Il tè nigeriano sbarca a Londra, ora tocca alle africane

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Il tè rosso della Nigeria è arrivato in Sudafrica. E da lì ha fatto rotta verso nord, oltre il mare, fino all’Inghilterra.

“Lo vogliamo portare pure in Italia” ci sorride Joy Wanjiru Machugu-Zenz, ceo e fondatrice della piattaforma African Women in Trade. Alle sue spalle versa tazze e racconta infusi Funke Bolujoko, direttrice di Ruchim, l’azienda produttrice del tè, con sedi negli Stati nigeriani di Lagos e di Osun. Non si tratta solo di erbe rosse. In gioco ci sono opportunità e diritti sociali, in Africa e nel mondo.

“Il nostro primo impegno è informare sulle nuove possibilità che si stanno aprendo grazie all’accordo per il mercato unico del continente che è finalmente in vigore” spiega Machugu-Zenz. La ceo, origini keniane e una vita in Germania, fa riferimento all’African Continental Free Trade Area (Acfta).

E sottolinea, in un’intervista con l’agenzia Dire, come il momento di fare rete sia proprio questo: “Abbiamo avviato progetti in otto Paesi, Tanzania, Nigeria, Kenya, Uganda, Angola, Ghana, Malawi e Mozambico; l’Acfta crea le precondizioni per poter accrescere in modo significativo la quota di commercio tra i Paesi del continente”.

La scommessa di African Women in Trade è digitale. “La nostra è una piattaforma per collegare le donne tra loro, puntando su prodotti con valore aggiunto sia per i mercati subsahariani che per quelli europei” continua Machugu-Zenz. Convinta dell’importanza delle reti sociali: “Su Facebook e soprattutto su Linkedin, le imprenditrici mostrano le loro creazioni; finora si sono registrate in 4mila, che adesso sono pronte a cogliere le opportunità del mercato unico”.

    L’accordo di Kigali è stato sottoscritto da tutti i Paesi del continente, con la sola eccezione dell’Eritrea. Esteso dal Cairo a Città del capo, coinvolge e riguarda un miliardo e 200 milioni di persone. Tra i suoi obiettivi c’è accrescere la quota del commercio tra i Paesi del continente, che oggi vale appena il 16 per cento del totale, molto meno di quanto accada in Europa o in Asia. Uno dei passaggi legislativi necessari riguarda l’abbassamento e in prospettiva l’abolizione delle imposte doganali, che nel 2018 assorbivano circa il 6 per cento del valore dei prodotti.

    Machugu-Zenz parla con la Dire a margine di Italia Africa Business Week (Iabw), manifestazione di incontri e dibattiti giunta alla sesta edizione. L’occasione è un panel dal titolo ‘Next Generation Women Challenges’, che offre spunti a 360 gradi, non solo dunque sul piano dell’economia e delle opportunità imprenditoriali.

    Secondo Binta Diakité, animatrice in Mali della società Yiriwa International Consulting, una delle barriere è di carattere sociale. “Spesso si ritiene che le donne non possano fondare un’azienda” sottolinea la manager, presentando un sondaggio appena realizzato. “Bisogna lavorare affinché acquistino fiducia in se stesse e nella loro capacità di competere con attività guidate da figure maschili”.

    Di parità e diritti parla Mehret Tewolde, ceo di Italia Africa Business Week. Il suo è un appello a sviluppare “una cultura femminile della leadership, che non sia una copia di quella maschile”, ed esprima dignità, forse anche fragilità, ma soprattutto libertà. “Il presidente Leopold Senghor”, ricorda Tewolde, “diceva che la cultura dovrebbe essere all’inizio e alla fine di ogni processo economico”.


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