Legambiente, al via la campagna liberidaiveleni flash mob e dati sulla Terra dei fuochi

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Legambiente, al via la campagna liberidaiveleni flash mob e dati sulla Terra dei fuochi

La Terra dei fuochi e la Valle del Sacco: da questi due territori prende il via oggi la campagna itinerante di Legambiente #liberidaiveleni per mettere in luce, ancora una volta, mancate bonifiche e situazioni di inquinamento su cui i cittadini, da anni, aspettano risposte pagando l’assenza di una politica trasversale e duratura per il risanamento e il rilancio dei territori.

Si è partiti dalla Campania con un flash mob sotto la Giunta regionale, si prosegue nel Lazio con la seconda tappa,a Ceccano.

Le operazioni di bonifica sono in fortissimo ritardo rispetto ai tempi già stabiliti; serve una decisa accelerazione delle bonifiche dei siti inquinati che costellano il Paese.



    Tristemente esemplari le vicende che hanno caratterizzato la Terra dei Fuochi, anticamente denominata Terra Felix, che comprende un’ampia porzione di territorio della Campania tra la provincia di Napoli e Caserta, e la Valle del Sacco, che attraversa diversi comuni nella provincia di Roma e Frosinone nel basso Lazio.

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    Aree, anticamente fertili e floride, accomunate oggi da un inquinamento pesante dei terreni, delle acque superficiali e di falda, delle colture e degli allevamenti, con conseguenti danni ambientali, sanitari ed economici, per cui sono state inserite nel programma nazionale dei siti da bonificare (SIN).

    Entrambe le aree, poi, sono state però “declassate” a siti di interesse regionale (SIR) nel 2013. Fortunatamente la Valle del Sacco, con un ricorso al TAR che ha visto in prima linea anche Legambiente, è stata riammessa nell’elenco dei SIN, accumulando però un notevole, ulteriore ritardo nelle azioni di bonifica.

    FLASH MOB TERRA DEI FUOCHI
    FLASH MOB TERRA DEI FUOCHI

    “Il PNRR inviato dal governo Draghi a Bruxelles – dichiara il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – dimentica le grandi aree da bonificare, i cui interventi di risanamento registrano ritardi insopportabili anche per quanto riguarda gli impatti sulla salute come dimostrano diverse indagini epidemiologiche”.

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    In Campania, lo stato di attuazione del decreto “Terra dei Fuochi” del 2013 ha fornito un quadro, basato sui risultati delle analisi dirette, che vede il 65,86% delle aree sottoposte a indagini classificato come “idoneo alla produzione agroalimentare”, il 20% idoneo ma limitatamente a determinate produzioni agroalimentari in specifiche condizioni e il 12,5% da interdire a qualsiasi produzione agroalimentare o silvopastorale.

    Nonostante questo quadro, ancora non si hanno informazioni sul decreto del Ministero della Transizione ecologica per i valori caratterizzanti le acque ad uso irriguo. Dal 2014 (anno in cui è stato rimodulato il dispositivo dell’operazione “Strade Sicure” per svolgere attività di pattugliamento nella “Terra dei Fuochi”) a maggio 2020 sono stati individuati 5.288 siti di sversamento: 2.242 in Provincia di Napoli e 3.046 in Provincia di Caserta.

    Va sottolineato che la Terra dei fuochi rientra nel più ampio sito di interesse regionale denominato Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano, dove le principali criticità per il suolo e il sottosuolo sono causate da smaltimento abusivo dei rifiuti solidi e liquidi, da una contaminazione da diossina legata alla combustione illecita dei rifiuti e alla migrazione di contaminanti da aree industriali nelle acque superficiali e di falda e nei sedimenti.

    Secondo il Piano Regionale Bonifiche della Regione Campania, ben cinque Aree Vaste (Masseria del Pozzo, Maruzzella, Lo Uttaro, Regi Lagni e Bortolotto) ricadono esattamente nell’ex SIN Terra dei fuochi; luoghi noti per le diverse inchieste condotte negli anni dalla magistratura per le attività illegali che li hanno caratterizzati.

