I penalisti al Governo: ‘Fermare la prescrizione dopo il primo grado é illiberale’

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“In uno stato di diritto il processo penale non puo’ trasformarsi in uno strumento illiberale ed oppressivo, sottratto a bilanciamenti, controlli e alla certezza di tempi ragionevoli”. Lo afferma in una nota la Giunta dell’Unione delle camere penali in merito alla possibilita’ di fermare la prescrizione dopo la sentenza di primo grado e l’abolizione del divieto di reformatio in peius. “Gia’ per il contratto di governo – affermano i penalisti – l’Unione ha manifestato il proprio pensiero sulle inaccettabili prospettive di riforma della giustizia penale, segnalandone l’impronta demagogica, l’approccio populista, ed i contenuti inequivocabilmente autoritari ed incostituzionali. Con simili specifiche prospettive di riforma del processo penale, si segna evidentemente una distanza ancor maggiore da quelle linee di coerenza del nostro sistema processuale con i valori costituzionali e convenzionali del “giusto processo”. L’allungamento “ulteriore e incontrollabile” della prescrizione, secondo i penalisti “non solo contrasta con la ragionevole durata del processo e con la presunzione di innocenza, ma distrugge del tutto il senso del processo di appello che viene abbandonato a tempi non piu’ regolati dai termini prescrizionali, spostando l’asse dell’accertamento giudiziario sul solo primo grado, con l’indebolimento di ogni successivo e tempestivo controllo di merito e di legittimita'”. I penalisti ricordano inoltre al Guardasigilli Bonafede che “il 70% dei reati si prescrive in fase di indagine, nelle mani dei pubblici ministeri, e dunque molto prima che si giunga ad una sentenza di primo grado e all’esercizio dell’azione penale. E’ l’inefficienza del sistema, l’eccessivo numero di processi e di reati (che invece il Governo vorrebbe moltiplicare) ad intasare la macchina della giustizia”. Infine, quanto all’abolizione del divieto della reformatio in peius, questa “stravolgerebbe del tutto l’equilibrio del nostro processo, trasformando l’appello in una sorta di ordalia, in una sfida tra cittadino e Stato, nella quale chi e’ vittima di una ingiustizia puo’ cercare di porvi rimedio solo esponendosi ad un rischio maggiore”.


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