Omicidio Izzi, chiesti altri 5 ergastoli per i Lo Russo

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Altri cinque ergastolo sono stati chiesti dalla Dda nell’ambito del processo stralcio per l’omicidio del detenuto in semilibertà Pasquale Izzi ucciso il 29 marzo 2016, sotto casa del boss pentito Carlo Lo Russo in via Ianfolla a Miano. Il massimo della pena è stato chiesto per gli altri componenti del commando di morte ovvero Ciro Perfetto, Antonio Buono, Marco Corona, Tommaso D’Andrea  e Salvatore Freda, che erano stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare nel febbraio scorso. Ad incastrarli sono state le dichiarazioni del neo pentito Mariano Torre (già condannato all’ergastolo insieme con Luigi Cutarelli sempre per questo omicidio). All’elenco quasi infi­nito di partecipanti all’omicidio di Pasquale Izzi, con vari ruoli, man­ca ancora un nome. Ed è quello di colui che prese le pistole utilizza­te da Luigi Cutarelli e Mariano Torre e le fece sparire. Un uomo di cui quest’ultimo, pentito dallo scorso novembre, ha fatto il nome nei primi verbali di interrogatorio alla procura antimafia. Unico a mancare all’appello con la giusti­zia per chiudere le indagini. “Ol­tre a quelli che avete già arresta­to hanno partecipato all’omicidio di Pasquale Izzi anche Ciro Per­fetto, Antonio Buono, “Tommy” Tommaso D’Andrea, Salvatore Freda e un’altra persona che ha recuperato le armi…”  con tanto di omissis nel verbale. Evidentemente rispetto a questa ultima persona mancano ancora i riscontri.

“Carlo Lo Russo” – ha spiegato Mariano Torre – rice­vette una lettera da un detenuto che stava in carcere insieme ad Antonio Gcnidoni e Fabio Cardillo e venne a sapere che Pasquale Izzi li stava aiutando per portare a termine il suo omicidio. Carlo quindi decise che Pasquale Izzi doveva morire in quanto si appre­stava a fare la “filata” ai suoi dan­ni. Izzi doveva essere ucciso già mesi prima, in occasione di un precedente permesso premio, ma non ci organizzammo in tempo. La se­ra prima insieme a Luigi andai da Carlo per organizzare come fare. Ricordo che aspettavamo il figlio Enzo, che si sarebbe dovuto orga­nizzare con Marco Corona per avere l’aiuto del suo amico Tommy che conosceva Izzi e doveva farci sapere l’ora in cui sarebbe uscito di casa. Dicemmo a Tommy (D’Andrea, ndr) che il giorno dopo dovevamo fare un servizio e che ci serviva il suo aiu­to. Per farci sapere l’orario preci­so in cui lui usciva di casa per tor­nare in carcere. Chiedemmo il suo aiuto perché lui lo conosceva, si mise a disposizione e prendemmo appuntamento per l’indomani mattina, alle 7 a casa di Salvatore Freda dove avevamo le armi. Inol­tre da casa di Salvatore Freda si vede la zona da cui sarebbe usci­to Izzi. Dicemmo a Tommy che dovevamo fare “un servizio” per­ ché nel nostro gergo si parla di “servizio” per riferirci agli omici­di. Del Resto, Marco lo aveva in­formato su quello che dovevamo fare. Tommy, Ciro e Antonio Buo­no rimasero a casa di Salvatore. Ciro e Buono si misero sul balco­ne con il compito di farci il fischio quando vedevamo Izzi scendere da casa. Le armi erano custodite da Salvatore: io presi una calibro 9, Luigi una 9×21”. Marco Corona e Tommaso D’Andrea, nel­la ricostruzione degli inquirenti e del gip, consentiro­no al gruppo di fuoco del clan Lo Russo di conoscere il giorno e l’ora in cui Pa­squale Izzi sarebbe rientrato in carcere dal permesso-premio e quindi a che ora sarebbe uscito di casa. Fu Tommy, uomo di fiducia dell’altro, a risultare deter­minante perché permise ai componenti del comman­do di essere informati in maniera precisa sugli sposta­ menti della vittima designata. Tommaso D ’Andrea in tal senso venne coinvolto nell’omicidio perché cono­sceva il figlio di Izzi e quindi, con questa scusa, si infor­mò a che ora usciva di casa per far rinetro nel carcere di Benevento.


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