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Nursing Up: ‘Infermieri e operatori sanitari asintomatici, in isolamento domiciliare si faccia chiarezza’

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«Anna, il nome è di fantasia, è una nostra iscritta, una infermiera romana che dal 1 novembre scorso è in isolamento domiciliare. Per ben quattro volte è risultata positiva al tampone del Covid-19.

Anna ci racconta, tra incredulità e amarezza, che sono trascorsi oltre 30 giorni senza sintomi dal suo allontanamento dal lavoro. Per il suo medico curante quindi può riprendere una vita sociale e sarebbe anche idonea a tornare in ospedale. Il medico sarebbe pronto a rilasciarle da subito un certificato di idoneità.

Per l’ASL di competenza, e qui elogiamo a nostro avviso il buon senso, Anna non può stare a contatto con i pazienti e i colleghi finchè il suo tampone non risulterà negativo.

Una questione delicata che nasconde profonde contraddizioni e che evidenzia la debolezza e la carenza strutturale del nostro sistema sanitario. Una vicenda che apre la strada a riflessioni assai complesse.

Il Presidente del Sindacato Nazionale Infermieri ci porta a conoscenza di continue segnalazioni che stanno arrivando in questi giorni alla segreteria nazionale da parte di colleghi che vivono una situazione simile a quella di Anna, lasciati alla totale mercè di regole che sono tutt’altro che chiare.

«Cosa succederebbe, continua De Palma, se in altre Regioni e/o singole aziende sanitarie non emergesse lo stesso buon senso che ha ispirato l’azienda sanitaria romana, e si decidesse quindi di avallare il parere positivo di un medico di base, e quindi la fine dell’isolamento in modo automatico dopo un determinato periodo di tempo semplicemente senza sintomi, così come dice la circolare ministeriale del 13 ottobre?

Anche la Regione Toscana, qualche giorno fa, si è ribellata a tale contraddizione, e ha espressamente indicato che i suoi infermieri, positivi a lungo termine, potranno tornare a lavoro solo ed esclusivamente con un tampone negativo, anche se asintomatici da tempo. Sacrosanto! Ma dove sono le normative chiare e certe, quelle che forniscono un’unica indicazione a tutte le Regioni, e che dovrebbero mettere gli operatori sanitari nelle condizioni di comprendere quale è il giusto percorso da intraprendere indipendentemente dalla regione nella quale operano?

Possibile, si chiede De Palma, che quando si tratta di salute dei cittadini siamo così superficiali?

E’ già grave, a mio avviso, che un qualsiasi impiegato positivo al Covid , asintomatico da 21 giorni, dopo un periodo di isolamento domiciliare, possa recarsi sul posto di lavoro a salutare i colleghi e riprendere una vita sociale, senza la chiara garanzia di un tampone negativo, figuriamoci se abbiamo a che fare con gli infermieri o con i medici, ovvero professionisti che sono a contatto costante con malati, con soggetti fragili, con colleghi che a loro volta possono essere infettati, ammalarsi ed essere causa involontaria di malattia per altri colleghi e altri pazienti.

Non è possibile che ci si ritrovi, nell’arco di pochi mesi, nell’ambito di una emergenza sanitaria di tale portata, con regolamentazioni così distanti tra loro, che ci fanno sprofondare nell’incertezza. A discapito poi della qualità del servizio sanitario nazionale e della salute degli italiani. Non è tollerabile in un paese civile, conclude De Palma, che un SSN non sia sorretto da regole certe ed uniformi, che siano frutto delle azioni concrete di un Governo centrale che non può e non deve giocare a “ping pong” con 21 sistemi sanitari e sui loro differenti approcci al medesimo problema».

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