    Ad esempio, l’area vasta Masseria del Pozzo-Schiavi, nel comune di Giuliano, è un’area di circa 220 ettari in cui insistono la discarica ex Resit, la Novambiente di Vassallo, l’Ampliamento Masseria del Pozzo-Schiavi, l’area Eredi Giuliani, la Cava Giuliano e Ponte Riccio: tutte ancora da sanare.

    “Bisogna passare dalle parole ai fatti – prosegue Stefano Ciafani -. La riforma prospettata dalla legge 132 del 2016, che istituisce il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, permetterebbe di superare il problema cronico della rete dei monitoraggi pubblici a macchia di leopardo e va nella direzione giusta, ma servono subito i decreti attuativi e vanno anche garantite più risorse economiche per potenziare i controlli pubblici.

    Abbiamo gli strumenti della legge sui delitti ambientali, la legge 68 del 2015, che prevede anche il reato di omessa bonifica, da utilizzare sempre meglio. Vanno inoltre rafforzati e uniformati i controlli su tutto il territorio nazionale, con azioni di prevenzione e repressione”.

    Pesante l’impatto sanitario. Nel rapporto Sentieri 2019 (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) alla sua quinta edizione, la Terra dei fuochi viene inclusa nel Sito di Interesse Regionale del Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano. La mortalità generale e per le principali cause vi risulta in eccesso rispetto alla media regionale, così come lo era anche nel periodo precedentemente analizzato (2003-2010).

    Le ospedalizzazioni per grandi cause risultano in eccesso per tutti i tumori nei soli uomini (eccesso riscontrato anche nello studio del 2014). È di agosto 2020 la pubblicazione sull’International Journal of Environmental Research and Public Health di uno studio dell’Istituto superiore della sanità sull’impatto sulla salute degli smaltimenti e della combustione di rifiuti, anche pericolosi, nella Terra dei fuochi.

    L’ISS ha sviluppato uno specifico approccio del Sistema informativo geografico (GIS) per stimare un indicatore di esposizione al rischio di rifiuti nei 38 comuni di Napoli e province di Caserta oggetto di studio e interessati, dalla fine degli anni ’80, da discariche abusive e siti di combustione di rifiuti.

    “Si osservano – dice lo studio – eccessi statisticamente significativi di mortalità per i tumori del fegato e della vescica in entrambi i generi, per i tumori della mammella nelle donne e per i linfomi non Hodgkin negli uomini. Sulla base dei risultati attuali sono urgentemente necessarie azioni di bonifica ambientale e l’arresto delle pratiche illegali e di gestione dei rifiuti ancora in corso”. Insomma, non c’è davvero tempo da perdere.

    “La Terra di fuochi – dichiara Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania – è una terra “martoriata” nella sua essenza più profonda ed ignorata per decenni da una classe politica trasversale che non è riuscita ad adottare soluzioni serie e concrete.

    Dal 2003, anno in cui come Legambiente abbiamo coniato il termine nel nostro rapporto Ecomafia, si sono succeduti 11 governi nazionali e 5 a livello regionale senza trovare un ‘vaccino’ efficace contro il virus ‘terra dei fuochi’. Chiediamo che in quei territori vanga fatta davvero ecogiustizia a partire da una accelerazione seria, efficiente ed efficace della bonifica e con la chiusura del ciclo dei rifiuti.

    Lo dobbiamo ai tanti onesti cittadini campani che vogliono riscattare il proprio territorio e affermare i principi di legalità e trasparenza. Per fermare il fuoco e i veleni dell’ecomafia è necessario dare risposte efficaci, troppo a lunghe rimandate, che richiedono uno sforzo congiunto di tutti”.

    Il tema dei siti contaminati è stato inserito per la prima volta fra le priorità della sanità pubblica nel 2017 dalla sesta Conferenza ministeriale ambiente e salute dei 53 Paesi della regione europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sono stati stimati circa 342.000 siti contaminati in Europa, dei quali solo il 15% è stato sottoposto a intervento di risanamento ambientale.

    Aree contaminate da sostanze chimiche tossiche tali da costituire una minaccia attuale o potenziale per la salute delle popolazioni residenti, compresi i sottogruppi vulnerabili quali i bambini, e dove gli aspetti sanitari, ambientali, sociali e occupazionali sono fortemente interconnessi.




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