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Nella caserma della vergogna anche un’orgia nell’ufficio del comandante. TUTTI I NOMI

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Dall’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione ‘Odysseus’, emerge che nella caserma di Piacenza si sarebbe svolta anche un’orgia, nell’ufficio del Comandante Marco Orlando.

 

A parlarne sono due tra gli arrestati, Giuseppe Montella e Salvatore Cappellano “che commentano un episodio che aveva visto come protagonista un collega in onore del quale, forse in concomitanza con una ricorrenza, era stata organizzata una serata all’interno della caserma alla presenza di due donne, presumibilmente escort, con le quali erano stati consumati rapporti sessuali”.

“Lo scenario rappresentato da Montella – spiega il gip – e’ quello di un’orgia tenutasi addirittura all’interno dell’ufficio del Comandante Marco Orlando, dove si era creato un tale scompiglio che le pratiche erano state sparpagliate a terra”. Il magistrato scrive che “non sono forse ravvisabili reati in simili condotte, ma dalla descrizione traspare ancora una volta il totale disprezzo per i valori della divisa indossata dagli indagati, metaforicamente gettata a terra e calpestata, come quella del loro Comandante durante il festino appena rievocato”. Dal dialogo tra gli indagati risulta che a un certo punto gli indumenti, giacca e cappello, del Comandante sarebbero stati buttati a terra.

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Dieci in totale i carabinieri indagati, compreso il comandante della compagnia di Piacenza. L’indagine è iniziata grazie al racconto di un ufficiale dell’Arma non coinvolto che ha illustrato spontaneamente alla polizia locale quanto stava accadendo all’interno della caserma di via Caccialupo. I carabinieri finiti in carcere sono: Giuseppe Montella, Salvatore Cappellano, Angelo Esposito, Giacomo Falanga, Daniele Spagnolo. Ai domiciliari il comandante della Levante, maresciallo Marco Orlando e il maggiore Stefano Bezzeccheri. Il comandante della compagnia di Piacenza Bezzeccheri è stato raggiunto dalla misura dell’obbligo di dimora è accusato solo di abuso d’ufficio. Tutti sono stati sospesi.

Nei guai anche un finanziere, Marco Marra, che ha l’obbligo di firma, è accusato di rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio. Angelo Minniti, Giovanni Lenoci e Lorenzo Ferrante, altri tre carabinieri, hanno avuto l’obbligo di firma.  I civili finiti in manette sono: Daniele Giardino, Alex Giardino, Simone Giardino, Matteo Giardino (domiciliari), Gherardi Tiziano, Megid Seniguer,  Ghormy El Mehedi, Mattia Valente (domiciliari), Clarissa D’Elia (domiciliari), Maria Luisa Cattaneo (domiciliari).

“I reati ipotizzati sono gravissimi. Procederemo con il massimo rigore. Abbiamo sospeso tutto il personale coinvolto, e procederemo con la massima celerita’ per l’accertamento delle responsabilita’”. Lo ha detto il comandante generale dei Carabinieri, Giovanni Nistri, intervenendo al Tg1 sulla vicenda della caserma di Piacenza. “I cittadini di Piacenza troveranno una postazione mobile dei Carabinieri, e da domani il nuovo comandante. Lo Stato non si ferma. Episodi come questo – ha aggiunto – possono minare la fiducia nell’Arma ma ci sono 200mila Carabinieri che ogni giorno espletano sul territorio i loro incarichi al meglio delle loro possibilita’. Durante i momenti peggiori del lockdown non abbiamo chiuso le caserme, abbiamo avuto 800 contagiati e 10 vittime. Speriamo che quello fatto dai piu’ possa cancellare dalla memoria il male fatto da chi non e’ degno di indossare questa divisa”.

Sono 5 i capi di imputazione che accusano i carabinieri di Piacenza arrestati oggi di lesioni, sequestro di persona e tortura. “Nei capi d’imputazione 39, 46, 47, 48 e 50 – si legge nell’ordinanza – e’ stato posto l’accendo sulla violenza che ha connotato le iniziative intraprese dai militari della stazione Piacenza Levante”.

Le immagini recuperate dalla memoria del telefonino di Montella, ma anche quelle riprese dalla telecamera di sicurezza e le registrazioni audio “dei pestaggi compiuti presso la caserma e i riferimenti operati dai soggetti intercettati – aggiunge il Gip – contribuiscono a delineare un quadro indiziario solido e convergente”. I “gravi indizi” sussistono in particolare per la contestazione del reato di tortura. “In quanto – scrive il giudice – la persona nei cui confronti sono state compite le condotte illecite, si trovava in una condizione di privazione della propria liberta’ personale, peraltro illegittima (non essendo ancora avvenuto il suo arresto) ed era stata costretta a subire le angherie di Montella e dei suoi commilitoni”.

A colpire la vittima sarebbe stato solo uno dei carabinieri ma, aggiunge il Gip, “non puo’ essere escluso il contributo attivo fornito da tutti gli indagati, i quali erano intenti o a suggerire particolari tecniche di persuasione o comunque ad assistere ad un fatto di estrema violenza che mai dovrebbe verificarsi all’interno di un ufficio di pubblica sicurezza”. Non solo: “e’ indubitabile come, ascoltando i suoni dei colpi assestati e, soprattutto, dei lamenti e del pianto della vittima, quest’ultima abbia provato ‘acute sofferenze fisiche’ sufficienti” a poter configurare il reato di tortura

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