Il boss Di Lauro non parla davanti al gip e la Dda pronta a chiedere il 41 bis

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Si è avvalso della facoltà di non rispondere il boss Marco Di Lauro davanti al gip Pietro Carola dopo l’arresto avvenuto sabato scorso dopo 14 anni di fuga in una casa a Chiaiano, quartiere della periferia Nord di Napoli, sarà sottoposto a due differenti interrogatori. E’ accusato di  traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Si tratta di una inchiesta che ad aprile del 2015 portò in carcere trenta persone, quando lui era già latitante da 11 anni. All’ex boss ‘fantasma’, assistito dagli avvocati Carlo e Gennaro Pecoraro, il giudice ha contestato l’ipotesi di reato di associazione di stampo mafioso finalizzata al traffico di stupefacenti che avrebbe commesso a cavallo tra gli anni 2007-2008. Poco prima dell’incontro con il giudice, l’avvocato Carlo Pecoraro ha illustrato al boss le sue pendenze giudiziarie: Marco Di Lauro è apparso poco al corrente degli addebiti che gli sarebbero stati contestati di li’ a poco dall’autorità giudiziaria. Domani nuovo interrogatorio, questa volta davanti al GIP Marco Carbone, in merito a una seconda contestazione, sempre relativamente alla stessa ipotesi di reato, ma per un periodo più esteso. Il boss è attualmente detenuto nel carcere di Secondigliano in regime di Alta sorveglianza e non è escluso che nelle prossime ore, dopo le relazioni della Dda di Napoli e della Dna, possa essere confinato al carcere duro come il fratello Cosimo e il padre Paolo soprannominato ‘Ciruzzo ‘o milionario”. Marco Di Lauro deve invece certamente scontare 11 anni e 2 mesi per associazione di stampo mafioso, per una condanna passata in giudicato, ed è indagato a piede libero per l’omicidio di Attilio Romanò, ucciso per uno scambio di persona nella prima faida scoppiata a Scampia e Secondigliano dopo la scissione degli Amato-Pagano dal clan Di Lauro. Di Lauro fu condannato in primo e in secondo grado alla pena dell’ergastolo, ma nel giugno del 2015 ottenne dalla Cassazione l’annullamento della sentenza di secondo grado con gli atti inviati nuovamente in Corte d’Appello, dove il processo si è arenato.




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