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Filippo Turetta da solo coi suoi demoni nel carcere di Halle



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Filippo Turetta è rinchiuso in una cella del carcere di Halle, da solo (anche sorvegliato ma non a vista) e in compagnia dei suoi pensieri che assomigliano a tormenti e dei suoi demoni.

Quegli stessi demoni che lo hanno portato ad uccidere la ex fidanzata Giulia Cecchettin: “Sappiamo che Filippo è stato trovato in grande sofferenza, scosso”, ha detto ai giornalisti Emanuele Compagno, legale del giovane.

Per ora nessun interrogatorio: il procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi ha spiegato “se i tempi della procedura tedesca fossero lunghi potremmo pensare di andare a sentirlo in Germania. Però questo lo vedremo nei prossimi, dunque fino a quando è nella disponibilità della polizia tedesca”.


“Se domani sono io, se domani non torno, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”: scritto a mano su un foglio a quadretti che avvolgeva un piccolo mazzo di fiori bianchi, leggibile fra gocce di pioggia imprigionate da un cellophane, questo “j’accuse” ha inseguito Filippo Turetta fino ai piedi di un ingresso secondario della prigione di Halle dove è rinchiuso da domenica sera per l’uccisione di Giulia Cecchettin.

E dove rischia di rimanere almeno ancora qualche giorno perché il rinvenimento del corpo martoriato della sua ex-fidanzata, oltre aggiungere strazio allo strazio dei genitori, sta rallentando le rigorose procedure di una sua “consegna”, e non estradizione, alla giustizia italiana.

La frase dell’attivista peruviana Cristina Torres Cáceres, già utilizzata in un messaggio che Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, aveva affidato alle storie di Instagram, ha attirato per tutto il giorno l’attenzione dei media, accendendo i loro riflettori fino a sera.

Spiccando accanto alle erbacce cresciute sui mattoni rossi del muro di cinta dell’istituto di pena della città principale della Sassonia-Anhalt, quei fiori sono stati una delle poche alternative all’altra immagine del giorno: l’edificio dell’Oberlandesgericht della vicina Naumburg, dove fin verso le tre del pomeriggio numerosi giornalisti italiani hanno atteso che parlasse il portavoce di questo Alto tribunale regionale che dovrà pronunciarsi sulla consegna di Turetta.

Il portavoce, Henning Haberland, in un comunicato scritto in tedesco ha affermato, in pratica, che la Procura generale della stessa Naumburg deve incaricare il tribunale di esaminare la richiesta di consegnare Filippo Turetta all’Italia.

Nel testo, e nelle chiose ufficiose fatte a voce da Haberland ma protette da ripetuti “nessuna informazione”, si spiega che lo sviluppo della procedura seguita dalla Procura generale non può essere resa pubblica né tantomeno verranno formulate previsioni ufficiali sui tempi che occorreranno per la decisione. In teoria, trattandosi di un mandato di cattura europeo, istituto di recente introduzione che ha snellito le lunghe procedure di estrazione, il termine è di dieci giorni.

Dal testo emerge che alla Procura non è arrivata ancora nessuna richiesta dal ministero della Giustizia italiano: e da altra fonte si è appreso che, dato che la Germania è uno Stato di diritto anche se amico dell’Italia, le procedure non possono essere saltate e la domanda italiana deve essere aggiornata con il nuovo titolo di “omicidio volontario” (e non più solo tentato omicidio come era nei primi giorni di questa vicenda) a causa del ritrovamento del corpo della giovane avvenuto sabato scorso.

Un aggiornamento che, come ha spiegato la Procura di Venezia, comporta una nuova comparizione di Turetta davanti ai giudici tedeschi per confermare la volontà di essere consegnato all’Italia anche con questo nuovo capo d’accusa.

 


Articolo pubblicato il giorno 20 Novembre 2023 - 23:18


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