriducibili della provincia di Caserta è quello più corposo: c’è il capoclan dei Casalesi, Francesco Schiavone, alias Sandokan (13 ergastoli definitivi), ma anche Francesco Bidognetti,  Michele Zagaria e lo spietato killer Giuseppe Setola e poi Vincenzo Zagaria, omonimo ma non parente di Michele, al 41-bis a Sassari.

    I CAMORRISTI NAPOLETANI.
    Anche Paolo Di Lauro, uno dei capi dei gruppi camorristici artefice della guerra di Scampia nel 2004, potrebbe beneficiare della non costituzionalità dell’ergastolo ostativo. E’ da quindici anni è al 41-bis, insieme al figlio Cosimo. Tra i nomi di spicco anche l’irriducibile Edoardo Contini, artefice dell’Alleanza di Secondigliano insieme ai Mallardo di Giugliano e ai Licciardi di Secondigliano.
    In lizza per un permesso premio anche gli autori dell’omicidio del giornalista Giancarlo Siani: Pasquale Cappuccio, Gaetano Del Core, Luigi Baccante. La loro detenzione ha superato i 20 anni.

    LA SENTENZA DELLA CONSULTA. Secondo i giudici della Corte costituzionale l’ergastolo ostativo è “incompatibile” con i principi di uguaglianza e di funzione rieducativa della pena, dettati dagli articoli 3 e 27 della Costituzione, e con il divieto di pene degradanti sancito dalla Convenzione europea dei diritti umani. Secondo i giudici che si sono uniformati alle disposizioni della Corte Europea dei diritti umani l’ergastolo ostativo “preclude in modo assoluto”, per chi e’ condannato all’ergastolo per delitti di mafia e “non abbia utilmente collaborato con la giustizia la possibilita’ di accedere al procedimento per chiedere la liberazione condizionale, anche quando il suo ravvedimento risulti sicuro”. La Consulta, pero’, rileva che l'”accoglimento immediato” delle questioni di legittimita’ sollevate dalla Cassazione “rischierebbe di inserirsi in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalita’ organizzata” e per questo da’ un anno di tempo al Parlamento per intervenire: la Corte tornera’ a pronunciarsi sul tema nel maggio del prossimo anno, per consentire al legislatore gli interventi “che tengano conto sia della peculiare natura dei reati connessi alla criminalita’ organizzata di stampo mafioso, e delle relative regole penitenziarie, sia della necessita’ di preservare il valore della collaborazione con la giustizia in questi casi”. E’ la terza volta – dopo il caso Dj Fabo-Cappato e la questione del carcere per i giornalisti – che Palazzo della Consulta sceglie questa strada: non un semplice monito al Parlamento, ma una scadenza temporale. L’ordinanza della Corte sarà depositata nelle prossime settimane e spieghera’ nei dettagli i rilievi dei giudici. A sollevare la questione era stata la Cassazione, citando le sentenze dei giudici di Strasburgo e della stessa Corte costituzionale del 2019 (quest’ultima relativa ai permessi premio): nell’udienza pubblica del 23 marzo scorso, vi era stata, sul tema, anche l”apertura’ da parte dell’Avvocatura generale dello Stato, intervenuta per conto del Governo davanti alla Consulta, la quale aveva chiesto di non bocciare le norme sull’Ergastolo ostativo, considerando la possibilità di “far decantare ogni forma di automatismo e consentire al giudice di sorveglianza di verificare le motivazioni per cui il condannato non può assicurare una condizione di collaborazione” con la giustizia.
    Immediate erano state le reazioni politiche, giovedì 15 aprile, alla decisione dei giudici costituzionali: “Occorrera’ leggere con attenzione l’ordinanza della Corte, e poi rapidamente intervenire in modo puntuale, chirurgico e calibrato, per rendere la speciale disciplina dell’Ergastolo applicabile agli appartenenti alla criminalita’ organizzata coerente con i principi costituzionali richiamati dalla Corte”, afferma il capogruppo Pd in commissione Giustizia alla Camera, Alfredo Bazoli, mentre si dicono “perplessi” i parlamentari M5s della Commissione Antimafia: “Interverremo subito a livello parlamentare, con l’obiettivo di non fare mai un passo indietro e per la tenuta dell’ergastolo ostativo”, sottolineano in una nota. “Per mafiosi e assassini l’ergastolo non si tocca, dicano quello che vogliono. E basta”, dichiara il segretario leghista Matteo Salvini, mentre il deputato Andrea Delmastro, responsabile giustizia di Fratelli d’Italia, parla di “catastrofico ma scontato esito della Corte Costituzionale sull’abolizione dell’Ergastolo ostativo per i mafiosi. Non poteva che finire drammaticamente cosi’ alla luce della sterzata del Governo dei migliori e dell’avvocatura dello Stato che hanno rinunciato a insistere nella difesa dell’Ergastolo ostativo”.

    La decisione era stata accolta invece in maniera favorevole dal presidente di Antigone, Patrizio Gonnella: “L’incostituzionalità è accertata (per violazione degli artt. 3 e 27 Cost.) e non si potrà tornare indietro. Ora la palla è al Parlamento che entro un anno dovrà deliberare. Ovviamente avremmo sperato in un intervento della Corte che dichiarasse l’illegittimità incostituzionale immediata della disciplina vigente. Noi eravamo nel procedimento con un nostro atto di intervento a sostegno dell’incostituzionalità dell’ergastolo ostativo. Ragioni esplicite di politica criminale hanno indotto la Consulta a rinviare la decisione di un anno qualora il legislatore non intervenga prima. Faremo da pungolo affinché questo accada e ricorderemo in modo costante alle forze politiche e al Parlamento la data del maggio 2022”.




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