‘Ricordi della mia prigionia, 1915 – 1918’, a cento anni dalla sua prima stesura

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“Ricordi della mia prigionia” di Giovanni Battista Sabelli, a cento anni dalla stesura originaria, edito da Edizioni Pragmata.
Un documento storico eccezionale rimasto inedito sino ad oggi e che viene presentato postumo al pubblico in occasione del centenario della conclusione della Prima Guerra mondiale, le memorie di prigionia narrate da un giovanissimo combattente italiano all’indomani della sua liberazione al termine del conflitto bellico. Una esposizione chiara che riporta tutti i momenti più salienti della vita nei campi di concentramento e delle deportazioni nei campi di lavoro cui venne destinato quale prigioniero di guerra. Cronaca avvincente in cui il narratore offre lucidissime osservazioni geografiche, culturali e sociali dei luoghi che furono teatro delle sue indimenticabili esperienze. Le memorie riportate dal ventiquattrenne Giovanni Battista Sabelli nel febbraio del 1919, a tre mesi dalla conclusione della guerra, offrono una preziosa testimonianza storica delle esperienze vissute in prima persona quale giovane allievo sottoufficiale combattente sul Carso. Fatto prigioniero in seguito ad una fortunata incursione del nemico sulla posizione italiana e internato in un campo di concentramento austriaco, dove la durezza del trattamento e le condizioni igieniche e alimentari uccidevano anche le tempre più forti, fu testimone della potenza dell’odio del nemico, capace di infierire anche sul più debole e indifeso, e ciò bastò a destare in lui la determinazione alla resistenza fisica per il rispetto della dignità della propria persona. Scelse di essere trasferito ai campi di lavoro per i prigionieri di guerra. Fu inviato dapprima nell’odierna Repubblica Ceca poi in Ungheria, dove le sue braccia vennero prestate senza sconti al duro lavoro nelle fabbriche dell’Impero austro-ungarico, dapprima nel trattamento dei materiali ferrosi, poi nella costruzione dei mattoni e, infine, impiegate nei faticosi lavori agricoli, dell’allevamento animale e dell’edilizia. Seppure testimone di ogni orrore che un conflitto bellico comporta, come la prigione, la fame, l’odio, la tortura, la morte e, addirittura il linciaggio e la rivoluzione civile, non perse mai la speranza del riscatto possibile degli uomini, di tutti gli uomini. Strinse amicizie con prigionieri, con militari e civili, con operai e contadini, con sacerdoti e baroni, traendone quale insegnamento che il lavoro genera rispetto tra le persone e amicizia tra gli uomini, anche i più diversi per circostanze e latitudini. Una testimonianza che sorprende per la lucidità espositiva del giovane autore che dosa mirabilmente il narrato degli eventi storici vissuti e le considerazioni di carattere sociale per quanto riguarda comportamento e psicologia delle persone incontrate in ambienti diversi nei tanti frangenti in cui si è trovato ad operare tra genti di altre culture, considerando di esse usi e costumi, osservandone con distacco oggettivo l’economia e con attenzione poetica la bellezza della geografia dei luoghi che furono teatro delle sue indimenticabili esperienze.



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