I verbali di Genny a’ carogna: ‘Litigai con Lavezzi, chiedemmo l’assunzione di Grava e incontrai De Laurentiis’

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Napoli. Una lite con l’ex campione del Napoli “Pocho” Lavezzi, un incontro chiarificatore a Castel Volturno grazie a Pier Paolo Marino (all’epoca direttore sportivo del Napoli), la richiesta di assunzione di Gianluca Grava nel settore giovanile del Napoli (ruolo che tuttora ricopre) e un incontro con Formisano  (manager del Napoli calcio) e con il presidente De Laurentiis. C’è tutto questo nei verbali del pentito Gennaro De Tommaso al secolo Genny a Carogna depositati agli atti del processo a suo carico dei suoi amici per traffico internazionale di droga e anticipati stamane dai quotidiani Corriere del Mezzogiorno, Repubblica e Il Mattino. Racconti senza riscontri ancora ma che hanno consentito alla Dda di Napoli (pm Francesco De Falco, titolare delle indagini sulla paranza dei bimbi di Forcella) ad aprire un capitolo ad hoc, a proposito di “Precisazioni sui rapporti con la società sportiva calcio Napoli”. Il calcio Napoli, seppur interpellato dai quotidiani, al momento ha preferito non rispondere. I fatti di cui parla Genny a’ carogna si riferiscono agli anni 2012-2013. Una sera De Tommaso incontrò Lavezzi e l’ex portiere del nNpoli Navarro in una discoteca di Agnano. Genny lo prese a malo modo e lo fece uscire perché in quella discoteca girava troppa droga e per il campione argentino del napoli era pericoloso. Poi ci fu in incontro chiarificatore a Castel Volturno organizzato da Pierpaolo Marino. Racconta De Tommaso: “Litigai con Lavezzi e il portiere Navarra, perché da vero tifoso ultrà non vedevo di buon occhio il fatto che frequentavano una discoteca dove girava droga. Per questo litigio fui chiamato da Antonio Lo Russo di Miano, che era come un fratello per Lavezzi. Il Lo Russo mi minacciò fuori al bar, sulla via principale di Miano, dicendomi di lasciar stare Lavezzi, il quale ci faceva divertire giocando a calcio. Io, pur consapevole di chi fosse il Lo Russo, gli risposi che ragionavo diversamente da lui, perché ero un tifoso. E fu ancora il Lo Russo a costringerci di esporre al San Paolo, nelle due curve, lo striscione il Pocho non si tocca…Il giorno dopo raccontai tutto a Pierpaolo Marino, gli spiegai il fatto della discoteca, e fu lui a portarmi da Lavezzi, lì a Castelvolturno. Mi portò negli spogliatoi, al cospetto di Lavezzi, si fece la doccia, poi andammo nell’hotel Holiday inn, sempre a Castelvolturno…Gli spiegai guarda, che se l’ho fatto, l’ho fatto per te. Perché quella discoteca è una discoteca che non ti appartiene. Gli feci capire la situazione e dopo diventammo amici”. Agli atti ci sono anche due altri episodi raccontati da De Tommaso. Il primo è la presunta imposizione al Napoli dell’assunzione di Gianluca Grava nel settore giovanile del Napoli.Un incontro con Formisano nell’ufficio marketing del Napoli al San Paolo, su pressanti richieste di due esponenti del clan Lo Russo( Luciano Pompeo e Gennaro Palumbo).”Guarda, ci hanno mandato a chiamare dei nostri amici a cui non possiamo dire di no e ci hanno chiesto di far entrare Gianluca Grava nel settore giovanile”, ha raccontato a’ carogna. E su richiesta di  riscontri concreti da parte del pm, per sapere se in quell’occasione De Tommaso avesse fatto i nomi dei due esponenti del clan Lo Russo: “Non facemmo i nomi (di Pompeo e Palumbo), gli dicemmo che la richiesta proveniva da persone alle quali non potevamo dire di no…”. E infine l’incontro con De Laurentiis che si sarebbe complimentato con il lui per la coreografia che ricostruiva il Vesuvio in curva B. “Si complimentò con noi, voleva finanziarci, ma noi rifiutammo, gli dicemmo che volevamo solo che il Napoli vincesse di nuovo”. Il verbale con le dichiarazioni di De Tommaso è stato depositato alla cancelleria della quarta sezione della Corte di Appello, davanti alla quale si sta celebrando il processo in cui  Gennaro De Tommaso è imputato. In primo grado è stato condannato a 16 anni di reclusione per traffico intemazionale di stupefacenti: era a capo, infatti, di una associazione per delinquere che importava in Italia cocaina e altra droga dall’Olanda e dal Sud America.




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