Scambio di voto a Scafati, Loreto in aula conferma l’incontro tra Aliberti e Andrea Ridosso

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Scafati. Scambio di voto: Romolo Ridosso dà forfait al processo che si sta celebrando a Nocera Inferiore nei confronti dell’ex sindaco Angelo Pasqualino Aliberti, la moglie Monica Paolino e i suoi coimputati. Stamane, il collaboratore di giustizia non si è presentato a testimoniare adducendo motivi di salute. E’ stato convocato nuovamente per il 5 giugno prossimo e non è escluso che la difesa dia il consenso per l’acquisizione del verbale reso dinanzi al pm Vincenzo Montemurro, nelle prime fasi della sua collaborazione. Stamane, dunque, si è completato il controesame del pentito più importante del processo ‘Sarastra’, Alfonso Loreto. Fonzino Loreto, figlio di Pasquale, ha risposto alle domande di Roberto Acanfora, difensore di Andrea Ridosso, Ciro Giordano avvocato di Ciro Petrucci, ex vicepresidente dell’Acse e Gregorio Sorrento per Roberto Barchiesi, zio dell’ex moglie di Loreto e ex consigliere comunale che secondo l’accusa sarebbe state eletto per garantire gli interessi del clan Ridosso-Loreto nell’amministrazione comunale guidata da Aliberti. Il processo che si è celebrato all’indomani del voto amministrativo di Scafati in cui bisognerà decidere chi sarà il successore di Aliberti, il sindaco arrestato per voto di scambio con la camorra, ha visto la difesa puntualizzare alcuni aspetti delle dichiarazioni rese da Alfonso Loreto. L’avvocato Roberto Acanfora ha fatto al collaboratore alcune domande sulla personalità di Andrea Ridosso, fratello di Luigi, e figlio di Salvatore. In particolare, Alfonso Loreto, ha confermato che Andrea – contrariamente ai fratelli – non è stato mai organico al clan, né spartiva i proventi dell’organizzazione, e che il giovane aveva ambizioni politiche. Ambizioni che furono disilluse allorquando Aliberti decise di non candidarlo a causa delle sue parentele e del cognome che portava. Loreto ha confermato che prima delle elezioni amministrative del 2013 ci fu un incontro tra Aliberti e Andrea Ridosso con numerose altre persone ma ha ribadito di non conoscere il nome dei presenti, in quanto le notizie apprese gli venivano fornite da Luigi Ridosso, fratello di Andrea. Nel corso del processo, sempre su domanda dell’avvocato Roberto Acanfora, Loreto ha identificato l’uomo indicato come ‘carluccio ‘o napulitan’ ‘quello del Macel bar’ in Carlo Lamboglia, parente dei Ridosso e autore di un pestaggio nei confronti di Roberto Barchiesi, avvenuto nel corso del suo mandato di consigliere comunale. Il pestaggio, secondo l’accusa, sarebbe stato ordinato perché Barchiesi non favoriva gli interessi della cosca. La difesa tende a dimostrare che l’aggressione derivò da altri motivi, indipendenti dal ruolo che in quel momento rivestiva Barchiesi all’interno dell’amministrazione comunale. Loreto poi risposto alle domande della difesa di Ciro Petrucci, ex vicepresidente dell’Acse, e ritenuto l’uomo del clan nella partecipata comunale. Anche in questo caso, Loreto ha spiegato che Petrucci non era organico al clan era amico però di Luigi e Andrea Ridosso. Alfonso non ha potuto chiarire gli aspetti riguardanti le richieste di appalto fatte dai Ridosso nella partecipata comunale in quanto nel periodo in cui Petrucci fu nominato era in carcere. L’avvocato Gregorio Sorrento per Roberto Barchiesi ha evidenziato alcune circostanze relative all’elezione del suo assistito, sottolineando che Roberto Barchiesi proprio nelle roccaforti elettorali dei Ridosso e dei Loreto ebbe pochissimi voti. La difesa, nel controesame, ha insistito molto sulle motivazioni che hanno spinto Alfonso Loreto a diventare un collaboratore di giustizia.
Si torna in aula il 5 giugno quando il pubblico ministero dovrebbe sentire l’altro testimone di giustizia, Romolo Ridosso, zio di Luigi e Andrea Ridosso. 


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