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Testata a gioco fermo, vittima al pronto soccorso: un calciatore condannato per lesioni

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Non basta il furore agonistico come giustificazione. Quello che ‘prese’, tra gli altri, Zinedine Zidane quando si scagliò contro Marco Materazzi nella finale mondiale Italia-Francia del 2006.

Testata a gioco fermo durante partita di calcio, condannato

Prendere a testate l’avversario su un campo di calcio è reato di lesioni personali quando, tra le altre cose e come emerso nel caso analizzato prima da un giudice di pace di Macerata e poi dalla Cassazione, il ‘fattaccio’ sia avvenuto “senza che vi sia stato alcuno scontro verbale o litigio con l’imputato nel corso del gioco”.

Sul campo, si legge nella sentenza dei giorni scorsi diffusa dallo studio Cataldi, a gioco fermo un calciatore aveva colpito un avversario con una capocciata di tale violenza da averlo fatto finire al pronto soccorso.

L’arbitro però non si era accorto dello scontro perché aveva la visuale coperta e non lo ha sanzionato con un cartellino nonostante le proteste dei compagni della vittima. Il mancato ‘rosso’, secondo la difesa dell’imputato, avrebbe dovuto scagionarlo.

Per il calciatore condannato ammenda di 3mila euro

Obiezione non accolta dagli ‘ermellini’ che hanno ritenuto “la volontarietà delle lesioni in ragione della fase di gioco fermo” con esclusione che il colpo sia stato “frutto del solo agonismo sportivo”.

In ogni caso, anche nel corso dell’azione di gioco, la scriminante sportiva “non può certo ricomprendere indiscriminatamente tutto ciò che avvenga in campo, sia pure nei tempi di durata regolamentare dell’incontro”. La testata è costata al calciatore un’ammenda di 3mila euro.


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