Omicidio Siani 33 anni dopo, il generale Sensales: ‘Vi racconto la mia verità’

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Il generale Gabriele Sensales, comandante in pensione della compagnia di carabinieri di Torre Annunziata, dopo trentatré anni dal delitto di Giancarlo Siani all’epoca del delitto, racconta liberamente tutti i retroscena di quel terribile assassinio che gli ha cambiato la vita. Questa sorta di racconto liberatorio avviene in occasione del premio “Giancarlo Siani, uno di noi”, organizzato dal Comune di Vico Equense.
“Prima di essere ammazzato Giancarlo Siani era preoccupato. A metterlo in agitazione erano le pressioni del pretore Gargiulo. A Torre Annunziata la situazione era drammatica, in cinque anni c’erano stati nel mio territorio centoquaranta morti. Il sindaco Bertone e il pretore erano in concorrenza per la gestione degli affari illeciti in combutta con il clan Gionta, c’era stata la strage al circolo dei pescatori con otto morti: io inviavo continuamente informative e chiedevo rinforzi, ma senza risultati. Poi morì Giancarlo e il pretore interpretò il delitto come un avvertimento nei suoi confronti. Dopo la morte di Siani sono stato convocato e al procuratore Aldo Vessia ho raccontato tutto. Pochi mesi dopo sono stato trasferito a Firenze”. Questa è la testimonianza che raccoglie “Il Mattino” del generale che la sera in cui uccisero Siani era appena rientrato a casa. Ricevette una telefonata in cui lo si informava del terribile delitto compiuto. “Rimasi impietrito. Avevo accanto mio figlio che all’epoca era un bambino, ma conosceva il cronista che a volte in caserma si fermava a giocare con lui. Gli dissi la verità e lui scoppiò in lacrime. Io mi precipitai in caserma. Erano passati pochi minuti dalla sparatoria, organizzai subito dei posti di blocco sperando di beccare i killer che tornavano a Torre Annunziata. Perché ne ero sicuro: gli assassini erano partiti da là”. Il pretore Gargiulo, una volta raggiunta la caserma, fece sapere che da lì non si sarebbe mosso senza la scorta in quanto – credeva – che quell’omicidio fosse un avvertimento indirizzato alla sua persona.
“Avevo indagato e quindi sapevo che il pretore e il sindaco si contendevano certi affari. Il pretore aveva parlato a Giancarlo del primo cittadino sollecitandolo a pubblicare inchieste su di lui – spiega il generale -. Il giornalista ne diffidava ed era preoccupato delle sue continue insistenze. Ma Gargiulo ci teneva a far sapere di essere in contatto con lui. Chiudendo la bocca a Siani avevano effettivamente mandato un messaggio”.
Le indagini di Sensales si muovevano in questa direzione, convinto che il delitto fosse maturato nela città di Torre Annunziata dove il clima era incandescente, ed era altresì convinto che dietro ci fossero clan e istituzioni che si contendevano il territorio. “Lo dissi al procuratore Vessia – tuona il generale – che mi convocò poco dopo. Con lui c’erano altri due magistrati. Fu un confronto molto duro e qualche giorno dopo fui trasferito”.
Siani riscuoteva la piena fiducia del militare che lo riceveva spesso accompagnato dal giornalista dell’Ansa, Antonio Irlando. “A volte io lasciavo gli incartamenti sulla scrivania e mi allontanavo per qualche minuto, loro avevano il tempo di dare una lettura veloce. Ma Giancarlo era capace di parlare con tutti e molte cose le sapeva anche dalla strada”, confida.
Secondo una sentenza passata in giudicato Siani è stato ammazzato per aver scritto che Nuvoletta avrebbe venduto Gionta. Il generale però crede fermamente che, nel delitto, le vicende di Torre Annunziata abbiano avuto un peso determinante e che, come ha del resto ha sostenuto anche il pm Armando D’alterio, non è mai stato del tutto chiarito. “Ad esempio, dopo il delitto fu arrestato Alfonso Agnello, un fiancheggiatore dei Gionta. Rimase in carcere dieci giorni poi fu scagionato grazie a una contravvenzione fatta da un altro parente dei Gionta. Per dieci giorni in galera non ne aveva mai parlato. L’ennesima vicenda inquietante”.



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