Proseguono sul territorio campano gli accertamenti nelle aziende manifatturiere gestite da imprenditori stranieri nell'ambito del progetto A.L.T. Caporalato D.U.E. finanziato dall'Unione Europea con il coinvolgimento di ispettori del lavoro provenienti da altre regioni, di carabinieri del Comando Tutela del lavoro con il supporto logistico delle reparti territoriali oltre che con la preziosa collaborazione di mediatori culturali dell'OIM, inviati dalla Direzione centrale vigilanza dell'INL con il compito di favorire il superamento delle barriere culturali e linguistiche tra lavoratori stranieri e personale ispettivo.
Le verifiche di contrasto allo sfruttamento lavorativo hanno avuto luogo in due differenti periodi, in marzo e in maggio, in particolare nelle aree di Napoli Nord e zona Vesuviana in 31 aziende gestite prevalenza da titolari di nazionalità bengalese, delle quali solo una è risultata regolare.Potrebbe interessarti
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Numerose anche le violazioni riscontrate in materia di orario di lavoro e le violazioni, anche gravi, in materia di sicurezza sul lavoro, alcuni opifici sono stati addirittura posti sotto sequestro. In 26 aziende su 31 - pari all'83% - si è proceduto ad adottare i provvedimenti di sospensione dell'attività imprenditoriale, in 4 casi per il superamento del 10% della soglia di lavoro nero, nei restanti 22 per gravi violazioni in materia di sicurezza.
In tutti i casi, le attività sospese potranno riprendere l'attività solo dopo aver regolarizzato le posizioni lavorative in nero, oltre ad aver ripristinato le condizioni di sicurezza: impartite svariate prescrizioni per mancata elaborazione DVR, mancata costituzione servizio RSPP, mancata consegna DPI, mancata manutenzione attrezzature di lavoro, omessa sorveglianza sanitaria ed informazione e formazione, con elevati importi sanzionatori.






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