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Crollo Torre Annunziata, la nipote di una vittima a iNews24: ‘Nessuna condanna ci restituirà mia zia’

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“La mia opinione e credo anche quella della mia famiglia, è che qualunque condanna o risarcimento non restituirà la vita a mia zia”.

Sono le parole di Olimpia Venditto, giurista e nipote di Giuseppina Aprea, una delle otto vittime del crollo del palazzo di Rampa Nunziante, avvenuto a Torre Annunziata, Napoli, il 7 luglio 2017. La pm Andreana Ambrosino ha chiesto condanne severe nei confronti degli imputati, di fronte al giudice del tribunale oplontino Francesco Todisco. Sono accusati a vario titolo di crollo, omicidio colposo plurimo e di falsi e abusi edilizi.

“Rispetto il lavoro dei magistrati. Ci siamo costituiti parte civile tramite l’avvocato Michele Riggi perché mia zia non aveva figli, e credo che dovesse essere rappresentata in un processo del genere. Non certo per una questione economica: come si fa a stabilire quanto valga una vita?”, si chiede Olimpia Venditto, intervenuta ai microfoni di iNews24.it. Di quel giorno racconta: “Ricordo che era molto presto, io mi stavo preparando per uscire perché facevo parte del comitato di controllo dei voti e stavo per andare al Comune. Arrivò una telefonata da nostra cugina, rispose mia sorella. Ci disse che era crollato il palazzo. In un primo momento non avevamo capito, pensavamo che fosse crollato un balcone. Quando arrivammo sul posto era già tutto transennato. Da lontano mi accorsi che mancava la parte posteriore dell’edificio, capii. Salimmo dal lato del parco di fronte via Gino Alfani. Era tutto sbriciolato, un castello di sabbia. Mi fece molta impressione il silenzio che c’era durante i lavori e i cani dei vigili del fuoco che abbaiavano. Anche mia madre arrivò sul posto ed eravamo con un’amica che abitava da quelle parti. Quando si affacciò, disse: “Andiamocene, tanto non c’è nulla da fare”.

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