Crispano, pizzo sulla piazza di spaccio e spara ai gestori: arrestato

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Voleva imporre il versamento di parte dei profitti provenienti da una piazza di spaccio. Per questo la donna che la gestiva sarebbe stata aggredita e così anche il suo compagno.

Autore dell’aggressione è Francesco Di Micco, 31 anni, già detenuto nel carcere di Poggioreale per altra causa, (nipote del boss Giuseppe Di Micco, ucciso il 24 aprile del 2003) nei cui confronti i carabinieri della compagnia di Casoria hanno eseguito oggi un’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Napoli su richiesta della locale Direzione distrettuale Antimafia.

È indagato per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e porto illegale di arma da sparo in concorso con altri soggetti, al momento non identificati. I reati sarebbero stati commessi nella sera tra il 30 e il 31 gennaio 2022.



    Le indagini, all’epoca dei fatti condotte dai militari della sezione operativa della compagnia di Casoria e coordinate dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli, sono state avviate all’indomani del ferimento da colpi d’arma da fuoco subito da un 45enne originario di Caserta.

    In quella circostanza, la vittima si era recata autonomamente all’ospedale di Frattamaggiore per curare le ferite riportate alla gamba sinistra. Aveva raccontato ai militari di un tentativo di rapina finito nel sangue, ma le successive indagini hanno consentito, invece, di inquadrare quell’episodio come un tentativo estorsivo perpetrato da Di Micco per recuperare le somme di denaro provenienti dalla piazza di spaccio gestita dalla compagna (anche lei detenuta per altra causa) nel comune di Crispano.

    Quell’attrito sarebbe poi culminato in un’aggressione fisica verso la donna e l’esplosione di colpi d’arma da fuoco all’indirizzo della vittima che, nel frangente, ne aveva preso le difese.

     La spedizione punitiva ordinata da un pentito legato al clan Sautto

    Le indagini hanno evidenziato come quella spedizione punitiva fosse avvenuta nell’abitazione delle vittime e sarebbe stata ordinata – per sua stessa ammissione – da un collaboratore di giustizia legato a elementi di spicco del clan Sautto, nel tentativo di imporre alla donna il versamento di parte dei profitti provenienti dalla piazza di spaccio. Nell’appartamento erano stati trovati su un muro dei buchi causati da esplosioni di colpi d’arma da fuoco coperti con dello stucco, nel tentativo di celarne le tracce.

     


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