Tommaso Covito, una delle tante vittime della camorra di Castellammare poco prima di essere ucciso (l’omicidio avvenne il 12 novembre del 2000 a Santa Maria la Carità) sentendosi in pericolo, raccontò alla sorella, che se gli fosse capitato qualcosa, i responsabili sarebbero stati da individuare in “… Gigino ‘o profeta e Gennaro, ‘ figlio ‘e carminuccio da Varano”, cioè Gennaro D’Antuono (figlio di Carmine).
Nel 2003 Gigino ‘o profeta per l’anagrafe Luigi Di Martino, elemento di spicco del clan Cesarano, fu raggiunto in carcere dall’ordinanza cautelare per l’omicidio di Tommaso Covito mentre per Gennaro D’Antuono non furono trovati i riscontri.
Al Riesame poi i difensori del boss Di Martino smontarono le accuse l’ordinanza fu annullata.
Oggi ad oltre 20 anni di distanza il cold case dell’omicidio di Tommaso Covito detto ‘zione famiglia di pregiudicati legati un tempo al clan Imparato è stato risolto con il nuovo arresto di Luigi Di martino o’ profeta e questa volta anche di Gennaro D’Antuono.
“Il boss era contrario allo spaccio di droga a Ponte Persica”: questo il movente che avrebbe spinto il capoclan Ferdinando Cesarano ad ordinare l’omicidio di Tommaso Covito, avvenuto a S. Maria La Carità il 12 novembre del 2000.
A raccontare i retroscena del delitto era stato nel 2006 il collaboratore di giustizia Antonio Esposito, detto Tonino o’ biondo. Esposito aveva confessato di essere stato uno dei killer che quel giorno partecipò all’agguato, ed aveva rivelato i nomi dei suoi complici. Secondo il pentito, fu Cesarano ad ordinare l’uccisione del pregiudicato che aveva velleità di espansione nel mercato della droga di Ponte Persica.
Prima di lui, ovvero due anni prima il pentito stabiese Giuliano Saturnino aveva fornito ai magistrati della Dda di Napoli un’altra versione fornendo altri particolari.
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Articolo pubblicato il giorno 16 Settembre 2024 - 21:57 / Cronache della Campania