Il faccendiere dei Casalesi era finito in carcere e il clan faceva estorsioni agli imprenditori Croati e Sloveni per recuperare: 7 arresti

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La Dia di Trieste, con l’ausilio della DIA di Napoli, di Milano, di Padova e di Bologna e della guardia di finanza del capoluogo giuliano, ha eseguito 7 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di soggetti accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso, per avere costretto professionisti e imprenditori italiani e stranieri, attraverso minacce e intimidazioni, a rinunciare a ingenti crediti, al fine di favorire gli interessi del clan camorristico dei Casalesi.Sono in corso numerose perquisizioni domiciliari a Napoli, Milano, Modena, Padova, Treviso, Udine, Portogruaro  e Trieste. Sono in tutto 13 gli indagati. Devono rispondere di aver partecipato, a vario titolo, ad estorsioni commesse in Croazia e pianificate in Italia in danno di imprenditori e professionisti, alcuni dei quali italiani e operanti a Pola, in Istria croata. I delitti si sono consumati attraverso minacce e intimidazioni, perciò con metodo mafioso, finalizzate a favorire gli interessi del clan camorristico dei Casalesi. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere ottenute dal presidente della sezione per le Indagini preliminari Guido Patriarchi fanno seguito alle indagini coordinate dal procuratore della Repubblica Carlo Mastelloni e dal sostituto procuratore della Dda di Trieste.

Dall’indagine è emerso che Fabio Gaiatto, 43 anni, imprenditore, presunto intermediario finanziario di Portogruaro in provincia di Venezia, attualmente detenuto per altra causa, avrebbe investito 12 milioni di euro appartenenti a consorterie criminali riconducibili al clan dei Casalesi. Secondo gli investigatori Gaiatto avrebbe allestito un complesso sistema per investire illecitamente i capitali utilizzando diverse società con sede in Croazia, Slovenia, Gran Bretagna. Le autorità croate, nei primi mesi del 2018, sulla base di denunce acquisite da un professionista croato e accogliendo le istanze di altri creditori, hanno proceduto al pignoramento dei conti correnti delle società facenti capo a Gaiatto, disponendo il blocco finanziario delle stesse, così oggettivamente impedendogli di restituire quanto investito dal clan. Conseguentemente all’acuirsi del dissesto finanziario di Gaiatto e le contestuali pressanti esigenze dei suoi sodali campani di rientrare in possesso delle ingenti somme impegnate, gli stessi avrebbero messo in atto in un limitato arco temporale condotte estorsive nei confronti di numerosi professionisti, italiani e croati. In tale contesto è emerso il ruolo iperattivo di soggetti riconducibili a organizzazioni camorristiche i quali, in primis, assumevano la tutela di Gaiatto garantendogli una sorta di protezione da eventuali attività ritorsive dei creditori, esasperati per il mancato rientro dei capitali investiti, assicurando al medesimo la loro costante presenza nella sua abitazione e/o accompagnandolo in occasione dei suoi spostamenti.

Gli stessi arrestati – Francesco Salvatore Paolo Iozzino, 56 anni, imprenditore nato a Legnano ma di origini napoletane e residente a Resana in provincia di Treviso; Gennaro Celentano, detto ‘Genny’, 34 anni, di Napoli, già detenuto; Mario Curtiello, detto ‘Mariano’, 36 anni, di Napoli, già detenuto; Walter Borriello, 42 anni, di Torre del Greco; Luciano Cardone, 37 anni, di Torre del Greco e domiciliato a Soliera (Modena); Domenico Esposito, 45 anni di Napoli, residente a Sant’Antimo  – e altri sodali indagati, avvalendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivavano, avrebbero costretto le vittime a rinunciare agli ingenti crediti da essi vantati nei confronti di Gaiatto, inducendole anche a cedere a quest’ultimo beni mobili e immobili senza alcun corrispettivo, nonché a fare consistenti prestiti che poi avrebbero dovuto far confluire sul conto di società del faccendiere. Numerosi gli episodi estorsivi emersi che non solo hanno evidenziato la determinazione a delinquere degli arrestati ma anche i consistenti interessi economici in gioco, pari a un giro di affari di decine di milioni di euro. Decine sono le perquisizioni svolte nei confronti di altri indagati, tra cui diversi personaggi che avrebbero aiutato Fabio Gaiatto a eludere le investigazioni dell’autorità giudiziaria triestina. Complessivamente sono stati impiegati oltre una cinquantina di appartenenti alla Dia e 40 militari della guardia di finanza di Trieste, oltre all’Ottavo reggimento genio guastatori di Legnago (Verona). Gli arresti e le perquisizioni hanno investito i territori della provincia di Napoli, Milano, Modena, Treviso, Padova, Portogruaro , Udine e Trieste.


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